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Chi bazzica su questo blog sa che la serie Monster World mi piace un botto. Vi avevo parlato tempo fa del meraviglioso Wonder Boy: The Dragon’s Trap, che personalmente continuo a reputare il miglior capitolo della serie, nonostante l’uscita di nuovi remake della serie. Proprio in questo casto mi trovo a dare un voto non esattamente positivo a un titolo che attendevo comunque con impazienza di un amante del vintage, ma anche della modernità. Wonder Boy Asha in Monster World mi ha infatti convinto solo a metà ed è un peccato perché le premesse erano ottime e in realtà bastava osare un po’ e curare di più un gioco che risente una certa antichità.
La storia di Wonder Boy Asha in Monster World è ovviamente solamente un pretesto per andare avanti, come in praticamente tutti i giochi platform. Asha è una giovanissima fanciulla desiderosa di diventare una vera guerriera. Un Xena, ma più colorata. Per questo motivo intraprendere un lungo viaggio che la porterà a da un pericolo a un altro.
Arrivata all’interno di una grossa città, la regina ci affiderà il compito di affrontare quattro dungeon completamente diversi per liberare altrettanti spiriti elementali. Ovviamente inutile dire che si tratta di pretese fuori da ogni logica e che non si sposano minimamente con la narrazione più moderna. Non è però un problema perché il tono scanzonato risulta essere un perfetto mix per andare avanti senza grossi problemi.
Al livello del gameplay invece le cose iniziano a vacillare un po’. Se il Dragon’s Trap funzionava bene senza delle grosse modifiche alla giocabilità, lo stesso non lo possiamo dire di questo nuovo gioco. I movimenti soffrono di un’epoca che non ci appartiene più e di una legnosità che poco si spos con i giocatori giovani e desiderosi di un prodotto immediato e veloce. Ogni colpo della spada, ogni salto e ogni mossa finale è un vero e proprio ritorno al passato, in ogni senso.
Anche il level design non riesce a stupire come il precedente capitolo. È come se la pigrizia degli sviluppatori avesse giocato a dadi con il tempo di sviluppo veramente ridotto. Un peccato perché questo gioco poteva diventare dal semplice remake 1:1, qualcosa di più, offrendo forse un punto per saltare su un nuovo capitolo della serie.
A questo remake hanno collaborato le stesse menti creative del gioco originale ed era lecito aspettarsi questa linearità rispetto al primo. Forse, però, bisognava dare spazio alla novità, perché non sempre il vecchio regge nel 2021. Proseguire con quanto fatto con Monster Boy and the Cursed Kingdom era forse la scelta più saggia.
Graficamente ci troviamo davanti a un titolo che sfrutta il cel shading in modo molto cartoon. Questo ovviamente è un punto di merito, ma ancora una volta, con un limite. I personaggi sono fatti piuttosto bene ed è chiaro che il Pepelogoo doveva diventare una sorta di mascotte del gioco e in effetti aveva e ha tutte le carte in regola per diventarlo. Gli ambienti del gioco sono invece piuttosto spogli e meriterebbero di un lavoro maggiore e di più cura.
La piccola chicca è la possibilità di giocare alla versione originale del gioco. A differenza del precedente capitolo, stavolta abbiamo un gioco a parte con tante impostazioni da far perdere la testa. Questa è forse la parte più interessante di tutto il gioco.