Ricordando il mio primo fumetto letto

Tartarughe Ninja
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Da piccolo passavo le mie giornate a giocare con gli amici e insieme poi ci riunivamo a casa di qualcuno per guardare qualche film d’animazione, ascoltare i Beatles (sì, ero un vecchio dentro già nella mia pre-adolescenza), giocare a qualche gioco per console e ovviamente leggere i fumetti. Un ragazzino come tanti altri insomma, cresciuto a pane e divertimenti, ma ovviamente in questa sede dovrei… no, vorrei parlare di fumetti. Del mio primo fumetto.
No, scherzo. Sarebbe impossibile stabilire con certezza il mio primo fumetto in assoluto. Non sono come quelle persone che si ricordano delle cose più disparate, iniziando con delle mega spiegazioni su quell’opera che hanno letto a 4 anni. Magari descriveranno anche la giornata nella loro interezza, specificando che quella pasta era fatta in casa, ma non sembrava proprio, ma i pomodorini erano a km 0. Sciocchezze, ma la mente edulcora tutto e quando si trova in difficoltà, inventa.

Io personalmente non ricordo il mio primo fumetto e nemmeno voglio ricordarlo. Sarà probabilmente qualche cazzata immonda. Non serve a niente ricordare il primo fumetto in assoluto, ma piuttosto è importante capire l’emozione che scaturì dalla lettura e che quindi divenne il fulcro portante di questa magnifica passione. Nel mio caso, ho dei vaghi ricordi, ma questi portano a delineare un quadro astratto che vorrei mostrarvi in breve.
Era una giornata di non so che mese e non ricordo nemmeno il giorno. Non faceva nemmeno molto freddo, questo lo ricordo, sì. Mi trovavo con mia madre in una stazione dei treni in Russia. Le stazioni sono giganti lì e sono davvero belle. Niente a che vedere con la modernità occidentale. Alcune stazioni di Mosca sembrano uscite direttamente dal passato, ma questa è un’altra storia. Stavamo aspettando mia nonna, che doveva arrivare con quel treno comodo, che alla lunga diventa come una casa in cui finisci per conoscere gli altri viandanti. Io ero ancora piccolo e ovviamente i fumetti li leggevo senza esserne ancora travolto completamente, ma come tutti, guardavo i cartoni animati come se non ci fosse un domani.

Il fato volle farmi riunire con un gruppo di eroi che combattevano il male, ma erano diversi da tutti gli altri umani. Erano quattro tartarughe, che sembravano rappresentare l’essere umano. Ogni tartaruga aveva un carattere diametralmente opposto, ma insieme erano come un unico organismo, che funzionava grazie alla reciproca fiducia e alla disciplina imposta da Splinter. Vabbè, sto divagando sicuramente. Fatto sta che dopo un po’ di richieste, mia madre mi prese un albetto a fumetti proprio delle Tartarughe Ninja, che io conoscevo solo per i cartoni e i videogiochi, che adoravo troppo.

Non ricordo la storia dell’albo, ma mi viene in mente la felicità che provai nel sfogliare quel piccolo albo, rileggendolo parecchie volte e iniziando da quel punto a comprare un po’ di fumetti. Ricordo quell’odore metallico che di solito si sente nelle ferrovie e che alla lunga diventa quasi piacevole (anche se non lo trovo ancora cosi fantasmagorico). I quattro fratelli presto divennero ancora più importanti per me e ultimamente ho apprezzato parecchio la strada percorsa con il Cavaliere Oscuro. Era una giornata qualsiasi di un mese qualsiasi, ma quel giorno il fumetto divenne una parte della mia vita, che mi accompagna ora (sperando su più strade).

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".