The Sinking City – Recensione

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The Sinking City ha goduto, nel suo piccolo, di una campagna pubblicitaria magistrale, che ha saputo incuriosire molti fan dei videogiochi in generale, e di appassionati dei Miti di Cthulhu in particolare; uno degli ultimi trailer pubblicati richiedeva addirittura la risoluzione di un enigma, prima di poter essere visto. Nelle premesse, avrebbe dovuto essere il gioco lovercraftiano per eccellenza, tra indagini, conclusioni multiple, esplorazione urbana e subacquea e la sensazione di vivere la mitologia dei Grandi antichi come protagonista. Promesse mantenute?

La perfetta cornice

All’inizio di The Sinking City, Charles Reed, l’investigatore privato che impersoneremo, arriva nella città di Oakmont per indagare su un’ondata di follia che sta attraversando gli Stati Uniti, e che proprio ad Oakmont affonda le sue radici. Oakmont è una cittadina del Massachusetts che tra invasioni di mostri, alluvioni, razzismo, mafia e follia dilagante, non se la passa proprio bene, e considerando l’enorme margine di peggioramento, ciò a rende il perfetto palcoscenico per un disastro epocale.

Charles, anche se verrà immediatamente bollato come “straniero”, si troverà invischiato profondamente nella storia e nelle tradizioni della città che affonda. Reed stesso soffre delle allucinazioni sulle quali indaga, in più la presenza di un detective straniero attirerà le attenzioni di molte persone influenti di Oakmont, che cercheranno di sfruttarlo o ostacolarlo.

Un odio antico

The Sinking City si apre con un disclaimer che annuncia che il gioco è ambientato in un’epoca in cui i pregiudizi razziali influivano pesantemente sulla sociologia degli States, ed anche se mi aspettavo che tale ingiustizia fosse rivolta verso afroamericani e sudamericani, come nei racconti originali, quasi tutti i comportamenti discriminatori sono rivolti verso gli Innsmouther, uomini con tratti somatici “ittici”, profughi provenienti da Innsmouth, città che dovrebbe suonare familiare ai lettori di Lovecraft. Tra i molti problemi di Oakmont l’integrazione di questi stranieri è solo marginale, ma ben descritta; i locali rendono la vita difficile a dei profughi che si trovano costretti a delinquere per sopravvivere, rafforzando l’odio ed il pregiudizio, e così via all’infinito… non mancano neanche i politici che fanno leva su questo odio per assicurarsi il consenso degli elettori.

La strada della follia

The Sinking City è un gioco incentrato sull’investigazione, con elementi action/survival, a tema horror. Reed può sfruttare la maledizione che lo affligge a suo vantaggio durante le indagini. Alcuni oggetti raccolti sui luoghi dell’indagine gli daranno delle chiare visioni del passato, e con un numero sufficiente di prove squarceremo il velo che separa il presente dal passato, svelando la dinamica di alcuni eventi chiave.

Ma la pazzia non è tutta rose e fiori, ovviamente. Svelare alcune scioccanti rivelazioni, guardare troppo a lungo una delle orribili creature che infestano Oakmont o soffermarsi su un particolare inquietante, abbatteranno l’indicatore della salute mentale del povero Charles, provocandogli nuove allucinazioni (molto d’effetto nelle prime ore di gioco, poi ci si abitua), distorcendo lo schermo provocando al giocatore un accenno di motion sickness, o evocando mostri aggiuntivi.

La città che affonda

Lo stile di gioco che vi imporrà The Sinking City non è esattamente canonico. Nonostante la piena esplorabilità di Oakmont, non lo definirei un vero e proprio open world; al ricevimento di una qualsiasi missione, non comparirà il classico cursore che indica il posto in cui arrivare per procedere, ma vi verrà fornito solo un abbozzo di un indirizzo, senza numero civico (perché a Oakmont odiano i numeri civici, visto che rendono la vita più facile agli stranieri. Lore). Starà quindi a noi aprire la mappa, cercare via ed incrocio, segnare il punto e raggiungerlo. Non dimentichiamoci che Oakmont è in buona parte allagata, e spesso dovremo servirci di una barca per attraversarla. Oltre alle zone allagate, ce ne sono altre infestate dai mostri. A mio parere, più che un insieme di possibilità, Oakmont costituisce un vero e proprio ostacolo, un terreno di caccia, non un mondo aperto.

Guai all’inferno

Come capita spesso con produzioni piccole, i limiti di The Sinking City sono tutti nel comparto tecnico. La prima cosa che noterete è il chiasso che fa la console mentre il gioco gira: la mia Play 4 (non una Pro) per tutto il tempo mette le ventole al massimo, al punto di rendervi difficile giocare di notte, visto che il rumore coprirà il volume basso del televisore. Quando possibile, in alcuni ambienti piccoli, The Sinking City girerà a 60 fps, ma sarà una vera rarità, per il 90% del gioco raggiungeremo a stento i 30, con cali considerevoli con molti elementi a schermo. Le collisioni sono ridicole, spesso potremo colpire ed essere colpiti attraverso porte chiuse e muri, e la IA di tutti i nemici, mostri ed umani, è basilare. Non ci sono nemmeno tanti tipi di mostri, ed anche se vi sembreranno molto forti all’inizio, con l’acquisizione di armi più potenti le sequenze action non saranno più un problema, a patto di gestire bene le munizioni, i materiali e soprattutto la mira.

Anche le animazioni risultano legnose e poco realistiche, e nei filmati cinematici, l’unico vestito che vedremo addosso a Reed sarà quello base, anche se il gioco propone una buona varietà di vestiario, durante le sequenze giocate. I percorsi subacquei sono una delusione: movimenti lentissimi (anche perché Charles userà una tuta da palombaro), solo due armi, nessuna delle quali in grado di eliminare i potenti mostri marini, ma solo di rallentarli o distrarli, ed un buffo platforming senza salti, in cui sarà nostra premura evitare i numerosi geyser di aria calda, che a quanto pare possono danneggiarci attraverso il piombo della tuta.

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.