Wasteland 3 – Recensione

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Alcuni giochi nascono nel passato, muoiono per un po’ e poi rinascono con la stessa medesima potenza di prima. Pensate a quel grande capolavoro come Wasteland, nato come il predecessore di Fallout ha sempre goduto di una narrazione cruda, matura e violenta e cosi è stato anche per il suo sequel, che ha recensito il buon Michele. L’uscita del terzo capitolo sviluppato sempre da inXile Entertainment era arrivato in modo un po’ inatteso, ma molto piacevole.

Cambia il luogo in cui è ambientata la storia, cambiano un po’ tutti i personaggi e cambia sostanzialmente tutto all’interno di questa storia. Ciò che resta è un’immensa profondità narrativa e un gameplay molto simile al precedente. Tutti i punti di forza che rendono questo gioco perfetto per salutare l’attuale generazione di console in modo più profondo possibile.

La neve macchiata di sangue

Come ho detto prima, in Wasteland 3 abbandoneremo l’arido clima di Arizona per abbracciare quello opposto del Colorado. Un posto altrettanto inospitale e brutale che ci avvolgerà con il freddo pungente e la neve bianco, pronta a dipingersi con delle macchie rosse. Siamo come sempre dei personaggi senza un grande passate, ma con glorioso futuro.

Ci troviamo in colorato per una missione importante. Dovremo eseguire le volontà di un uomo chiamato il Patriarca e in questo modo garantire la sopravvivenza delle nostre colonie in Arizona. Ovviamente fin dall’inizio qualcosa va storto e il nostro convoglio viene attaccato da un gruppo di briganti mica male. Diventa chiaro fin dalle prime battute il tono con cui bisogna fare i conti.

Il Patriarca è un uomo tutto d’un pezzo. Il classico americano che in quelle situazioni governa con il pugno di ferro, uccidendo in modo brutale chi gli sta contro e non solo. Basta rubare un po’ di cibo per meritare una condanna a morte per assideramento davanti a una piazza piena di persone furiose, ma anche felici di vedere qualcuno morire. Finché le chiappe sono degli altri e la disperazione vive nell’aria, a nessuno gli frega niente della vita altrui.

In quest’ambiente dovremo decidere dove andare, come eseguire la missione e se effettivamente ci conviene farla. Si tratta di un GDR vecchia scuola scheggia denti e pertanto bisogna stare sempre pronti a fare delle scelte difficili senza alcuna paura o remore.

I dialoghi del gioco sono diretti, forti e strutturati in modo realistico e convincente. La lingua inglese potrebbe non aiutare alla comprensione del testo, ma è un piccolo problema che presto verrà risolto. A fine anno, infatti, dovremmo avere anche la lingua italiana per i testi del gioco. Intanto vi consiglio di giocarlo uguale, perché è il modo migliore per migliorare la vostra conoscenza e non restare indietro con qualcosa che oggi dovrebbe essere una normalità.

Il cadavere ancora caldo

Wasteland 3 non stravolge il gameplay del secondo capitolo, ma ne modifica i connotati, dandoci una prospettiva diversa della battaglia. I nostro turni dapprima si susseguivano con quelli dei nemici ed era un 1-1-1-1-1 come struttura. Con questo capitolo invece funziona in modo diverso la guerra. Durante il nostro turno verremmo chiamati a muovere tutte le nostre pedine senza nessun eccezione e poi si passerà il turno al nemico. Potremo comunque non muovere affatto alcuni personaggi per considerare i punti azione da utilizzare nel prossimo turno per fare più attacchi contemporaneamente oppure utilizzare ogni punto per nasconderci dietro a qualche riparo.

La scelta dell’azione è in mano nostra, ma bisogna calibrare e studiare bene ogni singolo personaggio e prevedere quelle che saranno le mosse dei nemici. Se da una parte quindi il lavoro viene facilitato, dall’altra parte ci troviamo davanti a un titolo mastodontico in cui anche le scelte durante la battaglia influiscono in modo sostanziale sul futuro del gioco. Il mio consiglio è quello di non correre, ma di elaborare una strategia, contare i proiettili e pensare alle armi che hanno i nemici. Allontanare i protagonisti in alcuni casi sarà necessario e in altri bisognerà stringere le linee.

Il gameplay oltre la battaglia si dirama in due parti. Da una parte abbiamo l’esplorazione del mondo di gioco a bordo di un veicolo corazzato. Un modo interessante per non farci stancare dei viaggi a piedi in territori distanti uno dall’altro. Dall’altra parte invece abbiamo davanti a noi la classica struttura esplorativa che abbiamo visto in Shadowrun, Baldur’s Gate, Pillars of Eternity e cosi via. Inutile dire che come sempre questa caratteristica funziona, ma che il pad si rivela essere un limite da superare. L’impossibilità del collegare il mouse e la tastiera saranno sempre un oscuro mistero per me.

Interessante è comunque la gestione dell’inventario, dei personaggio e dei perk. I perk sono simili a quelle viste in Fallout in questi anni, ma funzionano in modo diverso e più profondo. Aumentare un perk al massimo potrebbe precludere la possibilità di farlo anche con altri e ciò potrebbe ripercuotersi sul nostro personaggio e sulle future missioni. Ogni cosa va studiata, pensata e mai fatta a caso.

L’indifferenza verso il prossimo

Al livello grafico il gioco se la cava in modo eccezionale, ma senza sorprendere per davvero il giocatore. Cosa che comunque sicuramente non era nei pensieri degli sviluppatori. Unity Engine si è dimostrato ancora una volta un motore grafico eccellente e capace di grande dettaglio, come abbiamo visto ultimamente con Desperados 3.

La neve si presenta in modo maestoso e terribile, come un presagio di morte e disperazione. Si tratta proprio di una caratteristica che ci accompagnerà per tutta l’avventura. Avvicinando la camera però, diventa chiaro che il dettaglio grafico poteva essere migliore e più preciso. La struttura delle città, della mappa e dei livello ha però dell’incredibile e per me rappresenta un grande punto di forza.

Purtroppo a volte capitano dei glitch e bug grafici e non che rovinano l’esperienza. I rallentamenti sono presenti durante le battaglie e lo schieramento. Il tutto peggiora quando ci sono più personaggi sullo schermo e il fastidio è elevato. Anche i caricamenti tra una zona ed altra sono costanti e potevano essere sicuramente diminuiti e ridotti all’osso, soprattutto visto che non si tratta di un titolo spacca mascella. Altro problema è relativo i salvataggi. Consiglio sempre di salvare in modo completo qui, perché il rischio di ricominciare a qualche ora di distanza per il malfunzionamento degli autosalvataggi è parecchio elevato. Parlo per esperienza.

Il doppiaggio spesso e volentieri non è riuscito a convincermi e avrei apprezzato di più l’assenza di questo per molti dei dialoghi con i vari personaggi. Nonostante questo, a volte regala dei bei picchi qualitativi non indifferenti. La colonna sonora invece presenta dalla sua ottime musiche e alcuni brani personalmente vorrei ascoltarli anche all’interno del mio veicolo reale.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".