Se ne sta lì. Seduta e tranquilla, come un’isola nel bel mezzo del mare.
Nessuna frenesia, nessun tempo da rincorrere. Solo una sospensione quasi naturale. Si sta preparando ad un qualcosa di inatteso. A quell’età non è cosa di tutti i giorni partire per non si sa bene dove. Le abitudini la fanno per la maggior parte da padrone.
E’ una signora di settant’anni. Da quegli occhi ha visto il mondo nascere, crollare, ricostruirsi e iniziare a cambiare con velocità decisamente innaturale. Una girandola nel vento che continua a cambiare lato senza preavviso ne ragione.
Lei ha visto tanto. Più cose di quelle che a volte si penserebbe di riuscire a immaginare.
Il tempo, l’età, le ha dato quel che le poteva dare. Tanto che a furia di prendere quegli occhi hanno iniziato il loro processo di inversione. Tra la stanchezza di quegli isterici cambiamenti e il fatto che dopo un po’ qualunque novità finisce per far abituare anche a quella sensazione di stupore , quegli occhi hanno iniziato lentamente a lasciarsi chiudere, a lasciarsi andare. Aperti solo il giusto per far entrare il conosciuto, quel che non scompone, e che dà una sensazione di soporifero piacere.
Quella signora il momento prima di sedersi aveva per occhi in fondo due semplici fessure.
Sta ancora tranquilla, seduta lì come se nulla la potesse più di tanto toccare, al sicuro da quel qualcosa di inatteso in cui non crede per davvero. E’ sicura che questo viaggio promesso non sarà che l’ennesima piacevole, conosciuta sensazione. Bello magari tanto da piacerle. Ma non un passo oltre questo ben rimarcato confine sensoriale.
Sarebbe bello se si potesse vedere da fuori. Sarebbe bello per noi poterla vedere davvero. Una volta acceso quel casco che sulla sua testa sembra un’anacronistica visiera, mentre mostra i primi segni di risveglio dal torpore. Non ci è dato vedere i suoi occhi. Intravediamo giusto il movimento della mandibola, che si alza e si abbassa come avesse un silenzio importante da dover comunicare. La testa dondola, va alla caccia di qualcosa di invisibile nella stanza quasi fosse un odore. Le sue mani si muovono nel vuoto, d’istinto, alla ricerca di oggetti nascosti di cui si sembra conoscere la posizione con assoluta precisione.
Non vediamo i suoi occhi, ma sentiamo la sua voce. E’ una voce che quando riesce si lascia sfuggire tutta la meraviglia nascosta in un suono.
Ma se potesse vederli. Se potessimo vederli noi, quegli occhi, sarebbero della stessa dimensione di quando aveva sì e no cinque anni e viaggiava per la prima volta su un treno, o quando per la prima volta entrava in un cinema scoprendo che poteva sentirsi altrove seguendo delle immagini che viaggiavano da sole. Non vedrà mai quegli occhi, ne li vedremo noi, sempre nascosti dietro quel visore.
Ma il viaggio che ha cominciato in questo mondo virtuale è un viaggio che la riporta a quello stupore. Uno stupore bambino, primordiale. E’ un viaggio che ha sconfitto il tempo, l’età e qualunque previsione. La previsione di non poter sapere mai quel che si prova a visitare il fondale di un oceano; la previsione di non poter vedere lo spazio da così vicino da sentirlo avvolto attorno come una coperta; la previsione che la meraviglia smetta a un certo punto di incantare, lasciandoci vecchi, vecchi per davvero.
Ma quel visore ha riaperto quelle porte. Le ha sfondate con la forza di un cannone.
Quella signora, quella bambina, è ancora seduta su quella sedia, non si è mossa di un millimetro, ma la meraviglia se la sta portando via verso un posto altrove.
Un brivido di vita vera, autentica le passa nel bel mezzo del cuore.
Vera, autentica. Che buffo.
E dire che quello in cui sta immersa la chiamano realtà.
Ma solo, virtuale.
Non volevamo annoiarvi. E ci scusiamo se abbiamo finito per farlo. Ma tra la marea di articoli che abbiamo anche noi avuto modo di leggere per la rete abbiamo notato che era già stato detto tutto. Tutto. A che pro quindi ridirvi le stesse identiche cose? Era stato detto tutto sì. Però meno che un particolare.
Sì perché potrete leggere milioni di articoli su questo Playstation VR, finalmente uscito dal suo grembo materno dopo una lunga gestazione morpheusiana. E, dicevamo, ci troverete tutto: specifiche tecniche, modi di utilizzo, software coinvolti etc. Nulla nella grande rete resta intrappolato nella scatola. E queste informazioni sono le informazioni che nel bene o nel male vi porteranno ad avere un’idea la più chiara possibile in relazione a questo dispositivo, e che, in fin dei conti, si tradurrà in una scelta che non lascerà spazio a troppi fronzoli: comprare o non comprare.
E’ quindi tremendamente importante avere ben chiaro cosa ci si troverà davanti, sarà un’idea che vi farà prendere direttamente una strada di quel bivio. Diciamo che a nostro modo, per risolvervi la confusione, abbiamo pensato che non servissero troppi dati; che alla fine sono dati, dicono il vero ma si sa, possono nascondere più risvolti di una camicia se uno decide di girarli dall’altro lato.
Quello che pensavamo vi servisse è quell’unica cosa che è rimasta dentro quella scatola di cui vi parlavamo. Un’immagine. Un’immagine, tradotta in parole, che vale più di quei dati così netti e senza colore. Nel tentativo di spiegare perfettamente cosa sia questo Playstation Vr, l’unica vera scelta in campo visori per console.
E se siete davvero indecisi sul raccogliere o meno la sfida che Sony sta lanciando a un mercato creduto pronto per accogliere questa nuova tecnologia, provate a focalizzarvi su quell’immagine, su quella signora anziana o su quella di chiunque abbia perso la capacità di stupirsi; guardatela riaprire gli occhi, tornando a quel vecchio e mai dimenticato stupore.
Tutto vi sembrerà più chiaro.
Welcome to the Playstation Worlds
Come avrete capito abbiamo provato il Playstation VR e ve lo vogliamo ora raccontare paradossalmente attraverso il suo unico difetto: quel Playstation Worlds tanto bello quanto assurdamente escluso dalla confezione di vendita, perlomeno in Italia. Un assemblamento di idee tutte più o meno riuscite, perfette appunto per introdurre qualunque utente ai molteplici utilizzi, sia in termini di storytelling, sia in termini di gameplay, che la VR propone. Un’introduzione che però pagherete cara in quanto il titolo viene venduto ad un prezzo non certamente in linea con lo spirito casual e sperimentale che l’opera stessa vuole essere. Titoli del genere, lo insegnano Wii Sports, Kinect Adventure etc. , non possono essere separati dal dispositivo, pena la svalutazione dell’uno e dell’altro: da una parte un dispositivo di 400 euro che permette di giocare solo ad un disco demo e in multigiocatore a The Playroom; dall’altro un titolo che pur essendo composto da elementi di qualità non riesce a giustificare completamente il suo acquisto.
Playstation Worlds è pero, come dicevamo, senza dubbio il modo perfetto per scoprire in cosa consista esattamente questo VR. Grazie a questo titolo si possono infatti muovere i cosidetti primi passi, scoprendo ogni lato di questa meraviglia tecnologica. Ribadiamo questo termine perché non ci riesce di descriverla diversamente come esperienza. La “tecnologia della meraviglia”: ecco come i libri di storia dovrebbero ricordarla in futuro. E non potrebbe essere altimenti se anche solo nella schermata introduttiva di Playstation Worlds, un antico tempio corroso da elementi magici di ogni tipo, ci ritroviamo incantati ad esplorare con lo sguardo ogni minimo tassello, provando d’istinto a toccare qualunque cosa compaia a schermo come fosse vera e a portata di braccio. Nemmeno una mummia resisterebbe a quel gesto e, per quanto stupido, riesce a racchiudere tutta l’umana insopperbile voglia di lasciarsi avvolgere a 360 gradi da questi mondi che hanno definitivamente bucato lo schermo. E’ una reazione inevitabile che va a colpire la logica, la affonda, e riporta a galla quella capacità di cedere alle illusioni che ci accompagna dal primo vagito, e che troppo spesso con gli anni finisce per andare sepolta.
Playstation Worlds è composto da un totale di cinque mini-giochi che, più che mini-giochi, sembrano essere delle sorta di tech demo. Il primo che consigliamo di provare (primo anche in ordine di menù) è “Ocean Descent”, un’immersione passiva nelle profondità marine con la possibile aggiunta di uno squalo a dare un po’ di brivido alla situazione. Proprio queste due versioni costituiscono già uno spartiacque fondamentale per l’utilizzo di questa tecnologia ai neofiti del genere. Se volete far apprezzare la VR a chi non ha mai avuto a che fare con questo tipo di esperienze, o è un anche solo un minimo sensibile a certi tipi di tensione, vi consigliamo caldamente di porre attenzione a quello che gli andrete a proporre: una scelta sconsiderata potrebbe rovinare del tutto l’esperienza che proprio Sony, con questo prodotto, vuole espandere il più democraticamente possibile. La discesa comunque si rivela piacevole e la sessione con lo squalo assolutamente soft. La meraviglia di trovarsi sul fondo di un oceano è, per quanto proposta in maniera semplicistica, sicuramente dolce e a suo modo memorabile, anche se sicuramente parliamo di un prodotto che non va oltre la singola fruizione.
Arriviamo ora ad un particolare importante: concedendovi una pausa prima di passare al gioco successivo noterete come la sensazione di essere in un posto “altro”, starà sì nei momenti “casco alla testa”, ma starà anche e soprattutto nel momento in cui lo toglierete e vi sentirete, almeno per un secondo, spaesati pur trovandovi nello stesso punto di “partenza”. Una sensazione che le varie sessioni di gioco dopo un po’ renderanno abitudinaria, ma che non finisce mai di lasciare quel, torniamo sul termine, pizzico di meraviglia.
Altro gioco proposto, di fattura totalmente diversa, è “Danger Ball”, un piacevole ping-pong game futuristico che, dopo una certa iniziale diffidenza, non riuscirà a fare a meno di strapparvi più di qualche partita. Direzionando la piccola piattaforma a fronte a voi con i movimenti della testa dovrete tentare di spedire la palla oltre la difesa avversaria composta anch’essa da una piattaforma di differente tipologia, e con differenti caratteristiche a seconda dell’avversario scelto. L’unico neo da segnalare, ma bello grosso, è la totale assenza di multigiocatore che impoverisce quel che, per quanto semplice, poteva risultare sicuramente un passatempo più che piacevole.
Il più debole dei mini-giochi è sicuramente “VR Luge”, una frenetica discesa in slittino che per povertà di ambienti finisce per stancare dopo la seconda run, regalando qualche attimo di piacere solamente una volta raggiunta una postazione di salto ad adeguata velocità. Si dovrà tentare di evitare tutti gli ostacoli stradali, composti da macchine e frane strutturali, per raggiungere il massimo della velocità fino a raggiungere il traguardo. Un’esperienza sufficientemente povera e poco ispirata a livello di level design.
Parlando invece delle due indiscutibili perle che caratterizzano in maniera forte Playstation Worlds, ecco a voi “London Heist” e “Scavenger’s Odyssey”. Il primo è una gangster-story che, tramite l’utilizzo dei due controller Move, permette di vivere in prima persona una rapina divenuta decisamente un po’ complicata. In poco più di mezz’ora si concentrano una narrativa curata nel suo piccolo e sparatorie ovviamente su binari. L’utilizzo dei due controller dà sicuramente una marcia in più al titolo, permettendo di simulare la raccolta di oggetti e, soprattutto, delle fasi shooter adrenaliniche e assolutamente coinvolgenti. Grazie alla periferica sarà poi possibile sfruttare l’ambiente per accovacciarsi/nascondersi creandoci così ripari per avere poi la meglio negli scontri che, comunque anche alla difficoltà più elevata, non risulteranno niente più che un pretesto per una carneficina che non concede alcun livello di sfida.
E’ grazie a queste possibilità di copertura che però potrete sperimentare le brezza di un’immedesimazione ancora più radicale. Chi vi scrive è letteralmente balzato giù dalla sedia accucciandosi dietro a un tavolo che, per quanto immaginifico, occupava uno spazio mentale così reale da non far venir voglia di compenetrare le texture coi propri movimenti standovi a giusta distanza. Una sensazione sconvolgente nel momento in cui la si realizza: chiedersi “ma perché diavolo sto attento a non prendere dentro il tavolo” lascia un sorriso pari a quello che sovviene dopo aver capito la risposta ad un problema beffardo.
“Scavenger’s Odyssey” è invece una sci-fi story in cui tramite un aracno-mach dovremo viaggiare per una stazione spaziale in campo interno e in campo aperto, saltellando tra gli asteroidi che vi ruotano attorno. La visita non sarà però delle più piacevoli a causa di una non meglio nota razza aliena che tenterà di farvi la pelle meccanica da circa un quarto del gioco in poi. Sessioni di shooting e di platform si alterneranno in maniera progressiva e, seppur la guida del mech non sia delle più sciolte, la vista e la visita continua dello spazio aperto renderà l’esperienza assolutamente emozionante. I balzi tra asteroidi e piattaforme saranno comunque votati a farvi perdere l’orientamento spaziale: elemento che non fa altro che aiutare l’immedesimazione assoluta a cui, con questo capitolo conclusivo, si giunge come alla chiusura di un piccolo training saggiamente dosato.
Tolto di nuovo il casco (decisamente comodo, non stringe nemmeno sul naso) e posatolo in definitiva, cosa si arriva a pensare dunque?
Beh lo si guarda a metà tra l’esterrefatti e l’inteneriti. Ha un design così futuristico che vien da ridere a vederlo contornato da tutti quei cavi necessari al collegamento con la console. Lo si pensa già un po’ vecchio nonostante il recente lancio sul mercato, e già si intravede nella sua ombra come sarà la sua diretta evoluzione. Notato questo si pensa poi a quel che si è provato usandolo e si rimane lì, con la voglia di partire subito per un nuovo viaggio in sua compagnia. Un viaggio che sì, passateci il termine, sarà ancora nuovamente un’esperienza fenomenale, ma sempre e comunque un bacio rubato. Perché questa VR è così forte che ti immerge sì in quel mondo che ci è sempre stato vietato dai marziali confini dello schermo, ma al contempo fa crescere la voglia di completare quel dannato passo che ancora ci tiene ai bordi, facendo reprimere in gola un urlo che lasciato uscire direbbe: dateci dei guanti, dateci delle tute. Dateci il resto.
Ma quello che fa questa VR è in fondo un miracolo, una democratizzazione di quella meraviglia che è la tecnologia, e che è ora alla portata di tutti. Non ci sono più adulti, ragazzi, nonni e bambini. Ci sono solo persone alle porte di un viaggio che le aspetta. Per lasciare da parte l’età, per lasciare da parte tutto quello che può farci arrivare a non avere occhi, ma delle semplici fessure. Che può farci dimenticare come sia lo sguardo meravigliato di un bambino che scopre nei suoi occhi un nuovo mondo.
E’ il paese delle meraviglie. E’ un benvenuto a quel tutto che nella vita c’è ancora da scoprire.