Dylan Dog #381: Tripofobia – Recensione

Dylan Dog #381: Tripofobia
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A volte ci penso prima di scrivere una recensione. Cioè, ci penso sempre, questo è ovvio, ma a volte penso se scrivere o meno una recensione. Magari la volontà arriva a fine del mese sbagliato, quando il volume è già in vendita, come in questo caso. Però era dura la decisione che mi ha portato qui. E non parlo solo di scrittura, ma anche la lettura. Dylan Dog #381: Tripofobia è un albo che non credevo di poter leggere e in effetti per “godermelo” dovetti ricorrere a parecchia pazienza e tempo speso nel convincermi a farlo. Ovviamente non c’era alcun caduta tale da da creare un pericolo per me stesso, ma piuttosto una costante sensazione di disagio. Questo però è un vero e proprio pregio dell’albo e non un suo difetto.

Gli antichi

Tripofobia è un albo tipicamente dylaniano, questo va detto fin da subito. Si tratta di una storia in cui vediamo la rappresentazione delle antiche divinità che noi lettori sappiamo bene provenire dal pantheon lovecraftiano. Troviamo un VJ di nome David Stephenson, che per molti è già una vera e propria icona della musica. Ogni suo spettacolo racchiude un po’ di pura magia ed egli cerca di lavorare non solo con i suoni, ma anche con le immagini.

Fatto sta che la nuova fiamma di Dylan va al concerto di David insieme al protagonista e una sua amica, ma è costretta ad andare via troppo presto per colpa della sua malattia, la Tripofobia. Un disturbo che per ora gli scienziati hanno difficoltà a spiegare che rendere molto difficile la visione di alcuni particolari pattern che sembrano dei buchi. Un disgusto incontrollato che potrebbe derivare da diversi motivi. Fatto sta che questo piccolo inizio sarà qualcosa di molto grande in realtà e quella che potrebbe essere una paura infondata si rivelerà un pericolo reale e tangibile.

Il risveglio

Come ho detto nel paragrafo precedente, la struttura di questo Dylan Dog è quella classica che troviamo in tantissimi altri casi in cui l’indagatore rincorre un pericolo tangibile e reale, ma senza capirne molto. Da questo punto di vista Giovanni Eccher ha giocato molto bene con la caratterizzazione dei personaggi e con la stessa descrizione degli eventi che andremo a leggere nella storia. Giovanni gestisce bene i tempi e sopratutto le emozioni tra i vari personaggi, anche con la polizia, che pian piano diventa sempre più presente. Rania è ormai solo un vecchio alleato che in realtà da la caccia a Dylan senza pensare al passato.

Dal lato grafico troviamo invece le ottime matite firmate a quattro mani da Paolo Armitano e Davide Furnò. Due artisti che voglio ringraziare per avermi fatto venire parecchi brividi e questo sicuramente rende giustizia all’albo e alla sua storia. I personaggi e la dimensione che ricoprono risulta essere giusta, cosi come anche molte inquadrature, semplici e funzionali al contempo.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".