Caffè Videoludico con Luca Maragno

Luca Maragno, produttore della fortunata Web Serie  ”Gamers” e direttore editoriale della rivista di cinema Best Movie, si concede ad un’ intevista in esclusiva per il nostro sito! Con lui andremo a toccare varie tematiche, dal successo della serie (di cui potete trovare una puntata in calce all’intervista) ad argomenti relativi al mondo videoludico, il suo mutamento, ed il nostro come videogiocatori, fino ad arrivare a domande inerenti l’implementazione che questo universo può avere nella nostra struttura sociale, e alcune analisi sui suoi contenuti artistici.

Mi permetto di cogliere l\’occasione per ringraziare Luca, per la sua assoluta disponibilità ed entusiasmo con i quali si è prestato a questa nostra iniziativa, augurandogli le migliori fortune per questa sua bellissima avventura.


\”Se tutti lo facessero anche solo una volta al giorno, regalare un sorriso, immagini che incredibile contagio di buon umore si espanderebbe sulla terra?\”

Marc Levy


– Ciao Luca, allora partiamo subito da Gamers di cui ricordiamo tu sei il produttore. Ci interesserebbe molto sapere come nasce l\’idea, cosa l\’ha fatta scaturire?
Gamers nasce delle mie passioni: una è quella dei videogiochi, l\’altra è quella dei film, compreso fare film. Prima ho fatto un po’ di esperienza facendo qualche cortometraggio, e nel momento in cui mi è sembrato di aver preso abbastanza confidenza con il mezzo da poter affrontare un lavoro professionale, mi è venuto in mente di provare ad indagare nuovi metodi distributivi. Uno che seguivo con attenzione, e che seguo tutt\’oggi, era questo fenomeno delle web-series. Vedo che ne stanno nascendo di sempre più qualitative, ma mi sembra chiaro che nessuno ha capito come metterne in piedi una che possa ancora funzionare dal punto di vista produttivo. C\’è tanta passione, ma anche tanti soldi e tanto lavoro che si mettono sul piatto senza un vero ritorno.
Gamers per fortuna nasce da un modello produttivo che invece sembra funzionare. Lo produce GameStop per farsi pubblicità, e inoltre molti episodi hanno un product placement che genera ritorni interessanti

– Si può dire che siete riusciti a trovare un giusto mezzo, per dare sfogo ad una passione e nel contempo mettere in piedi una Web-Series che comunque si mantenga appunto in piedi sulle proprie gambe..
Si esatto, sta in piedi con i suoi punti di forza e i suoi limiti. In televisione fa fatica a smarcarsi perchè ci sono troppi messaggi pubblicitari e quindi non è vissuto come una fiction pura. Però dall\’altra stiamo per arrivare a 100 puntate.

– L\’esperimento nasce anche grazie alla collaborazione dei due autori di “Pong”, una delle prime miniserie autoprodotte in Italia sul tema videogiochi. Cosa vi ha fatto pensare che ci fosse terreno fertile per una sit- com di questo tipo, ma più commerciale?
Pong fa parte di quei progetti amatoriali, o comunque di quei tentativi da parte di ragazzi di mettersi in mostra tramite YouTube. Quando l\’ho vista l\’ho trovata subito molto carina. Io sono arrivato a Pong perchè Carlito Bassetti, è uno degli attori che ho usato per girare un cortometraggio prima di produrre Gamers. Nel momento in cui mi è venuta in mente l\’idea di Gamers ho quindi pensato di coinvolgerlo in virtù di questa sua passata esperienza. Fabrizio e Carlo hanno scritto solo le prime puntate di Gamers poi sono emigrati su altri fronti. Da circa 50 episodi ci sono altri sei autori che stanno proseguendo la serie, Luca Fassina, Davide Aicardi, Giuseppe della Misericordia, Mary Sarnataro, Luca Celoria e Paolo Fittipaldi.

-Anche perchè immagino che la pubblicazione settimanale delle puntate, renda necessari parecchi sforzi congiunti…
Si devo dire che il formato settimanale, vuol dire innescare un sistema di produzione di show che non è certo semplice da gestire. C\’è veramente tantissimo lavoro e molte persone dietro Gamers, molte di più magari di quelle che ci si immagina e devo ringraziare soprattutto Guido Sigone di Game Stop, la società che si occupa della produzione Light Tv nelle persone di Elisabetta Ferrari (anche regista) e Marco Chiappa, per il coordinamento di tutto il team. Marco ed Elisabetta sono di fatto, insieme a me, il cuore di Gamers.

-Passiamo ora ad un\’analisi dei personaggi, che sono il fattore che più colpisce quando si guarda Gamers. Da una loro analisi possiamo evincere caratteristiche reali, caricaturizzate, delle varie tipologie di videogiocatori. Pensiamo a Zemilio con il suo linguaggio criptico, o alle personalità multiple di Gigi. Come avete analizzato ed estrapolato queste caratteristiche? Essendo voi videogiocatori, avete caricaturizzato un po\’ voi stessi?
Ma si, un po\’ è come dici tu, è un insieme di tante cose. Gigi ha un tipo di comicità un po\’ schizofrenica che magari non è proprio di uno stereotipo da gamers, come può esserlo quella di Zemilio. Nasce quindi da una comicità più mainstream che non appartiene per forza al mondo dei videogiochi, come ad esempio anche quella di Walter. La professoressa Montini invece è la presa in giro di questa falsa morale che circonda il mondo dei videogiochi. Zemilio è nato perchè ho un amico che è appassionatissimo di World Of Warcraft e un giorno mi ha mostrato un video di Macignu su YouTube, e ho visto che aveva tantissimi clic. Quindi mi son detto “Cacchio devo fare un personaggio come Macignu!”. Ed è forse uno dei più azzeccati. Archimede è uno di quelli a cui sono più affezionato, poi leggendo tra i vari commenti non è tra i più amati dal pubblico, però a me fa sempre molto ridere. Nasce dal fatto che ogni volta che gioco ad un videogioco e poi ne parlo con degli amici, c\’è sempre qualcuno che dice che avrebbe potuto fare di meglio… Michela nasce dall’esigenza di inserire anche un elemento sexy. Il personaggio è proprio tonto di suo su tutto, non soltanto su quello che concerne i videogiochi, quindi va oltre lo stereotipo sulle donne e i videogiochi.

– E\’ un personaggio anche molto comodo, questi suoi chiamiamoli deficit, vi danno spunti pressochè infiniti per creare ogni volta situazioni al limite dell\’assurdo…
Sisi (sorride ndr). Abbiamo anche coinvolto Giorgia Cosplay che è una famosa cosplayer, e poi ci sono anche Zero e Uno, i due ragazzini

-Come valuti i risultati della serie? Ha avuto un ottimo riscontro in visualizzazioni, qual è secondo te l\’elemento che ne decreta il successo?
Beh senz\’altro l\’aver azzeccato un modo di fotografare un mondo che in questo momento non sta fotografando nessuno, e di prenderlo in giro. C\’è chi si riconosce in Zemilio che può essere lo specchio di tanti videogiocatori. Ad alcuni può fare orrore che esistano dei personaggi cosi estremi, cosi slegati dalla realtà, però chi si riconosce e ride per Zemilio ride un po’ di se stesso. Questo è un modo vincente di affrontare certi argomenti, di fotografare la realtà che ci circonda con ironia. Abbiamo appena superato i 2 milioni di visualizzazioni su YouTube, grazie soprattutto allo zoccolo duro di appassionati che ci cliccano ogni settimana (fanno pure a gara a chi commenta per primo!). Sono contento che sia un numero abbastanza solido per poter andare avanti con la serie, ma sono convinto che è anche una serie che potrebbe fare numeri molto più alti. Quello che manca a Gamers è una certa visibilità che gli è stata negata. Ad esempio il Corriere.it non lo segnala in Homepage perchè per loro è troppo pubblicitario, eppure è un fenomeno che meriterebbe di essere osservato anche dalla stampa più mainstream. Oltre il canale YouTube, comunque, Gamers si può vedere anche su Daily Motion, Virgilio.it e su Odeon. In realtà non so neanche io quantificare quante siano le visualizzazioni effettive di una singola puntata.

-Ora sfruttiamo la tua immensa conoscenza in ambito cinematografico. Abbiamo visto l\’anno scorso l\’esperimento di trasposizione di una Web-serie come “I soliti idioti” al cinema con risultati importanti. Secondo te, lato cinematografico italiano, si potrebbe azzardare vista comunque la base di pubblico che l\’argomento smuove, un film in cui incentrare trama e personaggi sul mondo videoludico? Il prodotto comico italiano sembra sempre un po\’ stantio nelle situazioni che propone…
Il videogioco fa parte di una realtà che viene fotografata anche al cinema, per esempio pensiamo a “Scialla”, dove si vede un ragazzino giocare con la PlayStation. Non credo però che il mondo games possa essere un asset particolare su cui puntare dal punto di vista produttivo in Italia per una commedia. A meno che non si pensi fin da subito a un mercato internazionale. Film solo sul mondo dei videogiocatori si contano sulle dita di una mano, a parte “Gamers” con Gerald Butler, c\’è Ben X che è un film finlandese drammatico su un ragazzino alienato dalla realtà, molto interessante e ben fatto. Funzionerebbe bene un film su Gamers, quello sì! (sorride ndr)

\”Mentre si ride, si pensa che ci sarà sempre tempo per la serietà.\”
Franz Kafka


-Il nostro sito, in collaborazione con AIOMI ha l\’obiettivo di diffondere il maggiormente possibile il concetto di Videogioco come vera e propria forma d\’arte. Tu cosa ne pensi in merito? Meriterebbe tale riconoscimento?
Su questo argomento, come su tanti altri argomenti, penso che generalizzare sia la strada sbagliata. C\’è Tetris, e c\’è ICO. E in mezzo c\’è un mondo. Quindi non lo so, sono una forma d\’arte? Alcuni potrebbero esserlo, altri no.
Il papà di Super Mario è categorico su questo, per lui sono come dei giocattoli elettronici, non sono una forma d\’arte. Io non mi sentirei di essere così categorico, quando gioco ad ICO ho delle sensazioni che si avvicinano molto a quelle degli stati emotivi che ho quando vedo delle immagini cinematografiche, quindi mi sembrerebbe corretto definirlo come una forma d\’arte. Quando gioco a Tetris no però.
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– Quindi sostanzialmente differenzi la cosa a seconda del prodotto, c\’è gioco che si presta ad esserlo, mentre c\’è gioco che nasce esclusivamente come semplice intrattenimento videoludico..
Si diciamo che “l’anima”, la cosa più importante, secondo me è il gameplay. Però non posso negare che ci siano Videogames che riescono a trasmetterti degli stati emotivi come quelli trasmessi da forme d\’arte diciamo “riconosciute”.

-Cosa chiede secondo te l\’utente di oggi? Rispetto a quello di 10 anni fa che chiedeva solo un gameplay divertente, sembra chiedere ormai un certo mix tra sceneggiatura, stile grafico e gameplay. Secondo te è ancora sufficiente produrre videogiochi con un gameplay solido, ma carenti dagli altri punti di vista diciamo più artistici?
Non sono così d\’accordo. L\’ultimo della rockstar (L.A. Noir  ndr) è andato malissimo. Quello è un classico esempio di videogioco che dal punto di vista di sceneggiatura o estetico, è super cool ma dal punto di vista del gameplay era forse un po\’ pallosetto, e non ha funzionato. Quindi rimane vero ciò che dicevo prima, il gameplay è la cosa assolutamente fondamentale, poi se è confezionato bene…
Stiamo vivendo un momento nel mondo dei videogiochi un po’ strano. Cambiano i videogiocatori, sono sempre di più quelli che giocano con i tablet o con gli smartphone, e sono sempre meno quelli su console che passano poi anche loro sui tablet. Io praticamente ormai gioco solo con Ipad, e quando ci gioco snobbo completamente i videogame classici, ad esempio gli sparatutto in soggettiva, sull\’ Ipad, non li gioco. Gioco a videogame che hanno dei concetti di gameplay completamente diversi basati appunto sul touchscreen.
Il trend che mi sembra di individuare è che si passa sulle piattaforme mobile, le console perdono terreno, e i giochi che sfruttano meccaniche di gioco diverse mi sembra che intrighino maggiormente. Sulle piattaforme classiche siamo arrivati ad un punto morto dal punto di vista creativo. Call of Duty è figo però dopo 5 minuti che ci gioco mi sembra di giocare ad un gioco che ho già giocato 100 volte. Resident Evil era un survival horror ed è diventato un action game. Quindi da quel punto di vista alcuni grandi brand non hanno trovato la strada giusta per rinnovarsi e anche le console non hanno saputo rinnovarsi o proporre grandi novità.

– Andando in libreria, andando in videoteca, si può notare che si ha avuto un incremento incredibile dei prodotti legati ai brand videoludici. Ci si è forse accorti che le sceneggiature, e i mondi proposti da alcuni videogiochi sono parecchio validi?
Ci sono due discorsi su questo argomento. Sempre di più quando ci sono le grandi produzioni si cerca di pensare a sviluppare il brand, e quindi di Trasformers hai il giocattolo, il film, il videogame e il fumetto. Ma sono cose decise a tavolino e ogni prodotto serve per richiamare l\’altro. E\’ una strategia di marketing che funziona, ma tendenzialmente i prodotti che ne derivano non hanno poi questo gran valore rispetto all\’opera originale. Il licesing si è sempre fatto, anzi nel mondo videogiochi ci si è sempre lamentati che appena qualcuno prendeva una licenza importante il gioco veniva fuori male. Il videogioco di ET è tristemente famoso per questo, penso sia ricordato per la leggenda metropolitana secondo la quale le copie invendute (praticamente tutte) siano state seppellite nel deserto…
Però ci sono anche altri casi più autentici dal punto di vista creativo. Per esempio di Diablo mi sembra che siano usciti dei romanzi dopo che il videogioco ebbe successo, allo stesso modo mi pare sia successo per Halo o Mass Effect. Mi sembra un buon modo per offrire agli appassionati del prodotto altre storie di quei mondi. Sono dei videogiochi che alla base hanno dei mondi fantasy o fantascientifici di una profondità esemplare.

– Ecco per l\’appunto, in precedenza era molto in voga il fenomeno di, fare un film e poi svilupparne il videogioco, mentre ora ci si presta molto anche al contrario, fare un videogioco e subito dopo farne un film, anche in fatto del fatturato che ora smuove…
Si, non ricordo in che anno è avvenuto il sorpasso sull\’home video e anche sul cinema probabilmente, quindi va da sé che i vari Resident Evil e Silent Hill vengono declinati in film, prima non succedeva, questo è verissimo.
– Andiamo a mirare le sceneggiature ora. Soprattutto in questi ultimi anni si sono visti nascere brand comprendenti mondi e sceneggiature (Mass Effect,Uncharted ) che non hanno nulla da invidiare a quelli espressi da altre forme d\’arte come cinema e letteratura. Secondo te i videogiochi, da questo punto di vista, hanno già fatto quel passo in più, possono reggere il confronto ?
Senza dubbio ci sono sceneggiature con un livello qualitativo invidiabile, a cui tanti prodotti cinematografici non arrivano. Non è neanche un trend così recente, penso al primo Resident Evil, mi sembra un prodotto ben alto anche dal punto di vista di sceneggiatura e di soggetto, ben più alto di molti film horror che vengono prodotti anche oggi.

– Tra cinema e videogioco c\’è ormai una parentela molto stretta, due medium che comunque partono da due concetti opposti, come la fruizione passiva e l\’interazione pura. Come valuti questo punto di incontro raggiunto oggi con titoli come Heavy Rain?
Io li vedo ancora molto separati. E’ vero che ci sono esperimenti come Heavy Rain che vanno in quella direzione, oppure web series in live action con attori veri dove ti viene chiesto ad un certo punto di scegliere come far proseguire la storia tramite clic. Su Iphone ci sono app similari sempre in Live Action dove ti viene chiesto di scegliere dove andare, una specie di film interattivo. Trovo che però i due media siano ancora, in modo positivo, ancorati ai loro meccanismi originari, e questi esempi di cui stiamo parlando sono degli ibridi che difficilmente ne escono vincenti. Heavy Rain l\’ho trovato un prodotto molto interessante, ma si porta dietro i punti deboli e i punti forti dei due media, è lento come videogioco e allo stesso tempo non è neanche un film. Sono contento che si sperimenti in questa direzione ma per ora non esiste niente che mi faccia dire che cinema e videogiochi si stiano incontrando in modo vincente.

– La stampa sembra non accorgersi del contenuto artistico che il videogioco ha, crocefiggendo mediaticamente alcuni di essi, sottolineandone la violenza o il come essi incentivino la violenza nel fruitore. Tu cosa ne pensi in merito?
Bisognerebbe citare un articolo specifico per poterne parlare, andando a generalizzare si rischia di dire stupidate o non essere compresi appieno. Ci sono certi articoli che ho letto che secondo me sono anche addirittura strumentalizzati dal reparto marketing di alcuni distributori, per incentivarne le vendite. Ma sul mondo dei videogiochi c\’è sempre stata una critica di questo tipo, mi ricordo Carmageddon ”Ah i ragazzi dopo che giocano a Carmageddon vanno in giro a investire la gente!”. Ci si rende conto mentre si legge che chiunque abbia un barlume di intelligenza sa che non può essere cosi. Poi, sai, i confini morali cambiano anche di epoca in epoca. Io ho un bambino di 3 anni e gli ho fatto vedere l\’Uomo Tigre. Erano anni che non lo vedevo, lo guardavo da piccolo, ma se lo vedi ti rendi conto che ha un livello di violenza cruda a cui ormai non si è più abituati, figurati quindi che shock per i bambini anestetizzati dai programmi di oggi. Teletubbies da una parte, l\’Uomo Tigre dall’altra! Su questi argomenti penso che la famiglia debba essere il primo baluardo. I genitori dovrebbero interessarsi a quello che i propri figli fanno, quindi anche se giocano ad un gioco violento o meno. Io quando vado a trovare i miei cuginetti e gli chiedo a che giochi giocano, mi dicono Resident Evil e GTA. Io non so se a mio figlio, a 9/10 anni, lo farei giocare a GTA con le prostitute che per non pagarle gli spacchi la testa con una mazza da baseball. Però allo stesso tempo non dico che è un videogioco che non dovrebbe essere distribuito o che non ha senso di esistere, anzi tutt\’altro. Demonizzare in modo generico certi argomenti porta su una strada sbagliata, che è quella che, estremizzando, ti potrebbe portare a dire che anche la matrigna che dà la mela avvelenata in Biancaneve è pericolosa e ha dei messaggi che potrebbero essere male interpretati. Credo che il PEGI sia uno strumento avanti anni luce che ha solo il mondo dei videogiochi, e non capisco cosa diavolo stia aspettando il mondo del cinema ad adottarlo.
Se mio figlio avesse 12/13 anni sarebbe un terno al lotto portarlo al cinema, non c\’è uno strumento come il PEGI, ci si limita al “Vietato ai minori di 14 o di 18 anni\”, ma non c\’è un vero e proprio strumento di valutazione per aiutare le famiglie. Quindi su questo fronte il videogioco merita massimo rispetto, hanno fatto un gran lavoro, non saprei cosa altro inventarmi come strumento per indicare alle famiglie con cosa stanno giocando i loro ragazzi.
Anzi mi sembra più paradossale che con uno strumento come il PEGI, escano articoli di giornale dove si accusa il mondo dei videogiochi, o che i genitori rompano le scatole sul fatto che i videogiochi siano violenti, quando invece nel mondo della televisione è presente un linguaggio ormai che definire scurrile è un eufemismo, e nessuno concede nessun tipo di strumento per avvertirti. Questo è certamente un paradosso.
– Il videogioco viene accusato dalla stampa di veicolare messaggi forti, che agendo in modo interattivo con l\’utente al contrario di cinema e letteratura, ne forviano maggiormente il comportamento. Ipoteticamente parlando, secondo te se il cinema in un futuro alternativo si sviluppasse e divenisse anch\’esso interattivo andrebbe incontro alle stesse critiche?
Nel videogioco tu sei il protagonista e sei tu che decidi di sparare: questo aspetto ha un valore psicologico importante, rispetto al cinema dove vedi passivamente qualsiasi cosa. Io mi sono rifiutato di giocare a Red Dead Redemption perché nel tutorial per insegnarti a sparare ti obbligavano ad allenarti sui conigli…
Se un domani al cinema diventi tu il protagonista questo stress psicologico c\’è, ma non so neanche se possiamo ancora parlare di cinema o di film.

– Il discorso di interattività viene però affrontato solo da un lato denigratorio. Se guardiamo una altissima percentuale di videogiochi sottintende morali molto buoniste dove ad esempio il protagonista si adopera per salvare il mondo, o trame affini dove vengono sviluppati valori come coraggio altruismo ecc. Quindi se un videogiocatore venisse influenzato negativamente dalle azioni violente, dovrebbe esserlo anche dalle morali positive, mentre di ciò nessuno ha mai fatto menzione..
Ti rispondo così. Se un ragazzo attraversa i binari di un treno ed evita di essere investito, non esce la notizia sui giornali, non c\’è notizia se uno non viene investito. Se invece viene investito, il giorno dopo….
E ‘quando c\’è qualcosa che non va bene che ci si allarma e lo si notifica, quando va tutto bene si va avanti così e basta.

– L\’Italia è stata una delle ultime nazioni ad introdurre il videogioco nell\’ambiente scolastico. I vari Civilization, Assassin\’s Creed vengono utilizzati per le loro ben note componenti artistico/storiche ai fini istruttivi. Secondo te questo può essere un effettivo valore aggiunto? Lo studente è più recettivo a questi tipi di messaggi o ne viene anzi forviata l’attenzione?
Si questo è un aspetto fighissimo, dovrebbero fare intere lezioni usando solo videogiochi! Anzi io mi ricordo, non è un videogioco ma lo è diventato dopo, Axis & Allies, che era un gioco da tavolo che simulava la seconda guerra mondiale. Ne feci infinite partite, e così imparai tutto quello che successe nella seconda guerra mondiale a memoria. Ci sono quindi certi videogiochi che hanno un valore didattico notevole, molto più alto di quanto possono averlo alcuni film storici, proprio perchè l\’interattività e il giocare e rigiocare, ti portano ad assorbire una quantità di informazioni molto più alta.

– La critica è sempre figlia dell\’innovazione tecnologica. Quando quella relativa al videogioco avrà fine secondo te? Quando la società si abituerà alla concezione videogioco non solo come istruttore maligno del povero adolescente?
Penso che sia semplicemente una questione generazionale. Entro 15 anni la generazione che è nata quando i videogiochi già esistevano avranno 50 anni e non ci saranno più margini di critica feroce.

– Domanda finale, dovessimo trarre un personaggio di Gamers da Luca Maragno, tu come ti caricaturizzeresti?
(Ride Ndr)Mah forse si potrebbe puntare sullo stereotipo di videogiocatore che non si schioda mai dal suo game: quello che ha l’iphone in mano e in qualsiasi situazione, che sia in metropolitana, a cena o in macchina sta sempre videogiocando a qualcosa. Io sono un po’ così, ma il mio videogioco è “la vita reale”.

Sull'autore

Alessandro Tonoli

Grande appassionato di Videogiochi fin dalla più tenera età (si narra sia stato partorito in ritardo in quanto non avendo salvato, non poteva uscire) si diverte a scrivere per questo o quell'altro sito pur di dare un suo piccolo contributo alla diffusione del Videogioco come mezzo, non solo ludico, ma anche artistico ed emotivo.
Da buon Boxaro preferisce i boxer agli slip.

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