Dungeons & Dragons: Leggende di Baldur’s Gate – Recensione

Dungeons & Dragons: Leggende di Baldur's Gate
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Ci sono alcuni giochi che non moriranno mai. Dungeons & Dragons è proprio uno di quelli e nonostante gli anni, si dimostra sempre giovane e un passo più avanti rispetto ai giochi concorrenziali. Il suo universo nel corso dei decenni ha invaso anche la carta stampata con i romanzi (tra cui le serie di Forgotten Realms e Dragonlance), videogiochi e fumetti. Quest’oggi sono qui per parlare proprio di quest’ultimo, Dungeons & Dragons: Leggende di Baldur’s Gate. Un primo albo che segna l’inizio di una nuova emozionante avventura.

Gli eroi e i draghi

La storia in questione non ha un vero e proprio protagonista, come spesso accade nelle opere fantasy di questo genere. Si tratta di una storia che vede la nascita di un gruppo di eroi composti da Krydle, Shandie, Delina e il duo che siamo abituati a conoscere nel corso degli anni, Mins e Boo. Torna infatti il ranger più famoso e il suo inseparabile criceto in tutta la loro sfavillante forma.

All’apertura dell’albo troviamo l’elfa Delina che tenta invano di sfuggire a due gargoyle, pronte a ucciderla. Dopo una breve fuga, che tra gli altri è costata la vita a due guardie della città di Baldur’s Gate. Dopo un incantesimo andato male la giovane risveglia una statua dalle sembianze di Minsc e Boo, che prendono vita e il ranger finisce lo scontro senza grossi problemi. Non si renderà conto di essere tornato in vita, confondendo la nuova alleata con la sua vecchia amica, Neera. Insieme i due cercheranno il fratello della ragazza (Deniak), ma al loro team si aggiungeranno due ladri di nome Krydle e Shandie.

Il male non potrà mai trionfare

La narrazione di Dungeons & Dragons: Leggende di Baldur’s Gate ha il classico modo narrativo di un epic fantasy. I buoni si incontrano quasi per caso e dopo essersi conosciuti vanno oltre la semplice avventura. Il male è sempre in agguato e anche in questo caso è molto semplice la soluzione narrativa, ma ciò non è un difetto. Al contrario. Si tratta di un genere ben delineato con i suoi pregi e i suoi difetti. La sceneggiatura di Jim Zub scorre liscia con la lettura che prosegue senza alcun problema fino all’ultima pagina. Forse i grandi amanti del gioco di ruolo la troveranno un po’ sottotono, ma in fondo è solo il primo numero. I dialoghi tra i personaggi rappresentano un po tutti gli stereotipi dei GDR che abbiamo visto fino a questo momento.

Le matite sono invece firmate da Max Dunbar, che ricrea un mondo pulsante, ma con qualche accorgimento. Il dettaglio posto sui personaggi primari è incredibile e questi sembrano la personificazione del fantasy stesso. Un interessante escamotage invece è stata usata per alcuni personaggi che compaiono sullo sfondo. Il loro volto scompare e diventa un miscuglio di ombre. Il ciò non rovina in nessun modo l’esperienza finale però. Al massimo facilità il lavoro del disegnatore che cosi si occupa d’altro. Le sequenze sono ovviamente abbastanza semplici, ma bastano per piacere. Quella che colpisce alla fine è l’immensa figura del drago, che però compare davvero per troppo poco.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".