One Piece Burning Blood – Recensione

Negli ultimi anni la serie videoludica di One Piece è stata accompagnata da un genere, senza ombra di dubbio, abusato. Un genere quasi sbrigativo, oggi pedissequo, che ha asserito palesemente di voler sacrificare la creatività e non richiedeva una certa perspicacia per essere giocato. Accantonata quindi la formula musou, Bandai Namco ha volutamente proposto un titolo che abbraccia il genere picchiaduro: One Piece Burning Blood.

Per questo motivo, la società nipponica ha deciso di commissionare il lavoro a Spike Chunsoft, conosciuta per aver diramato lavori come Danganrompa e J-Stars Victory VS+, puntando su un’offerta familiare e contemplata ad hoc per gli appassionati del rinomato manga ventennale di Eiichiro Oda.

Guerra suprema

One Piece Burning Blood è un picchiaduro classico il cui elemento narrativo è agganciato a una campagna denominata “Guerra Suprema”. Quest’ultima è divisa in quattro episodi brevi, riservati esclusivamente a Rufy, Barbabianca, Akainu ed Ace, e ci permette di far rivivere tutti gli eventi che hanno avuto luogo durante l’arco di Marineford. La storia viene narrata attraverso immagini statiche e sequenze animate in computer grafica, ancorate a una voce narrante e scorrevole, con il quale possono essere saltate. Un intoppo subito riscontrabile è la mancata possibilità di inoltrarsi in altri eventi, purtroppo non allestiti nel gioco, e rende la modalità storia molto ridotta e poco consistente.

La durata della campagna si aggira, invero, sulle tre o quattro ore. È sostanzialmente una modalità che potrebbe non far digerire molto gli appassionati: quella di VS Ricercato, in aggiunta, non riesce al contempo a ribaltare le sorti del titolo. La suddetta consiste in una concatenazione di sfide, a priori molto frustranti e inappagabili, i cui obiettivi sono raggiungibili in base al livello del nostro personaggio. Anche le altre modalità, presiedute questa volta da quelle online, sono interessanti ma non abbastanza per allietare l’utente. Proviamo a mettere in risalto la sezione “Bandiera Pirata”: è una trovata alquanto insospettata, ma annichilisce il livello di sfida a causa di un’abbondante sbilanciamento sullo sfondo del combat system. In realtà, lo scopo principale risiede nella lotta per il dominio nei mari, navigando presso molteplici locazioni per scontrarsi con i nemici: questo implica, in base alla sfilza di vittorie, a un guadagno reputazionale e un arrampicamento delle classifiche globali.

Boundman!

Il picchiaduro mette sul piatto una quarantina di caratteri giocabili, ciascuno efficace a seconda delle caratteristiche del frutto del diavolo che possiede, e sbloccabili grazie ai crediti intascati a seguito delle battaglie. Il cast di One Piece Burning Blood è schiettamente arricchito anche da ulteriori sessanta personaggi di supporto, passivi e al contempo attivi nel corso di uno scontro. Sulla falsariga di Naruto Shippuden: Ultimate Ninja Storm, gli sviluppatori hanno tenacemente gettato le basi per un classico scontro 1 vs 1, in cui l’azione e la strategia vengono amalgamati, con lo spalleggiamento di altri due personaggi di supporto da ambedue le parti.

Il sistema di combattimento è intuitivo e pressapoco semplice: agli attacchi diretti, agevolati dalla pressione di un solo tasto, si alternano le combo, eseguibili in simultanea mediante un pulsante dorsale e uno dei tre tasti offensivi. Tranne per il cerchio, poiché quest’ultimo consente di parare i colpi dei bersagli. A quanto constatato si aggiunge la presenza della barra furia, la quale una volta riempita al massimo, riesce a sfogare le abilità innate dei personaggi ed eseguire attacchi speciali e allo stesso tempo letali.

One Piece Burning Blood non ammette scontri alla pari: ogni eroe è permeato da una propria caratteristica, in grado di utilizzare uno o più attributi dispensati, che sia un frutto del diavolo o l’haki stesso. È una situazione che si rispecchia nelle meccaniche di gioco, rende più profondo ed efficace il senso di battaglia, influenza di malgrado una tremenda mancanza di precisione e lucidità nei controlli.

Il picchiaduro di Spike Chunsoft non garantisce uno spettacolo visivo: in questo caso i risultati ottenuti sono modesti. La grafica, realizzata in cel-shaded, si profila essere fedele all’opera originale, dacché le texture e i modelli poligonali dei personaggi risultano gagliarde, ma una delle note dolenti è ritratta dagli effetti speciali, per niente impressionanti e scintillanti.

L’aspetto tecnico dà comunque l’impressione di essere quasi ridotto all’osso, sciogliere l’elemento poggiante sul tatticismo, permettendo che i combattimenti si trasformino in un intrico di colpi profusi. Quel che affossa o quantomeno incappa ulteriormente la produzione è una carente interazione e una quantità scarseggiante di arene.

Essendo One Piece Burning Blood, un prodotto misurato, ci saremmo aspettati un compatto 60fps, e così non si è verificato: il risultato è un gameplay che si regge sui 30fps limitati. Positivo è, invece, il netcode: il che è un dato significativo, in quanto non è un proliferarsi di bug. La colonna sonora, d’altro canto, si abbina e invita egregiamente all’azione; non abbastanza per imperniare quell’atmosfera contrassegnata dalla serie animata. Dulcis in fundo, per la gioia degli strenui appassionati è stato incluso il doppiaggio giapponese implementato con ordine.

Commento finale

One Piece Burning Blood è un regalo per tutti i fan del popolare manga e anime. Un regalo modesto, senza alcuna pretesa di rivaleggiare con i suoi simili, di fanservice grondante. Riesce indubbiamente a convogliare e accogliere i più grandi sostenitori della serie, grazie a un discreto numero di personaggi, arene, modalità e opzioni. Quest’ultime si affievoliscono dopoché scendiamo in campo per fronteggiare i nemici. Bisogna considerare, però, un lavoro molle o perlomeno frettoloso da parte di Spike Chunsoft: l’arco narrativo è tutt’altro che garbatamente longevo, le sfide online potrebbero apparire insoddisfacenti e il sistema di combattimento si profila essere poco divertente e a volte contorto. Un mero fanservice: consigliato ai più pervicaci della serie.

Sull'autore

Luigi Fulchini

Studente e uno dei fondatori di HavocPoint.it. Scrive di videogiochi.