Pixel Heroes: Byte and Magic – Recensione

Un gruppo di eroi dalla forza straordinaria e dagli strani poteri si incontra in una taverna e forma una compagnia di ventura. I loro obiettivi? Combattere per i più deboli, arricchirsi, trovare rari artefatti magici o liberare le terre dai malvagi mostri… ma anche no. Pixel Heroes: Byte and Magic fa tesoro di tutti i cliché del genere fantasy e ce li ripropone in un minestrone condito da molto umorismo, diamogli un’occhiata.

I am Error

Ad ogni nuovo inizio ci troveremo a selezionare tre eroi dei sei che il gioco ci metterà casualmente a disposizione. Le classi sono davvero tante, ma tendono a dividersi nelle solite tre o quattro categorie classiche dei GDR. Noteremo però con piacere, già dalle descrizioni dei personaggi, che Pixel Heroes ha una vena umoristica nonsense generata da frasi, nomi ed aggettivi che in determinate occasioni generano casualmente composizioni che non potranno non strapparci un sorriso, permettendosi anche qualche battutina sconcia, chi ha giocato a Shutshimi potrà avere un’idea di quel che parliamo. Questo tono scanzonato è una costante di Pixel Heroes, come potremo appurare dalle “epiche” quest che ci verranno affidate, come recuperare un paio di mutande da supereroe smarrite, o dai bizzarri figuri che incontreremo nei nostri viaggi.

Giocando a Pixel Heroes, sembra di avere comunque a che fare con un vecchio titolo degli anni ’90, e non ci riferiamo solo alla grafica. I suoni, il sistema di combattimento a turni, le animazioni risicate, tutto ci riporta indietro. Ma in questo caso, non è una buona notizia. Pixel Heroes cerca a tutti i costi di catapultarsi in un’epoca in cui tutto era scomodo e poco intuitivo, riuscendoci. Abbiamo provato il gioco su Xbox One, e possiamo assicurarvi di non aver mai visto un sistema di controllo così male adattato e così poco intuitivo. Ricordate il periodo che seguì l’introduzione della prima PlayStation e del primo DualShock in cui nessuno degli sviluppatori aveva ben capito come usare propriamente un controller ed ognuno aveva la sua personalissima interpretazione della cosa? Bene, ora siete padroni di non crederci, ma nonostante i combattimenti a turni e un sistema di inventario basilare, gli sviluppatori sono riusciti ad incasinare i controlli molto peggio di quanto non fece la Eidos con i primi Tomb Raider su PS1.

Il mostro finale

Il sistema di combattimento farà agire alleati e nemici a turno. Lo stesso personaggio non potrà fare azioni per due turni consecutivi, rendendo il turnover obbligatorio. Ogni personaggio avrà fino a 4 attacchi o magie, due illimitate che dipendono direttamente dalle armi che impugneremo, siano esse spade, mazze o tomi magici, e due abilità di classe che avranno un timer di ricarica per evitare di essere abusate. I nemici spesso sono immuni ad alcuni status ed elementi, rendendo la pianificazione dell’inventario e dell’equipaggiamento più importante del combattimento in sé. Ad ogni incontro a cui sopravvivremo ci sarà assegnato il bottino, che sarà quasi sempre composto da oggetti più deboli di quelli già posseduti, ma forse siamo stati solo sfortunati. Alla fine di ogni dungeon si nasconde un potente boss, che la metà delle volte porrà fine alla nostra avventura. Eh si, perché il combattimento in Pixel Heroes è estremamente punitivo, ma non nel senso buono del termine…

Vivere è morire

L’impostazione simil-roguelike ci costringerà a ripartire da zero ogni volta che moriremo, con nuovi personaggi e senza conservare nulla dalla run precedente. Il livello di difficoltà va da difficile a salire; la sensazione che abbiamo avuto è che il gioco sia figlio della filosofia distorta originata dalle errate interpretazioni del successo di giochi come Dark Souls, che vuole il gioco difficile bello a prescindere, e se non ti piace è solo perché non sei capace. Ma Pixel Heroes è troppo basato sul caso per essere considerato una vera sfida, e il giocatore con la voglia e la pazienza si renderà presto conto che alcune battaglie non possono essere vinte, raccogliendo contemporaneamente gli elementi più punitivi dei GDR, dei roguelike e degli strategici; una morte a Dark Souls deriva dall’inesperienza, dall’imprudenza o da errori in combattimento, ed in ogni caso al comparire della schermata “Sei Morto” avremo imparato una cosa in più; in The Binding of Isaac, superati i primi livelli, si muore quasi sempre in modo spettacolare, magari per un errore stupido, ma ad ogni morte avremo sempre stampato in mente la catena di sfortune ed errori che ci ha portato al game over; e quando l’intelligenza artificiale si accanisce in modo randomico sullo stesso soldato in XCOM? Raro ma succede, ma avremo la coscienza che si sia trattato di una grandissima sfortuna, e magari nel ricaricare, terremo presente quella possibilità. Nei bei giochi, insomma, dietro ogni game over c’è un rovescio della medaglia, un lato positivo, in Pixel Heroes no. Si muore senza imparare quasi nulla, magari senza meritarlo, in modo lento, inesorabile e soprattutto noioso.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Nel caso stessimo dimenticando il motivo per cui abbiamo comprato PC e console di ultima generazione e non tocchiamo più il vecchio Atari, giochi come Pixel Heroes ce lo ricorderanno. Forse per PC e piattaforme mobile potrebbe risultare più godibile, ma giocarci su console è insensato e sconsigliato.[/stextbox]

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.