Berserk and the Band of the Hawk – Recensione

Il manga di Berserk è universalmente riconosciuto come un cult del fumetto giapponese, con i suoi toni cupi, la storia sorprendente e i personaggi di una profondità unica. Con la sua influenza, sono nate diverse opere che hanno ottenuto una grande notorietà, come la serie di Dark Souls della From Software e ha creato una schiera di fan non indifferente. Nonostante ciò, il brand non vanta di adattamenti animati sufficienti.

Guts è un giovane mercenario che, nato da un cadavere, viene addestrato all’arte della guerra sin da piccolo dal suo padre adottivo Gambino. Alla morte del padre, Guts si ritroverà solitario in un campo di battaglia senza fine. Senza ormai un posto dove tornare, si imbatte in una milizia ben più che particolare, la squadra del Falco, capitanata da Griffith, un uomo talmente affascinante da non sembrare nemmeno di questo mondo…

Un gioco che si mantiene grazie al suo ritmo narrativo

Berserk and the Band of the Hawk è l’ennesimo hack ‘n’ slash in stile musou ispirato ad un prodotto già esistente e propenso a toccare i cuori degli appassionati. Con la sua classica meccanica da, appunto, musou, a prima vista il gioco potrebbe apparire come monotono, privo di qualsiasi fascino, ma questa volta lo studio Omega Force ha cercato di addolcire un po’ la pillola all’acquirente. In che modo? Semplicemente, cercando di realizzare un ritmo narrativo incalzante che riprendesse dalla storia di Berserk, cercando di essere il più fedeli possibili almeno alle pellicole cinematografiche.

Il gioco in sé, nelle sue prime ore di gioco, riesce ad intrattenere benissimo grazie alle scene tratte dai film che si amalgamano ottimamente con il gameplay, alternando in maniera molto piacevole le scene dove è il giocatore a combattere con quelle di puro dialogo fra i personaggi. Una gestione che regge fino alla fine della Golden Age, ovvero le parti adattate nelle tre pellicole, andandosi tuttavia a perdere nella fase post Eclisse. Andando per gradi, ciò che colpisce più di tutto è la realizzazione visiva, insolita per un musou tratto da un anime o da un manga ma decisamente al passo con i tempi. In primis, gli sprites dei personaggi sono curati alla perfezione, molto realistici e belli da vedere. Le animazioni durante i combattimenti riescono ad essere sufficientemente fluide grazie all’infelice scelta di limitare la distanza grazie ci è possibile vedere gli sprites. In pratica, i nemici ci appariranno mano a mano che ci incamminiamo per la mappa di gioco, ottenendo come risultato uno spawn piuttosto improvviso e decisamente anti immersivo.

Delle fondamenta belle, ma fragili

Raramente sarebbe un vero difetto di cui discutere, perché ai fini del puro diletto non è altro che una piccola macchiolina, ma il vero problema sta proprio nel punto forte del gioco: l’atmosfera. Fin da subito veniamo completamente sopraffatti dall’atmosfera di Berserk, trasportandoci nel suo mondo cupo e pieno di guerre. L’ottimo lavoro svolto nel rappresentare al meglio il design dei personaggi principali fa solo da sfondo alla realtà del gioco, che riesce a ricalcare l’impronta dell’opera originale senza alcun problema. Difatti, un buon punto a suo carico è il suo invogliare a rileggere il fumetto. Ciò è un grande successo, considerando l’entità del gioco. Un gioco che, nonostante la ripetitività, nella sua prima parte riesce tantissimo nei suoi obiettivi e diverte, senza cadere nel noioso o troppo monotono.

Se il giusto andare della narrazione ha aiutato a digerire il gameplay che, purtroppo, è identico ad ogni musou, nella seconda parte tutto questo va a sfumarsi in una story-line più raffazzonata. Non solo hanno deciso di saltare alcune fasi anche piuttosto importanti del manga, ma hanno semplificato molto un personaggio veramente facile da rendere, ovvero Puck e completamente stravolto altri. Il dottore di palazzo che desidera vendetta contro il Conte non sarà altro che un comunissimo paesano, anonimo e con tutt’altra funzionalità a livello di trama. Viene tolta l’importanza a quei dettagli che, all’epoca, avevano contraddistinto Berserk dalla massa. La saga di Lost Children è forse l’unica a poter essere giustificata, visto che un gioco dove si passa un livello intero a massacrare bambini potrebbe essere soggetto a numerose critiche, ma comunque ciò non spiega il motivo per il quale la storia sia stata stravolta così tanto. Come riempimento, sono state messe delle missioni prive di senso, non influenti per la trama e, per la prima volta, noiose. Uccidere migliaia di nemici, se non crei l’atmosfera giusta, risulta essere non più di un banale “premi il tasto in loop”. Poco importa quanto uno si diverta a vedere il sangue schizzargli sulle vesti, alla lunga stanca.

Berserk PS4

IA semplice e inefficace

Questo difetto è aggravato dall’estrema stupidità dell’IA dei nemici, che a causa della sua programmazione difficilmente offre una sfida (anche a livelli alti) e accentua ancor più la ripetitività del gioco. D’altro canto, i boss ad un certo punto iniziano ad essere veramente tosti, creando una sfida interessante a difficoltà elevate. La meccanica del cavallo, a differenza di altri musou come quello di Arslan Senki, è molto divertente da usare e, senza semplificare troppo il gameplay si rivela utile, seppur ci sia bisogno di imparare a controllarla. Un altro dei problemi del gioco sta infatti nella telecamera, che veramente fatica a seguire i movimenti del nostro protagonista e, nella sua limitatezza, spesso e volentieri toglie la possibilità di godersi la mappa di gioco, che soprattutto durante l’Eclisse è interessante da osservare.

Il sistema di crafting è una novità molto interessante, che aggiunge al musou una componente GDR da non sottovalutare: la possibilità di potenziare e fondere l’equipaggiamento per ottenerle versioni migliori, incoraggia il giocatore a cambiare stile di combattimento, creando una punta di role play in un gioco che altrimenti sarebbe stato troppo scialbo. Le musiche invece accompagnano bene il gioco, ma non riescono a distinguersi dalla massa e attingono molto dalla serie di film. Le modalità secondarie sono esclusivamente single player, ma l’Endless Eclipse offre una difficoltà non indifferente proseguendo al suo interno, premiando i più arditi con premi relativi al personaggio scelto. La presenza di diversi personaggi è penalizzata da un move-set spesso e volentieri poco soddisfacente, oltre che ripetitivo.

È un peccato che non abbiano saputo sfruttare meglio l’enorme mole di personaggi creati da Kentaro Miura. Il lento, seppur immersivo, passare della prima parte di gioco mi aveva fatto ben sperare sulla qualità di Berserk, ma con mio grande rammarico la seconda parte non è stata assolutamente all’altezza, togliendo molto dell’entusiasmo iniziale. Tuttavia, la longevità del gioco e il suo indurti a riprendere in mano il fumetto danno una certa importanza a questo media, capace di riaccendere la fiamma di una passione che, con il tempo, stava spegnendosi.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]In parole povere, tanto potenziale sprecato. Le grandi aspettative prima dell’uscita del gioco e, soprattutto, durante le prime fasi di gameplay sono state rovinate da un continuo assolutamente non brillante, che ha suscitato l’unica cosa che rovina questo genere: la noia. Graficamente non è niente male, ma l’IA è assolutamente da migliorare. L’acquisto di Berserk and the Band of the Hawk è un must per gli amanti della saga e, ovviamente, agli amanti del genere, mentre per gli estranei ci sentiamo di consigliare di recuperare prima l’opera di Miura, che certamente rende molto di più.[/stextbox]

Sull'autore

Gabriele Gemignani

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