Blue in Green – Recensione – Il vero jazz in un fumetto

Quando vidi per la prima volta la copertina di Blue in Green, ero già conscio di trovarmi al cospetto di una graphic novel che mi sarebbe piaciuta. Ciò che non avevo capito era quanto mi sarebbe piaciuto e quanto mi avrebbe colpito. Mai avrei immaginato la forza con la quale avrebbe sventrato il mio animo, rimettendolo in sesto solo a fine lettura. Da amante della musica Jazz, mi ero reso conto che sarebbe stato un viaggio nel mondo tormentato della musica e dei suoi protagonisti. Un biglietto di sola andata tra cocci di vita e germogli di morte. Blue in Green di Ram V, Anand RK, John Pearson, Aditya Bidikar e Tom Muller è forse il miglior graphic novel drammatico del 2023, ma è sicuramente il migliore forse in assoluto sulla musica. Ovviamente è ancora un vero coronamento di Ram V a grande narratore a tutto tondo, un drammaturgo e psicologo dell’animo umano.

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Ho letto questo volume lentamente, prendendo il tempo necessario per elaborare e metabolizzare la storia e la sua parte artistica. Nel farlo ho utilizzato proprio la musica Jazz come unico accompagnamento, passando da Miles Davis, Chet Baker, Ryu Fukui, Thelonius Monk, Charles Mingus e tanti altri. In fin dei conti a Miles Davis dobbiamo il meraviglioso album Kind of Blue, che a sua volta contiene il brano Blue in Green, suonato insieme a John Coltrane. Un brano che conquistò immediatamente l’amore del pubblico, della critica e forse anche delle forze sovrannaturali, senza scomodare Bitches Brew. Un brano intriso di malinconia, di dolcezza e di amore, quello vero e puro. L’amore che si prova una volta sola in tutta la vita e che ha trascinato più di una persona in un baratro buio e senza fondo.

Alla fine di questa recensione troverete una lista di brani che vi consiglio di ascoltare durante la lettura di questo fumetto. Leggetelo lentamente, prendendo il vostro tempo, riflettendo, ascoltando e assaporando ogni tavola, ogni vignetta, ogni frase.

“Quando non sai cos’è allora è JAZZ.”

La vita di Erik Dieter è noiosa. Un sassofonista di poco successo che decide di insegnare la musica è forse una persona che desidera la tranquillità, ma che allo stesso tempo ha perduto la sua antica grinta, quella che ha fatto andare avanti un Coltrane o Nina Simone o un qualsiasi grande jazzista. Il suo è un talento spento, lasciato a riposare per troppi anni su di una nota troppo bassa. Perfino i suoi alunni si rivelano essere più ambiziosi del fiacco e lento Erik. Poi una telefonata improvvisa rompe il castello di cristallo nel quale si è rintanato, gettandolo davanti a una nuova realtà.

Sua madre è morta ed Erik deve assistere al funerale e sbrigare diversi problemi. Ed è in questo groviglio di emozioni, di sensazioni e di ricordi che Erik si troverà ad affrontare i demoni del suo passato e del presente. Quelle creature invisibili che tengono a bada i suoi pensieri e lo guidano verso una lenta, ma inesorabile autodistruzione.

A un certo punto, la storia prende una strada surreale, quasi come un incubo a occhi aperti. Eppure in tutto ciò, il jazz è onnipresente. In ogni vignetta si respira l’aria di un malinconico quadro pregno di realismo che ha accompagnato tantissimi musicisti, portandoli sul baratro dell’autodistruzione.

In quest’avventura Ram V ha dimostrato di essere un autore capace di raccontare tutto. La sua sensibilità tocca le giuste corde emotiva, le strappa e le ricuce in un modo diverso. Non sbagliato, ma diverso. Un vero e proprio modo di vedere il mondo, la vita, l’amore e sentirsi maledetti. Sentirsi inferiori dinanzi al fato, dinanzi a quel drago invisibile che preme sulle spalle senza pietà, senza sosta, sussurrando cose orribili all’orecchio.

In questo campo la sceneggiatura appare perfetta. Una storia nuda e cruda sull’umanità, sui legami e sul passato. Il peso dell’essere figli e la poca consapevolezza di avere bisogno d’aiuto. Questa storia è un vero omaggio al Jazz, al suo dramma, ma anche al calore che emana ogni volta che qualcuno lo suona. I dialoghi rappresentano un punto importante, ma a conquistarmi fin dalle primissime battute è stata l’ottima narrazione in prima persona. In quei momenti sembra di sentire la voce di Erik, che narra una vicenda di cui conosce già il finale, ma vuole lasciarlo sospeso per noi. Come la nota finale di un brano, che non permette di vedere nulla oltre la coltre del suono.

Se lo stile narrativo colpisce forte, il lato artistico curato da Anand RK risulta essere superlativo. Il tratto veloce, violento, vivo, rende sempre l’idea di quel che accade sulle pagine, donando un’aria quasi onirica a tutta l’opera. Non si tratta di una rincorsa al realismo, né tantomeno al surrealismo. Si tratta piuttosto di bozze, dannatamente dettagliate e dannatamente ben realizzate che spingono verso l’inverosimile la pathos e l’attenzione al dettaglio umano. Senza troppi dettagli su carta difatti, Anand riesce a dipingere un quadro in cui tutto ha un senso, in cui ogni emozione esce allo scoperto, divora e viene divorata a sua volta. Un vorticoso girotondo di eventi che non lascia scampo alcuno.

Parlare di Blue in Green senza nominare l’enorme lavoro fatto da John Pearson sarebbe piuttosto disonesto a mio avviso. La cura con cui ha scelto i colori, giocando con le tonalità più oscure e intime è sbalorditiva. Si sente tutto il cambiamento emotivo di una vita passata a fare un lavoro tranquillo alla morte e al freddo che emana. L’arte di Van Gogh parlava per colori, mostrandoci l’animo del pittore e il suo trascorso. Ecco, a mio avviso è possibile percepire la stessa medesima sensazione anche in questo fumetto.

L’edizione infine vanta una copertina rigida, che come sapete adoro perché dà un valore aggiunto all’opera, rendendola quasi da collezione. Ottima la grammatura delle pagine e la lucentezza dei fogli, che permette di ammirare al meglio l’opera in questione. Anche l’Art Gallery posta alla fine è un regalo piuttosto gradito dal sottoscritto. Sapete, bisogna attirare il lettore con tanti piccoli dettagli che denotano la cura e l’amore verso l’opera e in questo i ragazz* di Edizioni BD sono bravissim*.

Playlist:

1) Blue in Green – Miles Davis, John Coltrane, Bill Evans

2) Before It’s Time to say Goodbye – Kenny Garrett

3) ‘Round Midnight – Thelonius Monk

4) In A Sentimental Mood – Duke Ellington, John Coltrane

5) John McLaughlin – Miles Davis, Wayne Shorter, Bennie Maupin, John McLaughlin, Chick Corea, Joe Zawinul, Dave Holland, Harvey Brooks

6) Ornithology – Charlie Parker

7) Freedom – Charles Mingus

8) Cantaloupe Island – Herbie Hancock

9) There Will Never Be Another You – Lester Young, Oscar Peterson Trio

Blue in Green

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un giovane appassionato del mondo videoludico e di tutto ciò che lo circonda. Cresciuto con i videogiochi e libri tra le mani ha deciso di unire la sua passione per la scrittura con quella per i videogiochi ed ecco perché si trova qui.