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Quando ci ritroviamo a discutere di Final Fantasy VII inevitabilmente si sta parlando di un frammento piuttosto importante della storia del videogioco. Si tratta ovviamente di un’opera, ed in generale di un franchise, che non ha alcun bisogno di fascinose presentazioni tuttavia possiamo con tanta sicumera asserire che la settima iterazione targata SquareSoft è stata nel 1997 il trampolino di lancio che ha consacrato il macrogenere JRPG anche in occidente, facendo innamorare una miriade di giovani appassionati che, impugnando con tanta difficoltà tra le mani un grigio ma indimenticabile controller, hanno scoperto la bellezza di sapersi emozionare dinnanzi ad una fantasia tutt’altro che fine a se stessa e che a ben 23 anni di distanza rappresenta con questo Remake ancora un punto di riferimento per il medium videoludico.
Tra la folta schiera di inesauribili appassionati di questo settimo capitolo non posso far altro che chiamarmi in causa, all’epoca della sua realese su Playstation 1 rimasi letteralmente folgorato dalla qualità grafica dei “Full Motion Video” che accompagnavano le vicende poichè rasentavano uno standard inimmaginabile per l’hardware dell’epoca, ma al di là dell’aspetto visivo e narrativo che riuscivano a scalfire il sopracitato ambito emozionale, ciò che riuscì davvero a colpirmi nel profondo fu un sistema di combattimento all’apparenza assai complesso e ben strutturato che diveniva estremamente dinamico grazie all’iconico “Active Time Battle” (ATB) i quali imponeva necessariamente una expertise ed una pianificazione strategica che si andava calcificando via via nel proseguio dell’avventura. Prendere decisioni ed effettuare strategie sbagliate non riuscendo così a superare alcune sezioni di gioco edulcorava esponenzialmente questo concetto di sfida che si traduceva in un successivo tripudio di gioia e soddisfazione quando poi, dopo tante peripezie, si superavano le inside…ed è proprio per questo motivo che Final Fantasy VII ancor prima di esser un videogioco è stata una mia personale “palestra di vita“, ed insomma un approccio che nella sua totalità nonostante i suoi toni fantasiosi si è conseguentemente trasmutato a piè pari in una realtà che tutt’oggi plasma una parte del mio ego.
Pur dandogli tanta importanza simbolica tuttavia stiamo parlando di un titolo che tutt’oggi nella sua versione originale ha ben poco da offire vista l’ineluttabilità della sua obsolesenza tecnologica, cionondimeno nel corso degli ultimi anni è stato indubbiamente lecito sperare dalla fan base un operato di svecchiamento in grado da render giustizia alla controparte a 32 bit e quando nel lontano 2005 venne mostrata una “tech demo” su Ps3 delle vicende di Cloud il pubblico andò letteralmente in estasi per la possibilità di vivere l’intera epopea con una veste grafica ammodernata , ma il progetto fu destinato ad una lunga gestazione e addirittura ad un tracollo interno, a seguito della tanto discussa acquisizione di “Enix“, giungendo poi agli avvenimenti più recenti che ci hanno condotto finalmente al tanto agognato Remake di cui avevamo bisogno.
Il progresso tecnologico non solo ha reso decisamente complesso il lavoro di traslazione narrativa di un’opera originariamente “limitata” ed assai lineare ma ha però atrofizzato anche alcune meccaniche tra cui il sistema a turni e degli incontri casuali, di cui il franchise ne era l’emblema. Quindi l’inevitabile riadattamento agli standard odierni ha richiesto una buona dose di cambiamenti strutturali che spaziano: da un vero e proprio approfondimento cosmogonico ed interpretativo delle vicende propinate che ci conducono alla temutissima struttura episodica che desta ancora tanta preoccupazione nel cuore degli esperti, alla tanto criticata propensione ad un sistema di combattimento votato più all’action e meno alla sua conformazione strategica.
La struttura episodica:
Dopo aver provato la versione Demo che ci ha permesso di vivere le primissime fasi di gioco sono venute tendenzialmente ad eclissarsi le varie voci che addirittura suggerivano una pesante riscrittura della trama ma tuttavia sono ancora percepibili i mugugni di un pubblico che di certo desidera maggior chiarezza sulla questione in merito agli episodi. Indubbiamente possiamo di certo convergere sul fatto che un JRPG ha una storia lineare, ergo non permette di deviare rispetto a quanto già stabilito dagli sceneggiatori in fase di realizzazione. Final Fantasy VII ha una storia di qualità straordinaria, nessuno ha mai percepito questa mancanza di libertà come un difetto ed inopinatamente è l’insieme narrativo che costituisce il motivo principale per cui sia gli appassionati (la nicchia) sia la massa “mainstream” sono legati a questo particolare capitolo. Le aspre critiche tuttavia si sono acuite quando il publisher ha deciso di voler confezionare non più un’opera di trasmigrazione agli standard moderni, bensì di voler prendere una strada più simile a quella del “classico reboot”, modificando ed inevitabilmente mutilando alcuni dei tratti distintivi della controparte originale.
Alla luce delle intenzioni di Square Enix quindi questo Final Fantasy VII Remake sarà pubblicato nel corso degli anni in capitoli che attualmente non si sa ancora bene come saranno divisi e ciò significa quindi che la storia verrà spezzata e interrotta nonchè approfondita in modo del tutto originale in determinate sezioni di gioco all’epoca ridotte all’osso per “limiti computazionali”. Tuttavia lo snodo cruciale della questione risiede proprio nel fatto che questa storia non era stata inizialmente concepita come un costrutto suddivisibile in più parti e quindi ciò comporterebbe un’inevitabile snaturazione del continuum non solo narrativo ma anche parametrico dei vari personaggi del party, e seppur si potrebbe auspicare un modello alla “Mass Effect Trilogy” il rischio di una forte banalizzazione narrativa, di una snaturazione eccessiva della canonicità dell’opera e di un arricchimento altresì “sterile” della cosmogonia del Mondo di Gaia sono assai palpabili.
Un rivoluzionario sistema di combattimento:
Il costante desiderio di migliorare l’esperienza di gioco è stato un elemento caratterizzante di ogni capitolo della serie, ed a conferma di ciò, basti notare gli stravolgimenti apportati al sistema di combattimento in ogni nuova singola iterazione del franchise che inopinabilmente raggiunge il suo apice con questo remake. Siamo dinnanzi ad un sublime combat system che rappresenta la perfetta sincretizzazione tra le rischiose innovazioni “action” subentrate dal dodicesimo capitolo in poi, al grande ritorno strategico che caratterizzava l’originale settimo capitolo. Grazie ad un sistema “ATB” rivisitato e reso ancora più mutevole le innumerevoli possibilità offerte dall’interscambiabilità con i membri del party (al netto di alcune loro passività), con gli strumenti a nostra disposizione e con le invocazioni più belle e letali che mai rendono l’intero sistema di gameplay ossimoricamente sia “frenetico” che “strategico” ambendo così a soddisfare sia i palati dei fan di vecchia data che le nuove leve che si approcceranno all’opera.
Al netto di tutto ciò posso dunque asserire che Final Fantasy VII Remake al di là di tutti i pronostici del caso sarà un’opera di fondamentale importanza per il mercato videoludico poichè in grado non solo da far potenzialmente da apripista ad un nuovo status evolutivo degli Action-JRPG ma rendendo contemporaneamente possibile la realizzazione di opere di riadattamento che fino a qualche anno fa prendevano vita solo nelle nostre più proibite “fantasie”.