Torment: Tides of Numenera – Recensione

All’annuncio che un gioco come Torment: Tides of Numenera sarebbe arrivato anche su console abbiamo fatto un balzo di gioia. Parliamo di un GDR nel vero senso del termine, con dietro il lavoro di un colosso dei giochi di ruolo cartacei come Monte Cook, e francamente ci saremmo aspettati la classica esclusiva PC. Abbiamo gustato su Xbox One questa promessa, figlia di una fortunata campagna Kickstarter che è riuscita a raccogliere il quadruplo della somma richiesta. È il capolavoro che ci si aspetterebbe?

Poco più che un involucro

In Torment: Tides of Numenera interpretiamo il Last Castoff, un guscio di carne e ossa di fattezze umane, usato ed abbandonato da una divinità in grado di scampare alla morte impersonando varie forme, chiamato per l’appunto Changing God, il Dio Cangiante. Abbandonati al nostro destino dal nostro dio/padre/creatore intraprenderemo letteralmente un viaggio nella nostra mente, durante il quale rivivremo scene di un passato che non è neanche il nostro.

Similmente al test G.O.A.T. di Fallout 3, questo viaggio a risposte multiple servirà ad aiutarci a definire il nostro personaggio, scegliendo per noi una delle tre classi, le abilità e le capacità speciali. Potremo comunque correggere il nostro destino nella schermata riepilogativa finale, ed oltre al sesso, sarà l’unico modo in cui potremo personalizzare il personaggio. Pessima scelta a nostro parere, visto che nei GDR l’immedesimazione col personaggio è un fattore importante, e la sua creazione è il primo passo per farlo sentire davvero nostro. Non stiamo giocando un personaggio ben definito come Batman o Geralt Di Rivia, ma un’entità che fino a poco prima era un guscio vuoto, guscio che noi dovremmo riempire.

Impegno e correnti

Le meccaniche di gioco originali di Torment: Tides of Numenera sono estremamente interessanti. A seconda della nostra classe, versioni alternative delle classiche tre Guerriero, Ladro e Mago (qui rinominate rispettivamente Glaive, Jack e Nano) avremo una riserva più o meno importante di punti Forza, Velocità e Intelletto. Tali punti, rigenerabili dormendo o con l’utilizzo di consumabili, serviranno ad aumentare le nostre probabilità di successo per qualunque situazione che abbia una minima possibilità di fallimento.

Una prova di forza ad esempio può essere usata per colpire un nemico, scalare una parete, spostare un oggetto pesante e così via, mentre per convincere un NPC a fidarsi di noi, o per ricordare perché un certo macchinario ci sembra così familiare dovremo ovviamente impegnarci con l’intelletto. Anche se talvolta dal fallimento di un tentativo gli sviluppi non saranno del tutto negativi, il sistema di quicksave e quickload ci permetterà facilmente di “barare” facendoci ottenere successi facili, se siamo il tipo di giocatore che non si fa scrupoli ad usare tali mezzi, vanificando in qualche modo un bel sistema di level design.

Altra meccanica estremamente interessante è quella delle Tides, le correnti caratteriali del nostro personaggio, come il bisogno di aiutare gli altri, di ricercare la conoscenza o di inseguire le nostre passioni. A seconda delle nostre scelte, queste correnti, associate ognuna ad uno di cinque colori, guadagneranno o perderanno punti. Questi punteggi invisibili influenzeranno passivamente il modo in cui il mondo ci vede, e come gli NPC si comporteranno con il Last Castoff.

Svantaggio tattico

Il sistema di combattimento di Torment è molto simile a quello del classico Dungeons and Dragons. Ad ogni turno, durante le crisi, ovvero i combattimenti, avremo a disposizione un’azione standard ed un’azione di movimento. Azione di movimento non vuol dire necessariamente spostarsi sulla mappa, visto che per utilizzare molti oggetti ed abilità dovremo “spendere” tale tipo di azione, mentre le azioni standard, servono principalmente per i vari tipi di attacco, anche se possono essere convertite in una seconda azione di movimento. Potremo anche spendere i nostri punti di impegno per colpire più efficacemente e più forte, una delle poche situazioni in cui è utile avere un Glaive in squadra.

Nonostante la cura per queste sequenze di combattimento, gli scontri fisici di Torment saranno rari, e quasi sempre da evitare, vista la soverchiante potenza dei nemici, potenza che dipende anche dal loro numero. Anche i membri del nostro party non saranno tantissimi, e sarà facile perdere la loro fiducia, visto che ognuno di essi segue i propri obiettivi ed un proprio codice morale, ponendoci limiti alla formazione di un party bilanciato, limiti sensati, ma pur sempre limiti.

Un libro-game?

Chi vi scrive è un grande appassionato di Dungeons & Dragons, che ha guidato molte giocate come Dungeon Master. A chi non ha confidenza con i GDR cartacei, basti sapere che il Master guida gli altri giocatori interpretando il mondo immaginario all’interno del quale esistono i loro personaggi, gestendo nemici, personaggi non giocanti, e costruendo il mondo intorno a loro.

Monte Cook, l’uomo di punta dietro lo sviluppo di Torment, è uno dei creatori del set di regole di D&D, e quindi sa meglio di tutti cosa è un master e come andrebbero presentati gli enigmi ai giocatori. Ed allora perché diavolo presentare enigmi basati su forme e colori senza uno straccio di supporto grafico, semplicemente descrivendoli? Esempio lampante è un enigma in cui dovremo manipolare una piramide di cristallo con all’interno una sfera che cambia colore a seconda del lato della piramide che tocca: scopo della mini quest è far diventare tale sfera dei sette colori dell’arcobaleno, in ordine. Con che stomaco si può pensare di proporre ai giocatori un enigma del genere senza supporto grafico, ma con linee di testo?

Un qualsiasi Master di D&D con poca esperienza, se costretto a proporre un simile enigma al suo gruppo di amici, proverebbe a dargli un minimo di rappresentazione grafica, con un disegno, una rappresentazione 3D al PC, un Power Point o addirittura con un origami e delle biglie. Nessuno del team di sviluppo ha pensato al significato di “video” in Videogame? Questa filosofia ci ha mandato semplicemente ai matti, a parte i personaggi, ambienti e poche animazioni abbiamo il nulla grafico. I flashback sono semplici muri di testo, talvolta accompagnati da immagini statiche, quasi di sfondo, ed intere sequenze d’azione sono solo descritte. Il risultato è semplicemente insoddisfacente, una vera delusione.

Promesse mancate

A 20 giorni dall’uscita, viene annunciato al mondo che, vista la scarsità di supporto economico versata dai sostenitori italiani su Kickstarter, e viste le spese enormi che comporterebbe una localizzazione in italiano, Torment non avrebbe avuto una localizzazione nella nostra lingua, nonostante fosse stato promesso il contrario. Lasciateci dire che nulla giustifica una scelta del genere, specie per un progetto che ha richiesto 900 mila dollari ed ha ottenuto 4 milioni.

Torment è letteralmente ingiocabile, se non nella nostra lingua madre. I testi sono scritti in un inglese forbitissimo che mischia dettagli insignificanti ad informazioni vitali. Un gioco da più di un milione di vocaboli richiede un certo sforzo anche per un buon lettore madrelingua; giocare a Torment è un’esperienza simile a leggere un libro di Tolkien in inglese. Se pensate di essere in grado, accomodatevi, siamo felici per voi, in caso contrario, evitatelo come la peste. Ulteriore schiaffo ai fan italiani, è vedere che il gioco è stato tradotto anche in vari idiomi minori: oltre agli onnipresenti inglese e russo, troviamo il polacco (lingua del publisher) spagnolo, francese e tedesco.

Forse il problema principale di Torment è la troppa libertà concessa ai suoi sviluppatori. Molte delle scelte sbagliate, come quella di usare un linguaggio così ricercato, di infilare muri di testo ovunque e di dare così poca importanza al fattore “visivo” dell’opera sarebbero state certamente smussate dalla tirannia di una casa produttrice che decide come devi usare i soldi a disposizione. È l’esatto contrario di Metal Gear Solid V, in cui tutte le delusioni sono figlie dei limiti che la Konami ha imposto al suo sviluppatore di punta. Caricamenti frequenti e cali di frame rate rendono il tutto ancora meno digeribile.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Dare un voto a Torment: Tides of Numenera non è facile. Certo, è un bel gioco, curato in modo fin troppo maniacale, con una storia ed una narrazione unica, ma resta comunque un prodotto di nicchia, destinato allo zoccolo duro dei fan di un tipo di GDR molto ricercato, e che richiede molta dedizione al giocatore, per giunta con una serie di difetti anche gravi a livello di game design. Sotto tutti i punti di vista il prodotto è comunque inferiore al suo cugino Pillars of Eternity. Se poi non padroneggiate alla perfezione una delle molte lingue supportate, fatevi un favore e passate avanti, per voi questo gioco vale zero. Il 6.5 che nonostante tutto abbiamo deciso di assegnargli rispecchia ognuno di questi aspetti e problematiche, anche tenendo conto che siamo una testata italiana che si rivolge ad un pubblico che di fatto è stato tagliato fuori a causa dell’enorme barriera linguistica che, a torto o a ragione, gli sviluppatori non hanno deciso di abbattere. Speriamo comunque di vedere giochi simili in futuro su console, magari con qualche accortezza in più.[/stextbox]

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Redazione