Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.
Essere un uomo con un passato perduto e con delle nanomacchine nel corpo capaci di fare cose impensabili per chiunque, non è uno scherzo e non è nemmeno cosi emozionante. Alla fine si è prigionieri di se stessi, oltre che delle varie agenzie governative e Bloodshot è proprio questo, un poveretto che per anni era lo schiavo e ora, nonostante l’apparente libertà, non si sente affatto capace di vivere e i rimasugli del passato lo perseguitano. Per ora abbandoniamo la serie Reborn capitanata da Jeff Lemire e tuffiamoci ne Le Guerre degli Harbinger, con i testi di Duane Swierczynski. Come sempre, il volume è adito da Star Comics Edizioni.
Non si torna indietro
Dopo la fuga dal Progetto dello Spirito Nascente e la salvezza dei giovanissimi ragazzi psioti si dirige verso una meta che preferisce non svelare a tutti, creando cosi non pochi malcontenti tra i suoi nuovi alleati. Nel frattempo, alle calcagna si presenta un nuovo gruppo segreto, guidato da un altro psiota di nome Harada. Un uomo pronto a tutto per prendere i bambini ed esplorare i meandri delle abilità di Bloodshot. Partirà cosi una serie di furiose battaglie in cui potremo vedere tutte le abilità del protagonista e la sua risolutezza nei confronti del nemico.
Non si va avanti
Quello che fa Duane Swierczynski con Bloodshot è tessere sapientemente una storia di fantascienza con delle parti d’azioni. Bloodshot si dimostra sempre di più un umano, ma ancora troppo ancorato alle regole del Progetto dello Spirito Nascente. A volte agisce in modo quasi schematico nei confronti del pericolo ed è parecchio calcolatore in qualsiasi momento della sua vita. Anche il rapporto con i ragazzi è parecchio difficile, anche se le motivazioni possono essere molteplici. In generale la sceneggiatura parte sempre spedita e va in verticale verso una risoluzione dell’evento.
Le matite dell’albo invece sono firmate da Barry Kitson e Clayton Crain e qui bisogna spendere due parole in più del solito. Il tratto di Barry è abbastanza marcato e da la giusta considerazione all’ambientazione e sopratutto al genere action fantascientifico. Forse a soffrire sono un po’ le espressioni facciali, che sicuramente potevano avere una considerazione maggiore, ma in alcuni frangenti queste sono realizzate davvero bene e non lasciano alcun scampo. Anche le scene d’azione a volte soffrono di un po’ di staticità, che priva leggermente di quell’adrenalina che sale man mano durante la lettura. Clayton invece utilizza una tecnica totalmente diversa di disegno per dipingere letteralmente una parte della vita di Bloodshot di cui forse non si ricordava nemmeno, ma che è sempre presente nel suo subconscio. Quelle scene del passato sembra a tratti prese da un Blender o Unity e regalano qualcosa in più all’albo.