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Dopo pochissimo dall’uscita di Atelier Lulua, la Gust ci presenta Atelier Ryza: Ever Darkness & The Secret Hideout. Un altro jrpg della serie di Atelier che tenta di discostarsi un po’ dai precedenti. Il franchise degli Atelier è come un mostro sacro, almeno per i giapponesi. Come serie, conta una bella sfilza di titoli che rivaleggiano in quantità con i Tales of e non sfigurano davanti ai Final Fantasy principali. Pur non brillando sempre per la qualità, questi titoli sono riusciti a creare uno zoccolo duro di fan. Sarà riuscita quindi l’alchimista Ryza a tenere il passo?
Il gioco è ambientato su una vasta isola con a capo un’unica cittadella per lo più dedita al commercio e alla coltivazione dei campi. Ryza, l’eroina, è la figlia di un fattore dedito alla mietitura dei campi. Un background decisamente diverso da quello di Lulua, ma non troppo lontano da quello per esempio di Firis. Una ragazza normale con una vita normale che sogna di avere grandi avventure. Tali sogni, però, le impediscono di concentrarsi sul fabbisogno quotidiano, evitando completamente di aiutare la famiglia. Durante una delle sue tante scampagnate, la ragazza insieme ai suoi amici Tao e Lent, faranno un incontro che cambierà la loro vita…
Separare l’utile dal dilettevole | Atelier Ryza
Con delle premesse del genere, e data la superficialità voluta dei titoli legati agli Atelier, la sceneggiatura non promette molto. La storia parte con un incipit ben più diverso rispetto alle altre, concentrandosi non sul viaggio e l’evoluzione della protagonista ma sulle problematiche dell’amministrazione locale e sul destino della cittadina. Benché un focus diverso non sia sbagliato, questo purtroppo tende a rendere Ryza e i comprimari delle macchiette senza molta possibilità di redenzione. Mentre in Lulua i personaggi maturano e si evolvono dando un senso di soddisfazione, in Atelier Ryza non avviene proprio la stessa cosa.
Ryza in particolare comincia il gioco come una ragazza non più bambina che però si comporta come tale. Con la sua immaturità, evita di aiutare la famiglia con delle scuse piuttosto deboli (il desiderio di avventura non perdona l’assenza di responsabilità). Ciò porta fin da subito a creare un distacco con il giocatore, che vede la protagonista comportarsi in un certo modo “negativo” senza però che venga data veramente l’idea che sia sbagliato. Il mondo stesso sembra piegarsi alla volontà di Ryza, rendendo inutile ogni necessità del minimo sforzo. Tutto ciò che vuole le viene garantito senza conseguenze o prezzo da pagare. Questo, unito a una trama piuttosto banale, certo non fa brillare l’opera.
La debolezza della sceneggiatura di Atelier Ryza si ripercuote su una buona metà del gioco, che si svolge per lo più all’interno delle prime tre aree. Un personaggio poco interessante (soprattutto rispetto a Lulua) in un contensto privo di evoluzione può non invogliare il gioco, soprattutto perché la storia ha un filone lineare a differenza degli altri titoli. I personaggi secondari raramente riescono a spiccare, con le uniche eccezioni di Klaudia, Lent e Bos, che effettivamente vengono sviluppati o gli viene comunque dato un giusto background. La contestualizzazione aiuta a comprendere meglio le scelte e i comportamenti dei personaggi, senza si ha la vuotezza.
Ampio ma vuoto, bello ma misero | Atelier Ryza
Parlando del mondo di gioco di Atelier Ryza, non ci si può non soffermare sulla piccolezza dello stesso. Sebbene le mappe siano molto ampie, belle e dettagliate, il numero è molto inferiore a quello degli altri titoli. Inoltre, si ha sempre l’idea di viaggiare per lande desolate, data la completa assenza di ulteriori città oltre a quella iniziale. Poche città, pochi personaggi e troppa desolazione. Tuttavia, la bellezza estetica delle mappe e il dettaglio in ogni struttura o zona rende veramente appassionante l’esplorazione, che per molti versi riesce a soddisfare più di altri titoli.
Il sistema di combattimento rinnovato tenta un approccio più in tempo reale, proponendo un ibrido alla Final Fantasy XIII. Atelier Ryza ci prova a cambiare, ma non riesce veramente a migliorarsi. Il sistema a tre classi è piuttosto inutile, non lascia vero spazio alla personalizzazione. Il combattimento è stato semplificato parecchio rispetto a Lulua, e pur non avendo grossi difetti ha veramente poco di cui andar fiero. Il meccanismo AP, che ti permettono di compiere azioni speciali o di usare magie, è forse l’aggiunta più carina a questo tipo di sistema. Infatti, le magie possono essere usate senza limiti, sfruttando un sistema che ti permette di rinunciare a dei colpi fisici extra per castare incantesimi o abiltià.
L’alchimia in Atelier Ryza mantiene sempre la stessa formula, permettendo di creare nuovi strumenti partendo da basi diverse. La possibilità di clonare gli strumenti rende il gioco più fluido, e la fluidità stessa sembra proprio essere l’obiettivo degli sviluppatori. La possibilità di accedere ad aree speciali (da circa metà gioco) usando dei codici per trovare vari item permette di velocizzare i progressi con l’alchimia. Tale meccanismo fa anche parte della sezione end-game, ma sottolinea un difetto piuttosto importante del gioco. Il bestiario.
Mostri più grandi, personaggi più… grandi | Atelier Ryza
Atelier Ryza, facendo parte di un franchise decennale, ha alle sue spalle un certo quantitativo di design. Mostri e personaggi sono sempre stati – e sempre saranno – la chiave dei jrpg d’avventura. Eppure, il bestiario di Ryza è tragicamente limitato. Più della metà dei mostri sono semplicemente la stessa razza colorata in modo diverso, siano slime, animaletti o cavalieri. La varietà non è certo il forte del titolo, e anche i boss sono pochissimi e alcuni di loro sono la stessa cosa colorata in modo diverso. Esistono anche dei mini-boss che sono semplicemente i mob normali… ma più grandi. Affrontare ripetutamente la stessa cosa per ore con quel gameplay troppo semplice e diretto non convince affatto.
Dall’altro lato della medaglia, i design dei personaggi principali risulta eseguire una danza particolarmente scialba fra il noioso e il banale. Quelli che non sanno di già visto, si perdono facilmente nell’anonimato, sia come design che come carattere (Tao, Bos e Empel in primis), donando loro ben poco carisma. Lila in particolare sembra uscita direttamente da Xenoblade Chronicles a causa delle sue proporzioni un pochettino esagerate. Ryza, la ragazza immagine che da sola è riuscita a vendere il gioco, non delude. Il suo aspetto è effettivamente semplice ma al contempo accativante. Il suo abbigliamento risulta al tempo stesso modesto ma provocante, grazie all’enfasi che hanno dato alle sue curve.
Alcuni personaggi ben riusciti e delle ambientazioni esteticamente stupende non potevano non essere accompagnate da un comparto sonoro all’altezza. Le musiche sono varie, orecchiabili e per niente fastidiose. Non tradiscono la tradizione degli Atelier e seguono il giocatore con l’ausilio di violini e flauti. A livello tecnico, anche di risoluzione e grafica, Atelier Ryza spicca sicuramente rispetto agli altri. Un malus va sicuramente dato per l’assenza di una opening animata in 2D, come per gli altri giochi.
Ciò che manca
Il problema di Atelier Ryza e di Ryza stessa nasce dal momento in cui la personalità che ha non solo si mostra negativa, ma non ha nemmeno delle vere ragioni per portare avanti le sue avventure. Lulua, dal canto suo, era una ragazza modesta che intraprende la carriera dell’alchimista soprattutto per rendere fiera sua madre, ma anche perché si sente realizzata con l’alchimia. E si sente così perché, grazie al “libro magico” riesce effettivamente a capirci qualcosa e a essere un’alchimista decente. Cosa in cui aveva quasi perso ogni speranza, nonostante i suoi impegni.
Ryza è invece una ragazza che si discosta da qualsiasi purezza e persegue un obiettivo fin troppo vago (avventurarsi) sacrificando la sopravvivenza stessa della sua famiglia, che è in un contesto di povertà. L’idea in sé non è sbagliata, ma è semplicemente sviluppata male e lasciata poi a morire senza un vero sviluppo. Semplicemente, si ritrova investita nell’alchimia e comincia davvero a impegnarsi in qualcosa. Questo però non la redime in alcun modo, perché senza di essa avrebbe trovato qualcosa di più inutile e distruttivo con il quale perdere tempo. Klaudia, per quanto semplice, sarebbe stata una protagonista migliore e più azzeccata.
Pur lasciando spazio all’esplorazione di mappe piuttosto ampie e diverse, Atelier Ryza manca della forza graffiante di Lulua. Se a livello tecnico la prima supera la seconda, Ryza non riesce a offrire una sceneggiatura valida e un gameplay soddisfacente, rimanendo una piccola macchia nera su una saga in continua evoluzione. Ultimo punto: la durata della storia principale. Rispetto agli altri, risulta veramente corto e completabile in appena venti ore. I DLC forse sopperiranno a questa mancanza di contenuto, ma non è comunque il modo più intrigante per gestire il tutto.