Interno camera.
Appena entrato, e appena uscito dal roboare del mondo, si lancia sul letto, butta per terra con decisa noncuranza il suo i-Zaino , e attende.
Fissa il vuoto che sta appeso al soffitto.
Se ne stanno lì un po’ a scrutarsi, sia lui che il vuoto. Si osservano.
Il suo occhio lo fissa con quel movimento a stringersi tipico di un tentativo di messa a fuoco faticoso.
L’occhio è irrequieto, trema indeciso, non sa bene cosa osservare e per questo arranca, esplora il suo bulbo in una ricerca disperata di un oggetto su cui posarsi per riposare, ma niente: il soffitto gli regala solo un palco immensamente libero.
E’ una sensazione strana questo vuoto. Decisamente strana.
Tanto strana che è abbastanza per ridestarlo dal torpore.
Qualcosa lo smuove.
Si raddrizza rianimato da un elettroshock cerebrale improvviso e deciso, e finalmente, capisce.
Lo comprerà.
Giorni di indecisione passati a lambiccarsi il cervello, a tentare di far quadrare i conti in qualche modo chiedendosi se ne valesse realmente la pena, e sì, improvvisamente la risposta si materializza in tutta la sua naturalezza: è necessario; lo desidera; lo necessita.
E’ vero, gli abbonamenti per console sono finiti per iniziare a costare davvero tanto, un occhio della testa, ma ormai è convinto: questo mese cederà al desiderio di rinnovare il suo abbonamento.
Era un po’ che non si godeva una partita come Dio comanda, decisamente troppo. Pochi click ed ecco fatto, la mail di conferma arriva repentina non regalando neanche un brivido d’attesa.
Si siede sulla sua poltrona, indossa le sue cuffie da pro-gamer; scollega il microfono con un gesto deciso. Click.
Lo lancia, lo getta a terra facendolo cadere nella parte più remota della stanza: non gli servirà più.
Con un mezzo sorriso accede al suo profilo e una schermata in home page annuncia trionfale quello che lo fa finalmente distendere, rilassare, e preparare per un viaggio fantastico, senza la certa compagnia di altri passeggeri:
“Il tuo abbonamento a pagamento Gold è stato finalmente rinnovato!
Ora puoi finalmente gioire di tutta la bellezza di una partita Off-line!
Buon divertimento!”
Un po’ provocatoriamente immaginando ci siamo lanciati cadere nei meandri della fantascienza per carpire quello che potrebbe essere un futuro eufemistico neanche troppo distante.
Ci vuole sicuramente un po’ di immaginazione e bisogna cedere a qualche compromesso di sorta ma quello che potremmo rilevare dallo stato dei nostri profili delle nostre console casalinghe sembrerebbe suggerire tutt’altro, di immaginazione ce ne vuole davvero poca, perché il mito dell’”Always -Online” è quasi alle porte, ed è pronto ad introdursi con tutta la sua prepotenza nelle nostre camere.
Siamo destinati già da tempo ad una società che non può potrà farne a meno, questo chiaro.
I paletti sono stati posti, le strade sono già state tracciate, le uscite delle compagnie videoludiche fatte di anticipazioni un po’ ‘osè‘ subito ricacciate in gola come un bambino che si accorge di aver parlato quando non era ancora il tempo di parlare, sono chiare, inequivocabili ed anche noi ce ne faremo presto una ragione adattandoci al naturale corso degli eventi dettati dal determinismo tecnologico.
Una domanda sorge spontanea però: che fine farà l’off-line?
Ma ancora più spontaneamente il cuore reagisce: dove finirà la bellezza del giocare da soli?
Lungi da semplici discorsi retrogradi e ancora più lontani da un interesse voluto verso lo stimolo depressivo rispetto a quello espressivo, è più il lato introspettivo quello che vogliamo andare a sondare con la dovuta delicatezza.
Asserire che il medium stia prendendo una strada sbagliata sarebbe sia erroneo per l’evoluzione del sistema che in contraddizione con quanto i numeri indicano come volontà decisa della stessa utenza.
Ma noi tutti sappiamo che il medium videogioco nasce con una cooperazione serrata, una limitata introduzione di input esterni selezionati dallo stesso utente, fossero essi persone con cui cooperare o introduzioni del sistema di gioco stesso non preventivate.
Sempre più titoli ci danno invece l’idea di appartenere ad un mondo condiviso decisamente più ampio rispetto a quello mostrato dalla mappa, e parzialmente incontrollabile. Senza citare di per forza l’eclatante caso “Destiny”, anche in altri titoli questa ibridazione si fa sempre più preponderante in semplici sottigliezze. Basti pensare al sempre recente ”L’Ombra di Mordor” dove alcune missioni sono frutto della sconfitta di altri utenti che ci viene consigliati di vendicare.
Anche nella nostra componente single player insomma l’illusione dell’isolamento è ormai una piccola utopia, almeno finchè il nostro modem continuerà a far lampeggiare incessantemente le sue lucine intermittenti, tecnologia stessa che rende possibili queste intrusioni e che diventerà, presumibilmente, sempre più scontatamente integrata, e forse,scontatamente inspegnibile.
Intrusioni che simpaticamente a ben pensare potrebbero rappresentare l’alter ego virtuale, la perfetta analogia, del demone che da secoli-e tutt’ora- perseguita le partire di qualunque giocatore: quella strana regola fisico-matematica che, durante i momenti di massimo pathos, riesce a far capitare sempre qualcuno nella stanza, aprendo la porta su di un mondo che finisce per contaminare quella piccola perfetta landa in cui ci siamo persi e da cui non vogliamo essere estratti, al pari della lettura di un libro o della visione di un film al cinema.
Ed effettivamente proprio tirando in ballo gli altri consociati medium, da cui il videogioco recepisce come un buon inter-medium alcune caratteristiche, riesce a diventare più evidente questo fattore di rischio provocato dalle sue eccessive aperture.
Pensiamoci: chi riuscirebbe a godersi un film a luci accese in un cinema? Chi riuscirebbe a godersi un libro con qualcuno a parlargli nell’orecchio?
Questa riflessione sicuramente cede e crolla considerando il videogioco come semplice attività ludico ricreativa, al pari film e libri considerati come semplici passatempi.
Il problema nasce e si evidenzia quando parliamo di immedesimazione e, come in ogni altro medium, la sospensione dell’incredulità, il tacito patto tra soggetto ed opera e il relativo abbandono alla stessa, è un ordigno pericoloso e facilmente disinnescabile.
La domanda quindi nasce obbligatoria a questo punto, e risuona forte e piuttosto netta: può questa contaminazione del single-player portare a qualche “effetto collaterale” non preventivato, a qualche perdita del – contenuto?
Ma tralasciamo questi ragionamenti alti, riponiamo filosofie e ragionamenti da esperti di comunicazione esattamente da dove li abbiamo presi.
In ogni caso e ad ogni modo l’ambiente asettico di cui alcuni giochi si cibano e di cui hanno strettamente bisogno per risultare immersivi, e per essere goduti come si deve, non può essere ne valutato ne calcolato con alcuna formula, può semplicemente essere avvertito al pari di un dogma e di un dato di fatto.
“Journey“, Brothers: A Tale of Two Sons“, lo stesso “Child of Light“, hanno delle caratteristiche intrinseche così specifiche, e soprattutto mirano ad una sfera così emotiva o così personale del giocatore, che non possono essere giocati in ambienti presi tanto alla leggera. Basterebbe così poco per rovinare il loro spettacolo che la valutazione non può che essere attenta: un segnale, una qualunque fonte di distrazione e il distaccamento sarebbe compiuto e con esso, la perdita del messaggio e del contatto a cui l’opera vuole portare.
Titoli decisamente unici è vero, ma, sempre tornando a “L’Ombra di Mordor”, titolo decisamente più action e menosentimentale dei sopracitati: girovaghiamo per una terra in cui davvero c’è da perdere l’orientamento, tanto da abbandonarcisi piacevolmente tra una decapitazione di un orco e l’altra, fino a che, improvvisamente, vediamo sulla mappa un “Birpo89 è stato ucciso qui”, e giustamente una domanda meno filosofica, ma decisamente più efficace, sovviene subito a mente:
– Chi cazzo è “Birpo89”?
– E soprattutto: cosa ci fa nella mia Terra di Mezzo?
Trattando con la dovuta ironia la cosa, esplorando improbabili futuri ove l’off-line sia considerato una perla tanto rara da diventare paradossalmente una fonte di mercato, il punto di riflessione a cui arrivare è sempre il medesimo:l’isolamento, lo sbarramento di porte e finestre durante l’abbandono alle nostre terre videoludiche è sempre stato una parte fondamentale di quel processo fantastico che ci porta a credere, e a vivere, le esperienze immaginifiche che tanto ci hanno fatto innamorare di questo medium ancor prima che fosse considerato tale; un abbandono deciso e contaminato però solo da input centellinati che ci hanno sempre permesso di legarci e immergerci nell’opera come mai nessun altro medium nella storia aveva mai permesso, creando un incanto a volte difficile da gestire, a tratti addirittura controproducente, ma nei suoi punti di maggiore immersione decisamente di una potenza e di una forza emotiva incontrastabile.
L’evoluzione tecnologica ci ha permesso viaggi in mondi prima inimmaginabili, arrivando così lontano da poterli molte volte quasi toccare grazie al supporto della nostra fantasia e della nostra voglia di alzarci da quella sedia per lasciarci trasportare in un mondo “altro”, facendo arrivare l’esperienza ben oltre il consentito dall’evoluzione tecnologica stessa.
Non abbiamo mai avuto bisogno di sensori, di motion capture, di texture rifinite all’ultimo dettaglio; ci sono sempre bastati pochi pixel per arrivare in più mondi rispetto a quanti costruiti dall’intera comunità di Minecraft; al patto di non essere distratti, e di essere disposti a farci portare via da quel sogno da noi creato, da noi condiviso e da noi voluto.
Un piacere nascosto molte volte in un gesto semplice. Quello con cui chiudere porte, finestre e qualunque altro tipo di apertura possa concedere il vostro ambiente; tappando ogni buco, lasciandoci andare a quest’esperienza totale, e a tratti stupendamente solitaria, che è il videogioco.
E il consiglio è: tappate ogni buco; ma ricordate di spegnere anche il modem ogni tanto.
Godetevi l’esperienza di un mondo contaminato solo da voi e lì- solo -per voi.
Almeno prima che non inizi a costarvi un occhio della testa.