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Ci sono tantissimi dungeon crawler in giro per il mondo. Un genere roguelike che nel corso degli anni ha trovato un terreno sempre più florido e con una quantità di titoli sempre più elevata. Tra i tanti, tantissimi, titoli usciti c’è però un piccolo, ma grande capolavoro che rimarrà sempre nel mio cuore. Parlo di Darkest Dungeon, un roguelike particolare che ha rapito la mi attenzione soprattutto per il suo ambiente da grim fantasy. Con Darkest Dungeon 2 non mi aspettavo tante novità, perché in fin dei conti tutta la struttura funzionava egregiamente e invece mi sono trovato con sì lo stesso combat system, ma con tutta la struttura di viaggio diversa.
Tralasciando la trama del gioco, che continua quella del primo e che grazie a un’ottima narrazione riesce a farci immedesimare in quel mondo, vorrei parlare subito di quelle novità che hanno caratterizzato il prodotto. Un prodotto che non mi ha soddisfatto del tutto, non quanto il primo. Eppure è riuscito a intrattenermi per tanto tempo, facendomi appassionare a ognuno dei personaggi e a voler rifare gli stessi livelli più e più volte per capire, per migliorare e per divertirmi.
Il nuovo sistema di spostamento tramite la carrozza potrebbe apparire a prima vista interessante e innovativo, ma bastano pochi minuti per tirare giù qualche parolaccia. La carrozza è manovrabile tanto quanto lo è un rinoceronte che tentate di cavalcare in una calda giornata di agosto. Un vero e proprio incubo che va a destra e a sinistra, sbattendosi contro ogni ostacolo. Questo è il punto che non ho apprezzato per niente e che purtroppo si vede di continuo nel gioco.
Certo, si attraversano paesaggi incredibilmente belli, cupi, desolati, distrutti, ma la sensazione è sempre quella di una parte del gameplay superflua. Un qualcosa che doveva essere semplificato. Anche perché il vero gioco è ben altro, ma faticheremo di più qui.
Eh sì, il vero tesoro del gioco è ovviamente il combattimento. Scelto il nostro team di 4 membri, andremo ad avventurarci in un mondo fatto di morte e di sofferenza. Il combattimento sarà come nel precedente capitolo a turni e molto dipenderà dai membri del party che andremo a scegliere. Perché dei membri giusti potranno curare, attaccare e difendere. Da questo punto di vista, una scelta strategica ponderata a inizio partita potrebbe portarvi molto lontano, ma in alcuni punti indubbiamente vi troverete a pregare per la vostra vita, come è giusto che sia.
Darkest Dungeon 2 non perdona gli errori quasi mai. Ogni azione svolta deve avere un motivo e bisognerà pensare sempre alla mossa successiva prima di eseguire quella attuale. In alcuni punti comunque verremmo chiamati a scoprire il passato dei vari membri del team, capendo cosa li spinge ad andare avanti. Allo stesso tempo c’è una feature parecchio interessante nel gioco. Ogni membro del party ha una propria personalità e in base alle nostre azioni potrebbe provare ammirazione, odio o invidia nei confronti dei compagni. Quindi attenti a chi curate, come e quando.
Graficamente parliamo di un titolo che migliora parecchio il design un po’ deformed del primo capitolo. Stavolta viene evidenziato maggiormente un certo realismo, che però non rovina l’essenza del titolo. La sua componente grim è presente in ogni momento. I design risultano essere migliorati sotto ogni punto di vista, ma allo stesso tempo hanno un po’ perso quell’aria un po’ homemade.