Get Even – Recensione

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Get Even è uno dei giochi più particolari usciti quest’anno. Ci aspettavamo un horror psicologico con elementi investigativi, ma ci abbiamo azzeccato solo per metà, vale la pena buttaci un occhio? Noi lo abbiamo provato, e siamo qui per rispondere a questa domanda.

Giochi mentali

Se dicessimo che il punto focale di Get Even è la sua intricata trama, sarebbe un’informazione senz’altro vera, ma non del tutto esatta. Nonostante l’ottimo lavoro nell’ideare una trama così appassionante, è il modo in cui essa viene raccontata a cambiare profondamente il rapporto tra gioco e giocatore.

Cole Black è un investigatore privato che, dopo aver rivissuto il mancato salvataggio di una ragazza, si risveglia in un manicomio in cui tutti i pazienti, lui compreso, indossano un dispositivo chiamato Pandora. Questa sorta di casco per la realtà virtuale, che imprigiona le teste e le menti dei prigionieri, permette di spostarsi attraverso il tempo e lo spazio tramite i ricordi. Cole ne sa esattamente quanto il giocatore; Get Even è un lungo viaggio verso la verità, e rivivendo alcuni momenti cruciali, Cole scoprirà insieme a noi la verità su un intrigo che coinvolge rapimenti, spionaggio industriale, e tanta, tanta avidità.

Tanti gadget in uno

Lo strumento principale a nostra disposizione sarà il telefono, che con le sue app ci fornirà una serie di gadget niente male. Alla classica luce di una torcia si sostituisce una luce blu simile a quella che siamo abituati a vedere nei telefilm polizieschi, che individua tracce biologiche invisibili ad occhio nudo. Un visore termico sarà molto utile durante le sparatorie, ma anche in molti enigmi, mentre uno scanner farà al volo, tramite la fotocamera, analisi biochimiche, non chiedeteci come… la posizione in cui cole tiene il telefono, in basso a destra della sua visuale, rende lo schermo di questo gingillo il vero e proprio HUD di Get Even, e quindi l’implementazione di una app “mappa”, con tanto di coni rossi a rappresentare i campi visivi dei nemici, di cui probabilmente, faremo un larghissimo uso. Visto che tutta la storia è nella mente del protagonista, il telefono ci darà anche un’abilità quasi soprannaturale di rimuovere ostacoli e creare ripari, nell’indifferenza assoluta dei nemici, capacità giustificata dal concetto di memoria frammentata, ed a tratti fallace, che fa da perno alla trama di Get Even.

Dovremo stimolare la nostra memoria raccogliendo indizi, i quali saranno archiviati in una speciale stanza di “intermezzo”; una rappresentazione metafisica della ricostruzione dei nostri ricordi, con tanto di lavagna con su appese foto e collegamenti, in pieno stile “teorico della cospirazione”. Questi indizi fungono da collezionabili, ma non sono fini a sé stessi, visto che la loro raccolta ci darà accesso a più equipaggiamento, ed alla completezza della simbolica stanza di cui vi abbiamo già parlato. A prescindere dalla app che staremo utilizzando, delle lucine verdi ci avvertiranno quando saremo in prossimità di un indizio da scannerizzare, mentre luci bianche si accenderanno quando potremo in qualche modo “plasmare” il mondo, quindi non avremo scuse, se ci perderemo qualcosa sarà solo colpa della nostra disattenzione.

Un’arma “spigolosa”

Una grande peculiarità di Get Even è la pistola angolare, una sorta di braccio robotico con uno snodo ed una telecamera termica sulla quale montare una pistola. Il design di quest’arma, che ad un certo punto si troverà al centro della trama, permette di sparare oltre i ripari ad angolo retto e da dietro i classici muretti, esponendosi il meno possibile. La mano del protagonista è fermissima, e potremo mirare con una precisione quasi millimetrica, il che rende gli scontri a fuoco particolarmente facili. A differenza della gran parte degli sparatutto moderni, la parte difficile sta nello stealth; anche se stupidi, i nemici ci vedono piuttosto bene, e se inizieranno a sparare mentre siamo lontani da un riparo, un paio di colpi saranno sufficienti ad abbatterci. Il gioco comunque cercherà di tenerci sulla retta via, penalizzandoci se faremo fuori troppi avversari, rendendo Get Even un inferno per i giocatori che ci tengono a finirlo nel miglior modo possibile.

Dal punto di vista del gameplay, Get Even dà spesso l’idea di essere due giochi diversi, tanto sono separati i livelli d’azione e quelli di investigazione. Se i primi sono abbastanza blandi e netti nella separazione tra approccio letale e non letale, i livelli di indagine sono dei veri e propri rompicapi da risolvere con il cellulare in mano e la pistola nella fondina. Alcuni potrebbero pensare che Get Even avrebbe dovuto essere o carne, o pesce, una cosa o l’altra, siamo invece dell’opinione che mescolando meglio i due ingredienti, e creando livelli che presentassero contemporaneamente tutti questi elementi, il risultato finale sarebbe stato molto più gradevole, soprattutto nella sequenza d’azione, alla lunga noiose e chiaramente un modo per allungare il brodo e raggiungere le dieci ore di giocato.

Giustificazioni

Degno di nota anche un altro aspetto del gioco, che tocca da vicino il rapporto tra il giocatore e gli sviluppatori. Si vede che Get Even non è un gioco ad alto budget, ma gli sceneggiatori hanno giustificato con la trama alcune delle mancanze tecniche del gioco, come la sparizione dei cadaveri dei nemici abbattuti, la scarsa intelligenza artificiale e la mano fermissima di Cole. Lasciamo a voi decidere se si tratti di un tocco di classe o di una grande paraculata, o forse, di entrambe.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Fosse stato un film, forse Get Even si sarebbe portato a casa qualche Oscar, tanto è ben recitato, sceneggiato e musicato. Dal punto di vista cinematografico, nulla da dire, anche se la grafica nelle versioni console perde un bel po’. Anche le scelte morali, legate al rapporto ed alla fiducia che vogliamo concedere al prossimo, avranno delle conseguenze, e saremo giudicati per tutto. Forse Get Even è una storia che non ha trovato il giusto medium per esprimersi al meglio, ma comunque riesce a fare una discreta figura anche così.[/stextbox]

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.