Intervista a Jacopo Camagni e Marco B. Bucci

Abbiamo scambiato due parole con Jacopo Camagni e Marco B. Bucci. Due autori che stanno per far uscire un lavoro molto ambizioso e possente, Nomen Omen. La nostra chiacchierata è andata in diverse direzioni, andando a finire anche in quella dei videogiochi.

Rostislav Kovalskiy: Durante la vostra fase adolescenziale, quali sono stati i fumetti che vi hanno condizionato?

Jacopo Camagni: Per quanto riguarda me, ho avuto tre step. Quello da ragazzino in cui avevo i vari Topolino e Dylan Dog, come primo blocco. Poi sono arrivato a un’età un po’ più matura (liceo artistico) con Bruce Timm e il suo Batman. Infine, quando cominciai a lavorare conobbi tantissimi autori nuovi come Accardi o per dirne qualcuno di americano, Paul Pope. Insomma, della corrente un po’ più sporca. Mi hanno influenzato tantissimo sopratutto sul segno.
Nel corso di questi dieci anni, lavorando in Marvel per forza di cose ho dovuto regolarmi molto come l’assenza di sporco e cose cosi. Adesso, con questo progetto nostro (Nomen Omen) vorrei tornare allo stile un po’ più mio e personale che si era perso nel corso degli anni, ma dal numero 1 e non dal 0 (quello distribuito durante il Comicon di Napoli n.d.r.).

Marco B. Bucci: Io invece dirò un nome, uno solo. Io sono un grande appassionato di Neil Gaiman. Quindi tutta la saga di Sandman e prodotti affini hanno modellato tutto il mio immaginario. Poi per fare un altro esempio completamente diverso, ma affine a Gaiman, tra i giapponesi preferisco Miura e invece sempre per gli americano, ma di un altro genere, un Grant Morisson. Tutti i grandi nomi, ma perché fanno storie di un certo tipo.

RK: Miura con il suo Berserk che sembra infinito.

MB: Povero Miura, se gli facessero concludere Berserk. (Jacopo: Beh, ma lo sta ancora facendo).

RK: Un po’ come Takehiko Inoue e Vagabond.

MB: Però io amo immaginare che per lui ci sia stato un finale ideale a metà di tutto quanto.

RK: Tipo Supernatural.

MB: Sì, esattamente quello. Tu senti che è il finale e non stai capendo perché tutto sta andando avanti.

RK: Deadpool the Duck, eri contento di lavorare su di un personaggio cosi particolare?

J: Quando il mio editor mi ha scritto chiedendo se mi interessava la cosa, io sono andato in iperventilazione perché adoro Howard, sopratutto nella veste più moderna. Quindi quando mi hanno proposto questo mashup delirante con la sceneggiatura alla mano e in più mi hanno chiesto di creare il personaggio, perché non esisteva, io ho risposto dicendo: “Ragazzi, qua dovete già pensare a realizzare i peluches perché quello che viene fuori è una figata.”. Infatti mi sono divertito un casino. Lavorare con Scott Coblish è stato molto divertente perché ho avuto un ottimo feedback con lui. Le cose grafiche le ha lasciate totalmente alla mia gestione. Per dirla brevemente: è stato molto, molto divertente e credo che abbia riscosso un buon successo. L’unica cosa che mi dispiace è che nell’Universo Cinematografico Marvel hanno già fatto vedere Howard con un look che richiama fortemente quello degli anni 80, terribile. E secondo me invece un look moderno avrebbe funzionato di più.

RK: In futuro ci sarà ancora l’occasione di vedere questi due personaggi?

JC: Eh, questo devi chiederlo al mio editor, perché io non ne ho idea. Però diciamo che l’incipit è il classico che vede due sfigati diventarne uno solo. Come sempre con la Marvel, questo personaggio sparisce, ma il finale ci dice qualcosa. Come molte personalità di Deadpool, se gli rimane dentro, resta lì e Howard qualcosa di Deadpool l’ha presa, pesantemente anche. Io avevo proposto un finale, ma secondo l’editor era un po’ troppo vincolante. Secondo me, visto che è andato bene in America, credo che ne risentiremo parlare. Perché si tratta di quelle cose, come il baby groot.

RK: Sarebbe bello vederlo da adolEscente, come nel finale dei Guardiani.

JC: Io so cose che non posso dire, ma guarda, non ci sei andato molto lontano.

RK: Tra gli eroi che hai disegnato (Jacopo), quali ti hanno dato più felicità e quali più rogne?

JC: Guarda, di rogna, davvero poca roba perché tutto il campionario Marvel è abbastanza standard ormai. Al livello tecnico, quelli più complessi sono gli eroi come Iron Man, Spider-Man. Quelli con le tute complicate perché hanno tantissimi dettagli. Capita di disegnare delle pagine semplici e poi di perdere quattro ore a rifinire tutti i piccoli dettagli di quelle cavolo di tute. E il problema poi è Iron Man con le sue tute. A volte in fiera viene un bambino chiedendomi di fare Iron Man con l’armatura Mark 43. E io in quei momenti penso: “Quale sarebbe poi? Ne ha tantissime.”. Per fortuna in molti portano la reference e non ci sono grossi problemi, però Iron Man è quello che mi piace disegnare di meno perché già non mi piace come personaggio e in più e rigido, ha la maschera e non mi permette di lavorare sulle espressioni, come Spider-Man. Forse è questo che li unisce per me. Ciò che è venuto fuori dalle recensioni di Deadpool the Duck è che il mio punto forte sono le espressioni dei personaggi. Attualmente poi con l’uscita dei film, Iron Man è diventato ancora più complicato. Perché per dare una coerenza anatomica tu devi seguire quella linea, che è un delirio. Oltre alle questioni meccaniche delle armature, tutto il resto è solo divertimento.

RK: C’è qualche personaggio della DC Comics che ti piacerebbe disegnare (Jacopo)?

JC: Io ho già parlato con la DC e sto aspettando una risposta per Gotham Accademy. Premetto che io sono un amante di Batman, ma il mio stile non ci sta per niente con il personaggio, perché sono un po’ più cartoon e comico. Gotham Accademy invece parla di teenager e supereroi, ciò che a me piace raccontare. Tra gli altri mi piacerebbe lavorare su Bombshell, Harley e cose simili. Le femmine DC mi divertirebbero molto. Tutta la parte seriosissima invece mi piace molto leggerla, ma ho dei seri problemi a rivedermici perché non sono un disegnatore dark.

RK: Arriviamo a Nomen Omen. Parlateci a ruota libera al riguardo. Cos’è?

MB: Allora, è una storia che potrebbe essere incasellata in urban fantasy perché ambientata ai giorni nostri, ma ha moltissimi elementi fantastici. C’è tantissima magia. Talmente tanta che sembra quasi un inno alla magia. Nonostante racconti di temi adulti che i ragazzi più giovani si trovano costretti ad affrontare loro malgrado.

JC: È un gruppo di libri, ma non possiamo ancora dire quante di 96 pagine circa e saranno stampati in quadricromia (Treccani: Sistema di stampa a quattro colori, mediante la sovrapposizione di quattro diverse forme di stampa – cliché per la stampa tipografica, lastre per la stampa offset, cilindri per la stampa rotocalco – inchiostrate da colori diversi – giallo, magenta, ciano, nero: si differenzia dalla tricromia per l’aggiunta del nero, che consente di ottenere un maggiore rilievo). Le pagine saranno in bianco e nero con degli elementi a colori e tutto ciò nella trama avrà un senso. Il colore è stato inserito al livello narrativo. La serie parlerà della perdita e di come affrontarla. Che poi potrebbe essere la perdita di qualcuno, della propria vita, di un idea, di un sogno. Saranno tante le sfaccettature dei vari personaggi, perché è un racconto che ha una protagonista, ma anche un gruppo che le fa da cuscinetto.
È ambientato in una realtà che è la nostra e ai giorni nostri. Che contempla quindi anche il terrorismo, l’11 settembre e tutto ciò che è stato prima.

MB: E la magia porta tutti questi temi a un livello epico. Quindi va sempre verso le conseguenze estreme. Tutto il discorso esoterico nel quale si muove tutto il progetto crea delle scorciatoie, delle vie di fuga e modi in cui qualcuno potrebbe sfuggire alla perdita.

JC: Ti dico solo una cosa. Avrai giocato a Final Fantasy VII e ricorderai Sephiroth. Ecco, noi stiamo cercando di regalare una storia con un cattivo che gli possa far togliere il poster di Sephiroth dalla camera per metterci il nostro. Perché noi amiamo i cattivi. Abbiamo una protagonista femminile, ma è più probabile che il lettore ci leggerà il personaggio negativo come il vero protagonista.
Questo progetto nasce nel 2008. Dopo una vacanza di Marco a New York e nasce come una proposta fatta al mio editore dell’epoca, Marvel, e doveva avere nel proprio interno anche Doctor Strange. Non è andata in porto, ma noi abbiamo continuato a farla evolvere fino a renderla quel che è ora e farla rappresentare dalla Panini.

MB: Più che modificare poi, abbiamo fatto vivere tutta la storia guardata da un punto di vista diverso. Quindi abbiamo raccontato cose molto simili, senza però andare a scomodare gli eroi. Anzi, è una storia vissuta dalle vittime.

JC: Purtroppo non possiamo entrare di più nel dettaglio. Al Napoli Comicon abbiamo presentato il numero 0, che non sarà contenuto all’interno del primo. Si tratta di un vero e proprio prequel e spiega le origini della protagonista. La storia si svolgerà 21 anni dopo. Comunque per dirla molto in breve: questo fumetto siamo noi. Senza filtri oltre tutto. Abbiamo parlato con i ragazzi di Panini e non ci siamo dati limiti, come si può intuire già dal numero 0. E comunque in questo siamo stati un po’ contenuti perché lo davano gratis a tutti all’interno dello stand di Panini Comics e del Survival Kit. Successivamente potrebbe esserci scritto “consigliato a un pubblico adulto”, perché non è una storia per bambini, ma per le persone grandi. Sopratutto parlando di perdita in maniera violenta, parlando di sesso e tutti i temi che andremo a trattare, non sarà un fumetto per bambini.

MB: Forse la parte che ci rappresenta molto è quella riguardante la magia. Il chaos magic e tutta la mescolanza con il misticismo. La simbologia nordica si mescola con quella dei nativi americani. Non ci piacciono molto le dottrine e preferiamo un gioco più intimo e personale che i personaggi hanno con la magia.

RK: l’ultima domanda invece riguarda i videogiochi. Avete parlato prima di Sephiroth. Quali sono i vostri videogiochi preferiti?

JC: Io in questo momento sto giocando pochissimo a causa dei vari impegni (Lucca 2017), ma sto cercando di finire Horizon, che è una meraviglia cosmica secondo me. Sono un grande amante di Resident Evil e Silent Hill e qualunque tipo di avventura grafica vecchio stile. E inoltre, tra quelli moderni, anche se non piacciono a molti, sono un grande fan di Assassin’s Creed. Li ho giocati e apprezzati tutti e una volta le mie vacanze erano Assassin’s Creed Black Flag. Avevo comprato la Playstation 4 e ho pensato: “che bello, non vedo l’ora di fare il bagno, sento l’aria salmastra”. Una tristezza disumana.

MB: Io ero e sono quel tipo di fanboy che seguiva la Square Enix (Squaresoft prima) e quindi per me i loro giochi erano proprio delle poesie e c’era tantissima ispirazione. Poi ho passato un grande periodo di disillusione verso quel tipo di produzione. Adesso mi stanno aspettando un po’ di giochi indie e tra questi c’è uno in particolare che mi sta chiamando tantissimo, Undertale. Secondo me nel gioco indie contemporaneo si nascondono davvero tantissime piccole perle.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un giovane appassionato del mondo videoludico e di tutto ciò che lo circonda. Cresciuto con i videogiochi e libri tra le mani ha deciso di unire la sua passione per la scrittura con quella per i videogiochi ed ecco perché si trova qui.

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