Una Battaglia Dopo l’Altra – Anderson Torna a Ruggire

Una Battaglia Dopo l'Altra
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Dopo tanto tempo sono finalmente tornato al cinema, e l’ho fatto in grande stile con Una Battaglia Dopo l’Altra, l’ultima fatica di Paul Thomas Anderson. Un filmone che mi ha letteralmente inchiodato alla poltrona dal primo all’ultimo minuto, un’esperienza che ti lascia svuotato e pieno allo stesso tempo. Ammetto di non aver letto il romanzo dal quale è tratto, ma dopo questa visione mi è venuta una voglia matta di recuperarlo. Chissà, magari nei prossimi mesi mi ci butto.

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La trama è sopra le righe, esagerata, quasi grottesca in certi momenti. Eppure riesce nella sua apparente “follia” a criticare e parodizzare con una precisione chirurgica il mondo nel quale stiamo vivendo. Soprattutto l’America e le sue mille, contraddittorie sfaccettature. Anderson non fa sconti a nessuno.

C’è quell’idea distorta dell’immigrazione che pervade una certa fetta di popolazione. Una fetta che vive nel suo mondo idilliaco, asettico, senza alcuna consapevolezza del mondo esterno o meglio, senza alcuna voglia di averla. La tipica famiglia americana bianca e ariana che persegue i propri ideali bigotti, quella che si pone ai vertici di un sistema piramidale immaginario e ammette nel proprio circoletto esclusivo solo alcuni membri selezionati, rigorosamente scelti. Il film ti sbatte in faccia questo marcio con una forza disarmante.

Inutile negare che c’è la satira verso l’attuale governo, verso i suoi militari e verso le metodologie di guerra sporche che vengono perpetrate in nome di chissà quale ideale di libertà. La critica è tanta, è tagliente come una lama affilata, e non lascia spazio a interpretazioni ambigue. Ed è stato tremendamente interessante vedere il Van Halen in azione, un elemento che aggiunge un ulteriore livello di lettura al tutto.

L’azione su schermo non manca quasi mai. Anderson ha costruito un ritmo serrato, quasi ossessivo, riuscendo sempre a creare quella tensione che ti tiene col fiato sospeso anche quando non succede nulla di apparentemente esplosivo. Ogni scena è stata girata con una maestria tecnica impressionante e con la capacità di dare allo spettatore esattamente il giusto, senza tralasciare mai niente ma senza nemmeno esagerare.

Dai primi piani claustrofobici all’azione più pura e viscerale, ogni singolo frammento sembra gridare la voglia di essere libero, di rompere le catene. Ho apprezzato particolarmente la scena dell’inseguimento con le auto – quella sequenza è puro cinema. Quel tipo di regia, abbinato alle strade infinite e desertiche degli Stati Uniti, ha reso perfettamente l’idea di tutto quel che c’è da vedere e da dire. È azione che parla, che comunica, non semplice spettacolo fine a se stesso.

Una Battaglia Dopo l'Altra

La fotografia poi è qualcosa di speciale. Autenticamente sporca a tratti, quasi documentaristica, a tratti tendente verso l’estetica del mondo western più classico, ma in ogni singolo frangente brilla di una certa autorevolezza che solo i grandi direttori della fotografia sanno imprimere sulla pellicola.

Leonardo DiCaprio è stato a dir poco grandioso. Non ci sono altre parole. Le sue emozioni, le paure, la rabbia sopita e la voglia disperata di una rivoluzione si leggevano in faccia per tutta la durata del film. Ogni sguardo, ogni esitazione, ogni esplosione di violenza contenuta – tutto era perfettamente calibrato. DiCaprio ha fatto quello che sa fare meglio: scomparire nel personaggio.

Sean Penn d’altro canto è stato magistralmente disgustoso. E lo dico come il più grande dei complimenti. Ha saputo dare vita a un personaggio che sembra essere uscito direttamente dai libri di storia, uno di quei mostri che pensi non possano esistere nella realtà e invece esistono, eccome. Gli mancavano solo i baffetti per completare il quadro. Una performance che ti lascia a disagio, che ti fa incazzare, ed è esattamente quello che doveva fare.

Anche Benicio del Toro ha dato vita a un personaggio tanto strambo quanto tremendamente interessante. C’è quella sua capacità unica di essere al contempo minaccioso e vulnerabile, di incarnare la contraddizione vivente.

Eppure, lei per me ha stravinto tutto. Ammetto che è la prima volta che vedo Chase Infiniti in un film, ma ragazz*… lei per me è stata credibilmente e incredibilmente brava. Il suo talento si vede, si sente, ti colpisce dritto allo stomaco. Ha una presenza scenica magnetica, una capacità di comunicare anche nel silenzio che è rara da trovare. Cavoli, spero davvero di vederla ancora in parecchi film perché ha quel qualcosa che non si può insegnare in nessuna scuola di recitazione.

Una Battaglia Dopo l'Altra

Devo anche ammettere d’aver detestato visceralmente il personaggio interpretato dalla bravissima Teyana Taylor. Proprio non mi andava giù, mi faceva salire un nervoso addosso. Fin dalle primissime battute c’era qualcosa in lei che mi provocava fastidio. Ma qui sta la vera bravura: era dannatamente vera e reale. Così reale che faceva male guardarla. E quando un attore riesce a farti provare emozioni così forti, anche negative, vuol dire che ha fatto un lavoro straordinario.

Una Battaglia Dopo l’Altra è il tipo di cinema che ti scuote, che non ti lascia tranquillo, che continua a ronzarti in testa anche giorni dopo la visione. Anderson ha confezionato un’opera ambiziosa, rabbiosa, imperfetta forse in alcuni passaggi ma tremendamente vitale. Un film necessario, in un momento storico in cui il cinema che osa, che prende posizione, sembra essere sempre più raro.

Se avete voglia di un’esperienza cinematografica vera, di quelle che ti ricordano perché ami andare al cinema, questo è il film che dovete vedere.

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