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Per millenni la nostra civiltà ha vissuto coltivando il mito delle storie, di magie e della loro potenza. Quella forza invisibile capace di fare cose impensabili e di proteggere chiunque se ne servi. Le storie sono diventate un veicolante di queste magie e probabilmente anche i loro contenitori. Oggi purtroppo molte di quelle storie antiche, narrate sulle rive dei fiumi sono andate perdute (anche se talvolta giungono da noi in modo inatteso e piacevole come nel caso di The Mooseman) e non torneranno mai più. Nomen Omen di Marco B. Bucci e Jacopo Camagni è una storia a fumetti che parla proprio di questo: le storie, la magia e il loro indissolubile legame. Nel farlo, come dissi un anno fa, i due rompono parecchi dogmi che ci tengono ancorati a una società che troppo a lungo ha conservato e approvato un certo tipo d’immagine. Ora, mi ritrovo a parlare del secondo numero di Nomen Omen, Wicked Game, ma preparatevi perché arriverà a brevissimo anche l’interludio formato da 12 racconti, contenuti nel libro The Fall.
La magia è una cosa seria
Il volume in questione inizia proprio dove finisce il precedente, con Becky che si getta da un palazzo e durante quella caduta libera tutto il potere magico rimasto sopito dentro lei. Fear (o Fer), rimasto sul tetto del palazzo viene investito dall’enorme energia della ragazza, che lo domina rendendolo un suo servitore. In quel momento arriva anche Taranis a metterle i bastoni tra le ruote, ma si accorge subito della potenza di Becky e anche della sua impossibilità di controllare quel potere. Dopo un breve scontro il villain scompare, ma si porta dietro anche Fear.
Da quel momento inizierà una nuova vita per la giovane strega, che grazie a Lady Macbeth dovrà abbandonare tutta la sua vita e iniziarne una nuova. Il suo compito non sarà solo quello di capire come si usa la magia, ma cos’è e la sua relazione con essa. La magia ha infatti molti volti e Nomen Omen ce ne mostra uno particolarmente interessante, ma lascio a voi il piacere di scoprirlo. Dico solo che la magia segue i periodi storici, le persone e la loro inclinazione. Leggendo, mi è venuto in mente il romanzo Nel Nome del Vento, in cui la magia aveva un utilizzo molto particolare e originale, anche se totalmente diverso da questo.
Le storie
Marco B. Bucci durante l’ultima intervista disse chiaramente che bisognava aspettare tanto da questo secondo numero. Per molti mesi mi ero immaginato le scene d’azione che avrei voluto vedere e sinceramente Wicked Game mi ha investito in pieno con tutta la sua veloce potenza. Becky è una ragazza umana e non le è facile accettare il suo vero io, come non è facile salvare le persone a lei care, tenute prigioniere da Taranis. La scrittura della storia di Marco è profonda, ma mai noiosa ed è uno dei punti forti anche del volume precedente. Le storie iniziano ad avere sempre più importanza e mettono in mostra un universo che varrebbe la pena di esplorare in modo molto più approfondito. I personaggi sono descritti in modo minuzioso anche dal lato psicologico e alcune particolarità colpiscono subito (come ad esempio la predisposizione a [SPOILER] di Fear)+6.
Jacopo Camagni invece ricrea il mondo monocromatico in cui è costretta a vivere la ragazza. Se nel primo numero avevamo visto qualche sprazzo di colore, qua abbiamo ulteriori colori che differenziano ogni personaggio. Le magie hanno una loro forza intrinseca ed eterna e un proprio colore che corrisponde a una particolarità del personaggio. Per capire meglio tutto ciò potremo avvalerci di un comodissimo Spectrum posto alla fine del volume che ci illustrerà i poteri e i maghi che li usano, spiegando tutto in modo abbastanza preciso. Talvolta però le sfumature di alcuni colori lasciano quell’alone di dolcezza che ha poco a che fare con la magia, ma fa sognare ugualmente.
I disegni come sempre hanno il tratto preciso e delicato; a tratti fiabesco a tratti bestiale e dirompente. Ogni scena è differente dall’altra e ogni azione ha qualcosa di unico, ma è nell’insieme che si crea quella miscela che alla finisce per trasportare il lettore nel mondo di Becky. La costruzione delle vignette si avvicina parecchio allo stile statunitense e alcune splash page lasciano letteralmente senza parole ed è un continuo “WOW”, “Apperò”, “Ellamadonna”. Altra piacevole sorpresa è stata la quantità di nudità. Non che sia una cosa importante per me, ma quando si parla di sdoganamento del concetto dell’erotismo televisivo che ormai è totalmente fuori luogo, ben venga. Siamo tutti adulti e non dobbiamo vergognarci del nostro corpo.
Ora non resta che aspettare il terzo volume di questa piccola, ma grande, perla italiana.