La Caccia Selvaggia – Tra storia, mito e fiction

L’uomo antropologicamente parlando detiene l’impellente bisogno di dover in qualche modo “legittimare” od in questo caso “mitizzare” con grandi narrazioni ciò che lo lega alla trascendenza ultraterrena per tentare altresì di giustificarla, permettendogli così di vivere in una realtà permeata da un mimetismo che, seppur rappresenta una concettualizzazione di stampo platonico ed idealistica, ci permettere di poter vivere e di farci evolvere attraverso la cultura creata dall’uomo tenendo lontano l’opprimente pensiero della finitudine…della morte. Come ci elargiscono i fondatori dell’approccio fenomenologico quali Husserl, Heidegger ecc… l’uomo è costituito da una coscienza intenzionale fondata prevalentemente da storie che vengono tramandate e che tutt’oggi ci rappresentano, un’esemplificazione lampante di questo indissolubile legame con il passato risiede nell’immaginario collettivo che tutti noi deteniamo di questi racconti categorizzati come “mitici” che seppur anacronisticamente raccontano vicende talvolta non empiricamente confutabili, creano delle “modellizzazioni concettuali” della nostra identità che ci permettono di ridefinire ed al contempo reinterpretare non solo la realtà che ci circonda ma anche la nostra stessa concezione come esseri umani…insomma fenomenologia a parte, l’uomo è al contempo stato un grande appassionato di belle storie e la mitologia venutasi a creare dietro la fantomatica “Caccia Selvaggia” è senza alcun dubbio una delle più affascinanti poiché si manifesta, seppur con qualche modifica e con una rigorosa reinterpretazione in tantissime opere d’intrattenimento, difatti noi videogiocatori ad esempio l’abbiamo difatti imparata ad apprezzare anche e soprattutto nei capitoli della serie The Witcher targata Cd Project Red.

L’Anima del mostro.

Una tremenda battuta di Caccia:

A volte in inverno non si è al sicuro. Meglio stare a casa, accanto al focolare, cercate di tenere a bada i terrori della Notte raccontando storie assieme alla vostra gente…ricordatevi della vostra stirpe, onorate i vostri Antenati.
In Inverno, i morti cominciano a muoversi, cavalcando sulle strade a loro familiari, galoppando attraverso villaggi e desolazioni, volando attraverso i boschi della mente, tali incursioni ci ricordano che il passato non è una cosa morta, ma può tornare, come un cacciatore, ed inseguirci.
Dalle origini si evince che la Caccia Selvaggia è un’immagine mitica del folklore europeo che seppur prende a piene mani gran parte della cosmogonia nordica è nata in territorio Britannico e si è poi diffusa in tutta l’Europa centrale, la radice originaria della credenza vedeva il dio Wotan (cioè Odino) nelle notti del Sacro Periodo (cioè quello che comprende i dodici giorni successivi al solstizio d’inverno) a cavallo di Sleipnir dalle Otto Zampe, un mostruoso cavallo grigio, alla guida il corteo delle anime dei soldati morti in battaglia, in una vorticosa rissa (raid, assalto) attorno alla Terra.
Nella schiera dei morti talvolta viene, più precisamente, descritta la schiera di coloro che hanno perso la vita anzitempo (come i bambini non battezzati o i soldati caduti in battaglia), le tradizioni sull’esercito furioso sono state interpretate come una configurazione mitica e rituale in cui si esprimerebbe, attraverso il riferimento a Wotan, ad una remota e persistente vocazione guerriera dei maschi germanici. Non sorprende quindi, che le storie sulla Caccia siano più diffuse tra le popolazioni di paesi che sono stati invasi di frequente, o che sono stati frequentemente invasori loro stessi. Così i popoli Norreni, Anglosassoni, Britannici e Tedeschi mantengono forti legami con il loro folklore. Nei paesi scandinavi, la Caccia era spesso identificata con il nome dal suo leader, Odino ed è stata denominata in svariati modi Odensjakt (Caccia di Odino), Oskerei (Cavalcata Tonante o Spaventosa), Gandreid (Cavalcata della Morte), e Asgardreia (Cavalcata di Asgard). Questa versione nordica della Caccia, vede spesso come preda una bella fanciulla dell’Altromondo: forse un ricordo degli inseguimenti nelle cupe notti, condotte da eserciti invasori al fine di rubare le
mogli ai loro nemici, questo tipo di immagini sembrano anche far riferimento alle lotte per la supremazia tra le religioni Patriarcali e maschili (incarnate nella Caccia e nel guerriero cornuto suo leader) e antichi culti europei della Dea Madre.
In Francia, troviamo la Caccia con il nome di “La Famiglia di Harlequin (Arlecchino)”. Esistono due teorie sull’origine di questo nome: una afferma che, un’altra forma del nome, “Mesnee d’ Hellequin” sia derivata del nome per la Dea norrena della morte Hel, un’altra teoria, più plausibile, spiega che Harlequin sia l’evoluzione del nome “Herlathing” poichè, uno scritto del XII secolo, sostiene che Herlethingus sia forse una corruzione da una parola anglosassone che significa “incontro, raduno, sentenza della Corte” identificando squadre di soldataglia che vagavano nottetempo per i boschi e i campi a far razzie.
Se l’immagine della cavalcata notturna è estranea alla mitologia greco-romana, è invece presente in quella dei Celti, nella figura della dea Epona, sempre associata ai cavalli. Questa dea era una divinità mortuaria, spesso rappresentata con una cornucopia simbolo dell’abbondanza; a lei si sovrapporrà successivamente la dea romana Diana, ad Epona poi si collegavano anche altre figure del mondo religioso celtico (come la dea notturna Queen Mab), tramontate con l’arrivo del Cristianesimo. Nel corso del Medioevo questo nucleo mitico alimentò anche una tradizione cortese, si tratta dei romanzi del ciclo arturiano nei quali Re Artù appare come un vero re dei morti con la sua raffigurazione in groppa ad un caprone sul mosaico di Otranto (XII secolo), così come la sua
comparsa, dopo un secolo, alla testa della “caccia selvaggia”, testimonia la contiguità tra rielaborazioni letterarie e credenze folkloriche incentrate sul rapporto con l’aldilà. Il viaggio di eroi come Erec, Perceval, Lancillotto verso castelli misteriosi, che un ponte, un prato o una landa separano dal mondo degli uomini, per questo è stato riconosciuto come un viaggio verso il mondo dei morti.
Fra i protagonisti della battuta di caccia nelle varie culture si possono citare oltre ad Odino e Re Artù anche figure come Carlo Magno, Nuada, Arawn e Re Waldemar che, come da tradizione, nel corso appunto della battuta di caccia erano portatori di presagi, catastrofi e sciagure per i semplici mortali che si trovavano sul cammino del corteo che venivano in genere uccisi o rapiti e portati nel Regno dei Morti.

Le tremende fasi di Caccia.

Riferimenti illustri alla Caccia Selvaggia:

Nell’ambito dell’intrattenimento come già ampiamente elargito rappresenta una tematica che ha riscosso notevole successo soprattutto per come essa veniva poi contestualizzata nelle grandi opere, tralasciando il filone narrativo di Andrzej Sapkowski (The Witcher) già dapprima evidenziato ove è considerata, rimanendo per certi versi fedele alla sua vera natura, come presagio di guerra e morte e appare come corteo di cavalieri spettrali che solca i cieli su scheletri di cavalli in notti particolarmente significative, come quelle di equinozi e solstizi, rapendo uomini, i quali non faranno più ritorno. Cionondimeno la Schiera Furiosa ed il suo passaggio nei boschi della Normandia fanno da sfondo al romanzo “La cavalcata dei morti” della scrittrice francese Fred Vargas, oppure è ispirata alla Caccia Selvaggia la compagnia di eroi che possono essere richiamati dalla morte per combattere nuove battaglie suonando il Corno di Valere nella “Ruota del Tempo” di Robert Jordan, e rappresenta una vera e propria ispirazione seppur con modalità e fini differenti, ed in questo caso non venendo mai esplicitamente citata, l’intricatissima saga di Fate, visual novel giapponese  concepita da Kinoko Nasu che è stata traslata anche in una splendida versione anima che racconta difatti le mitiche battaglie fra valorosi guerrieri del passato per l’acquisizione del Santo Graal.

Insomma un mito che inopinabilmente attrae noi fruitori che seppur con modifiche e reinterpretazioni varie scaturite e ben contestualizzate dalle geniali menti di svariati autori riesce a detenere quel cruento fascino in grado come non mai di farci percepire tanti brividi che in questo periodo natalizio sono l’ideale.

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Sull'autore

Francesco Palmiero

Enciclopedizzare, narrare, contemplare e condividere insieme l'arte videoludica.