Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.
La serie videoludica di Life is Strange ha subito riscosso un grande successo grazie a una molteplicità di motivi. Abbiamo dei personaggi realistici che si muovono in ambienti altrettanto realistici e affrontano delle tematiche molto attuali. Ogni volta abbiamo visto il genere teen drama allargarsi e aumentare diventare sempre più comprensivo. I tempi però cambiano ed è arrivato il momento per la serie di fare un passo un avanti. I ragazzi di Deck Nine Games hanno fatto un passo in avanti con Life is Strange True Colors, portando la storia a coprire le tematiche più adulte, ma allo stesso tempo restando sul teen.
[amazon box=”B08Z9VZX72″ /]
Vorrei fare una piccola premessa, dicendo che a mio avviso i titoli come Life is Strange sono importanti per la storia videoludica, la loro maturità e l’insegnamento che potrebbe dare ai giocatori. Ci vorrebbero più titoli così.
Life is Strange True Colors è un gioco che scorre velocemente, ma ti colpisce forte e bisogna dare atto a Deck Nine Games per quest’impegno preso. Con Before the Storm il team aveva affrontato delle tematiche molto teen, colpendo forse meglio di quanto fece la Dontnod. Con True Colors bisogna dire che la software house si è comportata ancora meglio, maturando il tipo di narrazione e i suoi soggetti.
La protagonista è una giovane donna di nome Alex Chen. Seguita da alcuni specialisti, la ragazza ha vissuto in diversi orfanotrofi e all’inizio del gioco viene chiamata a Haven Springs da suo fratello, Gabe Chen. I due si rivedono dopo una decina di anni in quella che sarà la città protagonista di tutti gli eventi.
Per Alex ambientarsi sarebbe facile se non avesse un problema veramente insolito. Riesce a vedere l’emozione altrui quando questa raggiunge il proprio apice, provando quel che provano gli altri. Ciò ovviamente non è proprio un superpotere per la donna, che vive veramente male la sua condizione. Però in quel luogo troverà confronto grazie a suo fratello e altre persone che in futuro diventeranno la cosa più preziosa per lei.
Un incidente porta infatti alla morte di Gabe e qui partirà la vera storia. Alex con Steph (sì, la stessa di Before the Storm) e Ryan cercheranno di smascherare la grande azienda Typhon e portarla in tribunale.
La sceneggiatura è stata scritta in modo da darci quanto più possibile della psicologia dei personaggi. Questo vuol dire che anche le comparse ci sembreranno più vive nel corso dell’avventura. Alex, Steph e Ryan sono ovviamente i più sviluppati e nel corso dell’avventura avremo le nostre solite risposte multiple che poi andranno a cambiare alcuni parametri a fine gioco.
Molti sono i temi che vengono trattati nel corso dell’opera. Con delicatezza verremo a conoscenza dei problemi personali degli altri abitanti e scopriremo che ognuno di noi ha un proprio demone da combattere. Spesso non lo notiamo perché davanti a noi si trova il nostro nemico, ma ognuno ne ha uno ed è costretto a combatterlo.
Spesso diamo per scontato che le persone attorno a noi hanno dei problemi. Magari qualcuno che parla al telefono e sorride, sta urlando di rabbia nel frattempo. Magari un uomo e una donna sono troppo timidi e titubanti per dichiararsi e la loro storia non avrà alcuno sviluppo se uno dei due non inizierà ad agire. Tutti questi piccoli dettagli sono ciò che ci differenzia e ci rende quel che siamo, ci fa capire che nessuno è perfetto.
Quel che Life is Strange True Colors mette in evidenza è forse la fragilità umana, nascosta da un guscio d’uovo. Facile da rompere se si colpisce dal lato giusto. I dialoghi sono costruiti nel modo più sapiente, ma anche delicato. Certo, ci sono dei problemi in alcuni punti, ma sono gli stessi riscontrabili in un qualsiasi gioco a scelta multipla. Qualcuno ha parlato dell’inutilità di tutte le scelte visto che il finale cambia solamente con le ultime due, ma in fondo, succedeva così anche nel primo capitolo.
Potrei dire inoltre che ci sono dei momenti poco realistici al livello teorico. Haven Springs è un luogo ameno, nascosto in una valle montana colorata e fresca, ma ha una particolarità. Ci sono dei negozi di vario genere, ma che nel mondo reale non potrebbero esistere. Come ad esempio il negozio che vende i bong o quello esclusivamente musicale. Anche questo però è un problema che tocca un po’ tutte le produzioni, televisive e videoludiche.
I personaggi hanno delle grandi potenzialità e alla fine ognuno dimostrerà quel che ha da offrire al giocatore e alla protagonista. Alex resterà comunque una protagonista splendidamente descritta e con delle forti motivazioni. Il suo passato la perseguita e nel corso della storia scopriremo tutto ciò che l’ha caratterizzata. Anche Steph appare come un personaggio molto importante e infatti queta stessa ragazza la ritroviamo anche nel DLC uscito il 30 settembre 2021.
La colonna sonora di ogni Life is Strange è un mix di musica indie e anche questo capitolo non è da meno. Melodie che riportano in mente dei ricordi e che hanno la capacità di trasportaci in ambienti montani, in mezzo alla natura. Sono spesso brani che in qualche modo parlano d’amore, di sofferenza e del desiderio di incontrare qualcuno. La colonna sonora del primo capitolo è ancora tra le mie più ascoltate, ma questa sta già spodestando la precedente.
In questo capitolo la componente musicale non è importante solamente per il giocatore, ma anche per i personaggi, che quelle canzoni le sentono grazie alla radio di Steph e all’amore che hanno per la musica. Nel pub potremo anche decidere dei brani da ascoltare al jukebox e ciò aggiungerà all’atmosfera quel grado in più che non fa mai male.
La storia è come ho già detto veramente interessante e alla fine è difficile rimanere inermi dinanzi al monologo finale. Il gameplay mostra però delle grandi similitudini con i capitoli precedenti, ma credo che sia una cosa lapalissiana.
Guidare Alex attraverso una piccola porzione della città è piacevole e non porta mai alla noia, soprattutto perché alla fine dei conti si tratta di una sola via. In città potremo leggere il pensiero delle persone e scoprire i loro stati emotivi. Non è una cosa necessaria per la trama, ma per un buon worldbuilding sì. In alcuni casi potremo anche aiutare alcuni passanti.
All’inizio della partita potremo decidere se far scorrere le scelte cruciali velocemente o avere più tempo per la risposta. Cosa molto importante visto che in alcuni casi riflettere è sempre la cosa migliore. Pensiamo a Oxenfree e quelle scelte così veloci da non dare il tempo nemmeno per capire.
Avremo a disposizione un diario con alcuni appunti che la ragazza si segnerà nel corso dell’opera e in questo troveremo anche i suoi pensieri sugli altri personaggi. Indubbiamente la parte più interessante del gameplay riguarda le nuove componenti come quella del GDR e del biliardino. In un frangente giocheremo una partita GDR dal vivo con altri personaggi di quella piccola città. In quei momenti ci saranno delle missioni secondarie, i combattimenti a turni e le classiche caratteristiche di D&D.
Il problema della città forse è il suo essere totalmente vuota. Le persone saranno presenti solo sulla nostra via, mentre il resto sembrerà completamente deserto, come dopo un’apocalisse. È un vero peccato perché sarebbero bastati dei personaggi randomici che ogni tanto facessero delle comparse. Vedere qualcuno lontano avrebbe creato una sensazione di realismo che non c’è purtroppo. Quando entriamo in un negozio o a casa, anche le persone sulla via principale scompaiono.
Graficamente questo True Colors rappresenta un bel passo in avanti rispetto ai capitoli precedenti. I modelli poligonali dei personaggi sono molto più definiti e nonostante un po’ di stilizzazione, sembrano molto più reali. Le espressioni facciali giocano un ruolo veramente importante in questo titolo ed è un piacere vederle sullo schermo. Non parliamo ovviamente del fotorealismo delle produzioni AAA strapagate, ma sono comunque molto credibili e godibili.
La città sembra uscita direttamente da una serie tv americana e bisogna dare atto. I ragazzi di Deck Nine hanno capito benissimo come sviluppare il giusto ambiente, proprio come fa la Dontnod. Gli ambienti sono abbastanza definiti e la quantità di dettagli è veramente elevata all’interno dei vari locali.