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La cultura giapponese è diventata, con gli anni, tra le più apprezzate dagli occidentali che, da essa, hanno preso spunti ed idee in seguito ad un lavoro di affezione mediatica eseguito tramite anime e manga, due mezzi che hanno dimostrato di saper comunicare ai pubblici più svariati, dagli adolescenti in cerca di un viaggio di crescita classico che affronti, più o meno metaforicamente, le loro problematiche agli adulti che amano storie più verosimili dalle quali emergono luci ed ombre della vita moderna ed in particolare della società nipponica ed orientale in generale. È su questo sfondo che si apre Ryuko, opera di Eldo Yoshimizu, mangaka Giapponese che ha presenziato al Lucca Comics and Games grazie a BAO Publishing.
Ryuko, studio dell’onore
L’opera è ambientata nel Giappone contemporaneo, tra le file della Yakuza per la precisione, di cui Ryuko è la comandante, la Boss le cui vicende, per fattori al di fuori del suo controllo, la porteranno alle scelte più disperate e difficili. L’opera andrebbe annoverata tra le fila dello stile Gekiga, “immagini drammatiche”, uno stile autoriale che, dagli anni ‘60 in poi ha voluto segnare una linea di demarcazione tra il manga tradizionale per le masse e le opere un po’ più ricercate, l’equivalente del graphic novel americano. Ciò che salta subito all’occhio, anche a seguito di questa classificazione, è la similarità con l’opera Tarantiniana Kill Bill: oltre ai richiami più superficiali, come la presenza di una particolare spada considerata quasi venerabile o la somiglianza caratteriale tra il personaggio interpretato da Uma Thurman e Ryuko, ciò che realmente accomuna le due storie è il fatto che le due protagoniste sono tali solo sulla carta e che nonostante abbiano abilità particolari e grande forza d’animo, lasciano che le loro vite vengano pilotate da terzi fino a quando non riescono a trovare la giusta energia per riprendere in mano la storia e portarla dove vogliono loro.
Ryuko è un personaggio difficile se la si guarda dall’esterno ma parecchio umana e “banale” una volta esplorata più in profondità: la coralità che la circonda è stata guidata da un destino beffardo che ha generato degli abomini tradottisi in situazioni di vita vissuta dalla piccola bambina e, solo dopo, dalla grande boss. La perdita di persone care, la dura lezione del non affezionarsi mai a qualcuno perché non ti sarà permesso continuare ad averlo accanto e, cosa più importante, l’abolizione dei termini bene e male, sostituiti dai meno ambigui Onore/Disonore: la parola data sancisce un patto inequivocabile il cui mantenimento non va negato a nessuno, neppure al tuo peggior nemico, neppure a chi perisce sotto il filo della tua lama. Bene/Male, Giusto/Sbagliato, Onore/Disonore, è indifferente che nome assumano le sfumature, nel mondo di Ryuko rimarranno sempre bianche e nere.
Sarà evidente sin da subito la presenza di numerosi flashback che completeranno una narrazione altrimenti zoppa, andando a scolpire la psicologia dei personaggi descrivendone le burrascose vicende: guerre, omicidi, rapimenti, decapitazioni, tutti elementi che contribuiscono a creare una situazione in cui la forte donna Ryuko, sporca di sangue innocente e non, dovrà confrontarsi con rivali mafiosi di paesi che, durante svariati periodi di guerra, hanno avuto contatti diretti con la sua famiglia. Tuttavia, il metodo narrativo del flashback potrebbe risultare eccessivo e preponderante in un’opera che rischia di essere percepita come poco bilanciata.
Disegni e stile
Lo stile grafico risente di svariate influenze da mondi diametralmente opposti: è innegabile l’ispirazione grafica presa da Sin City di Frank Miller, dalla colorazione alle linee cinetiche durante le sequenza d’azione che e come ignorare l’incredibile ispirazione caratteriale e relazionale che intercorre tra Ryuko e le sue tirapiedi, “ricalcata” da quella di Gail con Miho e con tutte le ragazze della Città Vecchia? La seconda fonte d’ispirazione, che affiora soprattutto nell’osservazione nella figura della protagonista, è Go Nagai. Le fattezze e le espressioni di Ryuko richiamano incredibilmente Amon o, a seconda dei punti di vista, l’Arpia Silen, entrambi personaggi di Devilman, opera tra le più controverse del panorama Giapponese.
Ma le ispirazioni rimangono semplici citazioni se non si riesce a svilupparle in modo che acquisicano, autonomamente, una propria dignità: il tratto potrebbe essere descritto come Non Finito, con un’accezione negativa a differenza di come potrebbe essere etichettata un’opera con uno stile a metà che conta molto sull’utilizzo della matita o della penna nuda e cruda per rappresentare sequenze diverse tra di loro (Il Corvo di James O’Barr ad esempio). Nelle sequenze più statiche non si riscontrano grossi problemi a parte qualche anatomia non proprio precisa, il peggio lo si trova nelle sequenze d’azione: “confusionarie” non riesce nemmeno a descrivere l’incomprensione che esse trasmettono, creando dei vuoti narrativi che stordiscono il lettore che si troverà costretto a sfogliare in fretta pagine su pagine per evitare quell’effetto di stordimento che impedisce un giusto gradimento della storia. Tra le cose peggiori che possono succedere in un fumetto è un cattivo accostamento tra disegno e narrazione, a meno che non sia una precisa scelta dell’autore e, visto il tono serio, oscuro e verosimile presente in Ryuko, viene da supporre che l’ultima cosa che Yoshimizu volesse, fosse proprio il disordine ottenuto.
Altro problema, non da niente, è rappresentato dalle tempistiche di narrazione: la storia inizia con un flashback che approfondirà le vicende di un personaggio chiaramente secondario. Senza nemmeno dare il tempo di metabolizzare, viene poi subito spiattellato uno dei più grandi traumi della protagonista che più che ad approfondirne la psiche dovrebbe contribuire a consolidarne una già nota, col piccolo dettaglio che il lettore non ha ancora nemmeno avuto il tempo materiale di approfondire il personaggio di Ryuko, il che fa diventare i suoi drammi infantili fin troppo casuali. La costruzione di un personaggio deve iniziare dalle fondamenta, se nella costruzione si procede un po’ dalla base e un po’ dal tetto, se non si ha la giusta abilità, si rischia di creare una caratterizzazione che mira ad essere potente ma che risulta poco empatica e, a tratti, scialba.
In conclusione…
Ryuko è un manga godibile con una marea di spunti per diventare qualcosa di ben fatto ma che, per ora, non merita a parer mio, un posto sulla vostra libreria poiché manca di una storia effettivamente coinvolgente e di un disegno che non costituisce una ragione di spesa. Per ora rimane una lettura dimenticabile, sperando di ricredermi con gli sviluppi del prossimo volume!
Autore: | Eldo Yoshimizu (sceneggiatura) Eldo Yoshimizu (disegni) |
Editore: | BAO Publishing |
Genere: | Noir |
Prezzo: | 17.00€ |
Data: | 2017 |