Call of Duty: Infinite Warfare – Recensione

L’autunno videoludico di solito vuol dire un incremento di proiettili virtuali e di guerre online in quanto si tratta del solito periodo in cui tutte le maggiori software house mostrano i muscoli massicci con le loro IP belliche. Quest’anno più che mai a scontrarsi sono tre titoli usciti con una cadenza forse un po’ troppo ravvicinata, ma questo non è esattamente il luogo adatto per parlarne. Activision, per contrastare i sempre più micidiali Battlefield di Electronic Arts (che quest’anno ha dalla sua anche Titanfall 2) ha optato per un nuovo capitolo della sua saga più importante, Call of Duty. Un capitolo di cui tutti erano a conoscenza e che fin da subito ha subìto l’odio dei detrattori via web, ma cosa ci ha lasciato questo Call of Duty: Infinite Warfare? Meritava la candela oppure era tutto fumo e niente arrosto? Beh diciamo che dalla nostra ha molto da dire, davvero tanto.

Mars Eternum

Era un po’ chiaro a tutti che Activision non avrebbe abbandonato le basi della guerra futuristica a fronte di quella storica od odierna. Non ce n’era bisogno infondo. Le storie bene o male funzionavano sempre adeguatamente e cosi anche la giocabilità, che migliorava di capitolo in capitolo. Cosi quest’anno la storia del nuovo capitolo, Call of Duty: Infinite Warfare, è caduta nelle mani di Brian Bloom. La sua fama nell’ambito dello spettacolo è nota ai più grazie ai film come A-Team, i vari film d’animazione con i supereroi e tantissimi videogiochi. Egli ha anche donato la voce e il volto al protagonista della nostra storia, Nick Reyes.

Call of Duty: Infinite WarfareLa storia del gioco inizia in un modo che sicuramente non piacerà agli amanti del genere bellico in quanto le basi della struttura saranno piuttosto povere. Gli umani, in un futuro remoto, si espanderanno attraverso tutto il sistema solare, ma gli abitanti del pianeta Marte si prepareranno per una dura battaglia per la supremazia. Le prime sequenze le giocheremo con un personaggio che morirà entro pochi minuti, facendoci capire di guardare una semplice registrazione. Durante la registrazione vedremo quello che sarà il nemico più imponente del gioco, l’ammiraglio Salen Kotch, interpretato da Kit Harington (la star di Game of Thrones). Dopo un attacco diretto sul pianeta terra compiuto dall’interno, verremo a combattere a bordo della nave spaziale Retribution con i marine e la nostra divisione SCAR (Special Combat Air Recon).

Il titolo ci presenta a questo punto alcune delle potenzialità del gioco, le battaglie spaziali. Apprezzate fin dal primo momento dai più, queste sono sicuramente spettacolari, con o senza i Jackal (una sorta di F-35 Raptor futuristici capaci di volare nello spazio). Non saranno però molti momenti in cui potremo utilizzare tale feature, almeno non nelle missioni primarie. Perché dopo qualche missione avremo a disposizione l’intero quadrante dei pianeti e potremo decidere liberamente se affrontare una missione principale o cercare di attaccare un incrociatore o cacciatorpediniere spaziale nemico ed eliminare uno dei ricercati. Questo permetterà alla campagna di aumentare di longevità e ai giocatori di sfruttare più a lungo le battaglie spaziali. Anche perché la storia ha una durata media di 8 ore circa, ma diventa più grande se si scegliere una modalità difficile. La narrazione dopo i primi momenti molto indecisi è un susseguirsi verticale di eventi più o meno emozionanti. Vi diciamo subito che se da un lato questa è la stessa linea di tanti altri episodi, si tratta pur sempre dello stesso e medesimo genere. Non serve una mente acutissima per accorgersi che un genere narrativo come quello militaristico non ha sbocchi narrativi immensi, non aspettatevi un gioco di ruolo, sarebbe inopportuno.

La vera chicca arriverà proprio dopo la fine del gioco e lo sblocco della difficoltà “Specialista”. Cosa cambia questa? Tutta la percezione della partita. Indossato il classico casco avremo a disposizione una totale diagnostica del nostro corpo e sapremo dove ci stanno colpendo i nemici. I colpi poi faranno il resto in quanto una ferita alla gamba ci renderà più lenti e quindi soggetti alla morte, un braccio fuori uso significa avere una mira poco stabile. Anche il casco potrà rompersi e porre fine alla nostra vita, mentre la salute non si rigenererà da sola, ma si avrà bisogno di siringhe (proprio come nei giochi old school). Questo comporta ad avere una partita più tattica, con i colpi calibrati e precisi. One shot, one kill, no? Avremo poi la modalità difficile in un una morte significa il game over totale, per i più esperti.

Tango down

La campagna avrà insomma i suoi piccoli problemi iniziali, ma si tratta di un’ottima narrazione che diverte ed emoziona ed è servito del coraggio per spingersi oltre l’atmosfera terrestre. Al livello del gameplay ci troviamo però davanti al fedele successore di Black Ops III (e chiaramente Advanced Warfare). I ragazzi di Infinity Ward hanno spremuto fino all’osso tutte le potenzialità di quelle movenze sulle pareti e i doppi salti grazie al jetpack. La fluidità dei movimenti stavolta crea parecchia sintonia con il personaggio ed eseguire ogni movenza non è solo facile, ma addirittura confortevole.

Il feeling con le armi si fa sentire sempre, anche se sul versante del loro design si poteva osare di più. In un ambiente cosi futuristico dispiace un po’ avere le solite armi odierne e non è difficile capire che un FHR-40 altri non è che il famoso FN-P90, un Volk è un semplice AK 74 u (nemmeno le versioni dalla 100 in su in quanto poco riconoscibili dalle masse). Si tratta di un punto che probabilmente qualcuno non noterà nemmeno, ma è pur sempre una paura di osare. La loro potenza è però micidiale. Le armi sono fatte per tutti i gusti e hanno una potenza che varia in base alla tipologia. Le armi a energia serviranno per abbattere più facilmente i robot, mentre quelle normali saranno perfette per gli umani. Avremo poi a disposizione scudi e moduli per violare i robot nemici e usarli come delle armi sul campo. Da menzionare i combattimenti contro i mech, che daranno più di una soddisfazione grazie alla difficoltà necessaria per abbatterli.

Dal punto di vista del level design non abbiamo però molto da stare allegri. I livelli saranno come sempre dei lunghi corridoi in cui ci sposteremo senza indugio, sempre avanti. Questo talvolta è giustificato dal fatto che ci troviamo all’interno delle navicelle, ma avrebbe fatto piacere ritrovarci nella città molto più libera e poter acchiappare il nemico non passando per dei corridoi che non useremo mai nella vita reale, ma sui tetti e attraverso le vie secondarie. Questo limita anche le strategie da attuare e le armi da utilizzare. Noi, da amanti dei fucili da precisione ci siamo trovati a utilizzare le suddette armi poche volte durante la partita. Nello spazio poi le regole cambiano e con il nostro Jackal sarà un piacere andare a dare la caccia ai ricercati e alle navi nemiche. Facendo le missioni secondarie sbloccheremo poi delle nuove armi per l’aereo, che ci daranno una maggior potenza di fuoco.

Escono dalle fottute pareti!

Come sempre, un punto di grande attesa è la modalità zombie. In Call of Duty: Infinite Warfare ci ritroveremo a Spaceland, immersi negli anni 80. Come ciliegina sulla torta, a parlare con noi attraverso il microfono sarà l’attore simbolo degli anni 80, David Hasselhoff, che abbiamo imparato a conoscere per Baywatch e Knight Rider. I protagonisti dovranno cercare di uscire da Spaceland e per farlo servirà la cosiddetta Soul Key, ma nel mentre le ondate di morti viventi saranno pronti a maciullare la loro carne, facendoli precipitare all’interno della sala giochi. In questa potremo provare alcuni giochi e guadagnare i ticket per tornare nella partita. Si tratta di una bella modalità, ma forse un po’ troppo dispersiva e se non si ha dei compagni che vogliono collaborare, si finisce per dividersi e perdere miseramente.

Call of Duty: Infinite Warfare

Ma quanti nemici!

Il cuore pulsante di ogni Call of Duty è la sua modalità online. Rodata fino all’osso e funzionale a dovere, questa rappresenta uno zoccolo duro non solo nel mondo degli FPS, ma anche degli esport. Possiamo infatti ricondurre l’esport shooteristico piuttosto facilmente a due titoli: Call of Duty e Counter Strike. Entrambi i giochi condividono dei punti in comune: la frenesia, le mappe piccole, ma elaborate.

Stavolta non avremo i specialisti (visti nei precedenti due capitoli), ma i Kit da battaglia, anche se in sostanza è la stessa identica cosa. Ogni Kit da Battaglia è una tuta con dei perk precisi e specifici che serviranno per mietere ulteriori vittime. Le classi sono come sempre divise in base alle nostre necessità sul campo di battaglia, ma durante la partita non ci sarà mai un equilibrio delle classi, quanto un calderone di “tutti con il più figo”. Tra le vere novità troviamo forse solo Scorestreak e le Missioni di Squadra, che ci serviranno per livellare più velocemente con il nostro team. Scegliendo quattro missioni all’inizio della partita, con il team potremo portarle a compimento e salire molto più velocemente di livello. Purtroppo in questa modalità non abbiamo visto uno stralcio delle battaglie spaziali, ma probabilmente le vedremo successivamente con i vari DLC.

Fisso a 60 all’ora

Al livello grafico Call of Duty: Infinite Warfare ci mostra due facce della stessa medaglia. Da una parte abbiamo degli effetti particellari davvero di grande impatto, dei volti realistici e ben realizzati, ma dall’altra ci troviamo davanti ad alcune texture troppo sgranate (quelle degli oggetti secondari, che però comunque vedremo più volte nel corso della partita) e i filmati d’intermezzo. Proprio durante i filmati, la qualità scema all’improvviso e ci mostra qualcosa di molto vicino alla versione piratata in bassa qualità di un film. Questo distacco tra il filmato e il gioco crea un effetto un po’ scioccante ed davvero incomprensibile, anche perché durante i filmati alcuni punti scattano leggermente. Tutto cambia però quando prendiamo in mano un fucile e ci troviamo davanti ai 60 fps fissi, senza un momento di tentennamento. Le luci del gioco funzionano abbastanza bene, anche se talvolta i nemici sembrano possedere delle abilità particolari per vederci nel buio più profondo.

Al livello sonoro il gioco non esplode, ma nemmeno delude. Abbiamo dei suoni di spari e dei motori che sembrano un mix tra il futuro e il presente e una colonna sonora molto evocativa, ma abbastanza classica. Il doppiaggio dal canto suo non stupisce, ma non delude. I doppiatori sono tutti dei volti noti nel loro ramo e alcune scene sono rese molto credibili, anche se il robot Ethan sembra essere molto fastidioso.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Call of Duty: Infinite Warfare è il nuovo sparatutto sviluppato dai ragazzi di Infinity Ward, un team che nel tempo ha acquisito una grande fama grazie alla sua serie “Modern Warfare”.  La storia ci porterà questa volta direttamente nel futuro e nello spazio, oltre l’orbita terrestre. La storia regge benissimo per tutta la durata del titolo, tranne un’inizio forse poco elaborato. Il gameplay è ormai quello rodatissimo di Black Ops III e funziona a meraviglia, nonostante un level design piuttosto limitato e povero. Tornano poi le solite modalità Zombie e multigiocatore che purtroppo però non hanno le battaglie spaziali che tanto abbiamo aspettato.

Il nuovo sparatutto targato Activision è quindi sì, non privo di difetti, ma resta sempre un ottimo gioco per passare il tempo a suon di proiettili.[/stextbox]

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un giovane appassionato del mondo videoludico e di tutto ciò che lo circonda. Cresciuto con i videogiochi e libri tra le mani ha deciso di unire la sua passione per la scrittura con quella per i videogiochi ed ecco perché si trova qui.