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L’open beta di Battlefield 6 è iniziata già da qualche giorno per chi ha avuto l’opportunità di provarla con l’accesso anticipato e, arrivano già le prime segnalazioni da parte dei giocatori sulla presenza inondata dei cheater . L’Open Beta sarà ufficialmente aperta a tutti a partire dal 9 agosto. In diversi video si vedono chiari esempi di wallhack, radar, triggerbot e aimbot che garantiscono vantaggi impossibili: visibilità di nemici attraverso muri, uccisioni istantanee e mirini “magici”. Il problema, oltre a infastidire i giocatori, scuote la fiducia nella sicurezza della beta.
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Dall’altra parte, EA risponde con misure anti-cheat ambiziose: Javelin, un sistema kernel-level, è attivo fin da subito nei test e nel gioco completo al lancio ufficiale previsto per il 10 ottobre. Obbligatorio su PC anche l’attivazione del Secure Boot, una barriera ulteriore pensata per rendere più complessi certi exploit.
E i numeri? In meno di 48 ore dall’inizio dell’open beta, Javelin ha respinto 330.000 tentativi di cheating o manomissione dei sistemi anti-cheat, e diversi account sospetti sono già stati rimossi dal team di “Battlefield Positive Play”. Tuttavia, molti giocatori criticano l’invasività del sistema — un software che agisce a livello kernel non è unanimemente gradito — e rimane viva la preoccupazione per la compatibilità con sistemi come Linux o SteamOS, in particolare per chi gioca su Steam Deck.
L’impressione è che la battaglia contro i cheater sia appena iniziata: anche se per ora il fenomeno non è ancora esploso su larga scala, la presenza di baratori anche nei primi momenti della beta conferma che l’“arms race” tra hacker e sviluppatori è ben lontana dallo scemare