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C’è stato un tempo nel quale il mistero e la meraviglia di un progetto avevano lasciato la pregustazione per una smaniosa attesa, un tempo nel quale l’immaginazione e la fantasia avevano lasciato l’adito a molteplici teorie prodotte dai fan. C’è stato un tempo nel quale l’attesa si era fatta lunga ed estenuante e più difficile era dare un’identità all’arcano progetto. È stato un decennio di torpore, fra silenzi e dubbi, amore e odio, rinascita e speranza: Final Fantasy XV è finalmente tra le nostre mani dopo tumultuosi cambiamenti apportati dal nome alla regia, passando per le piattaforme di destinazione. Sotto la guida di Hajime Tabata, Final Fantasy XV è riuscito a superare il suo passato travagliato, ad essere riportato in auge e adesso pronto a tuffarsi nella folla degli appassionati.
Un viaggio di speranza
Ci sono storie d’amore che cominciano con una semplice di amicizia. Quella del jRPG, timidamente ma con solerzia, inizia con il principe Noctis che intraprende un viaggio con i suoi migliori amici – Prompto, Ignis e Gladiolus – per celebrare il matrimonio con la divina Lunefreya, nel tentativo di sostenere l’accordo di pace tra il Regno di Lucis e l’Impero Nilfheim. Quest’ultimo rivela il suo tradimento e assedia la capitale reale. Il cristallo di Lucis è adesso nelle mani nemiche e Noctis può fare solo affidamento ai suoi compagni per stabilire l’ordine e reclamare il suo trono.
È il racconto di un viaggio impegnativo e di formazione, pieno di scoperte e ostacoli. Fin dall’inizio dell’avventura, ci troveremo catapultati subito tra le lande desolate di Eos con la Regalia, una magnifica vettura da guidare in maniera semi-automatica, lasciandoci la possibilità di contemplare il magnifico mondo che ci attende. È una narrazione avvincente e drammatica, riuscita nella prima metà di gioco, ma con molti inciampi invece nella seconda: non che sia priva di colpi di scena o momenti di coraggio, tale ingrana la marcia e parte alla grande rovesciandosi poi nella banalità presentando buchi e imperfezioni sul fronte della sceneggiatura.
Final Fantasy XV non sconfessa quei canoni puramente nipponici nel descrivere una storia, compassata dall’importanza dell’amicizia sorta da un gruppo e dal passaggio verso l’età adulta, che riesce poco a evolversi e a collocarsi in una linea coerente. Tornando indietro nel tempo, alla mitologia Fabula Nova Crystallis, ci viene da ricordare Final Fantasy XIII: ebbene, il tredicesimo episodio aveva proposto uno scenario retto in piedi, chiaro e spiegato; salvo poi trascurare gli inevitabili seguiti che avevano sprecato il potenziale apocalittico della microserie, soddisfatta per gli amanti della meticolosità ma purtroppo tradotta in un’accozzaglia di momenti dimenticabili.
Ogni medaglia ha il suo rovescio, si sa, e Final Fantasy XV non si dissesta su questo versante. La prima parte dell’avventura è straordinaria per merito di una progressione narrativa e ruolistica ottimamente calibrata, in grado di tenerci incollati ore e ore completando le missioni principali, secondarie e opzionali; o, ancora, esplorando e dedicandoci alle attività dei personaggi. Esatto, gli eroi principali di gioco corrono – sì – a salvare il mondo ma senza rinunciare alle proprie passioni: Noctis si diverte a pescare e procacciare cibo per il gruppo, Ignis è un appassionato di cucina in grado di offrire dei prelibati manicaretti, Prompto è un esperto fotografo e Gladiolus è un amante dell’esplorazione.
L’incedere della campagna è però cadenzato da una miriade di imperfezioni riscontrabili a occhio nudo: Final Fantasy XV si proietta in una estrema linearità, soverchiata da una mole di dialoghi e combattimenti sbrigativi, arrivando a offrire una delle tediose fasi che portano alla conclusione del gioco di ruolo. L’intenzione di chiudere con il mondo aperto per essere più intervenista nella sua narrazione è pertanto coraggiosa, da applaudire: ma ponendosi al confine tra linearità e open-world, specie in un GDR, è smisuratamente complicato. Questa seconda parte, che va dal brillante al deludente e che – più di tutti – avrebbe quantomeno dovuto garantire i punti salienti della storia, risulta essere quindi monotona e piuttosto aneddotica. Per buona sorte, il finale riscatta le ultime e decine di ore vaneggianti.
Finally Fantasy
Lo diciamo senza esitazioni: Final Fantasy XV è un coraggioso jRPG – occidentalmente influente – con un’insolita capacità di sorprendere; ma non è perfetto. Coraggiosa è anche la ridefinizione del gameplay, il quale era un tempo a turni – almeno fino al Final Fantasy X – e oggi efficacemente più action. Il risultato è un sistema di combattimento adrenalinico e dinamico alternato tra difesa e attacco. L’unico eroe controllabile è Noctis, capace di materializzare fino a un numero massimo di quattro armi – o magie – equipaggiabili: egli potrà esibirsi in magnifiche combo – automatiche se tenuto premuto l’apposito tasto – o attacchi più ragionati; quindi vi è un sistema che si adatta sia verso coloro i quali prediligono un approccio più repentino sia quelli con uno più cauto. È possibile assaltare il nemico con la Warp Strike, una proiezione che consente a Noctis di teletrasportarsi istantaneamente nelle vicinanze di un nemico per moltiplicare il danno in proporzione alla distanza percorsa. E si rivelerà utilissima, soprattutto prima di ingaggiare uno scontro, poiché sarà possibile mutilare l’avversario riducendo la sua mobilità e potere di attacco. Ad ogni suo uso, tuttavia, verrà consumato un lieve quantitativo di PM – Punti Magia – e abusarne rischierà di far diventare vulnerabile Noctis per un periodo di tempo, e incapace di schivare o contrattaccare il nemico.
La base meccanica del gameplay di Final Fantasy XV è quindi semplice e immediata, naturalmente non stratificata come in un The Witcher 3, ma comunque variegata in molteplici aspetti. È possibile richiamare – attraverso la pressione di un tasto dorsale e l’utilizzo di uno stick analogico in corrispondenza con un pulsante sulla croce direzionale – uno dei propri compagni per eseguire degli attacchi speciali; è possibile aggirare il nemico o dare vita a potenti attacchi incrociati; è possibile attivare la Planoplia, una meccanica sbloccabile al proseguo dell’avventura, la quale sfrutta tutte le armi ancestrali per effettuare rapidamente miriadi di attacchi violenti. Capiterà spesso di terminare e riprendere un combattimento, di trascorrere del tempo sul menù di gioco o di sospenderlo – mediante l’utilizzo di un tasto dorsale – per guarire un personaggio.
Questo sistema, ovviamente, è impreziosito con sagacia da quello di magie: girovagando per le terre di Eos si potranno assorbire tre poteri elementali – fuoco, ghiaccio e fulmine – per poi incanalarli in opportune ampolle, magari scegliendo anche se associarli a un oggetto, e scagliarli prepotentemente verso un gruppo di nemici attraverso una delle quattro slot disponibili. L’efficacia degli scontri discende anche dal sistema di evoluzione di Noctis e co., chiamato Ascension Skill – che ricorda molto la sferografia di Final Fantasy X e il crystallium di Final Fantasy XIII – capace di sbloccare nuove abilità, il tutto con una sequela di diagrammi ciascuno dei quali con una propria attinenza: uno schema è relativo alle abilità combattive, un altro a quelle curative, un altro ancora a quelle sinergiche e via scorrendo. Naturalmente richiedono una spesa in termini di AP – Punti Abilità – ottenibili salendo di livello, completando missioni secondarie o perfino durante i combattimenti.
Uno sguardo tra passato e futuro
Final Fantasy XV poteva essere comunque migliorato sotto un certo profilo: la gestione e l’intelligenza del party si allontana da quella profondità offerta dal Gambit in Final Fantasy XII; le invocazioni – uno dei pilastri iconici della serie – hanno sì una particolare rilevanza nella narrazione ma scivolano nella – quasi – nullità; il sistema di sviluppo; o per non citare la telecamera che, spesso e volentieri, risulta essere ballerina e davvero ubriaca specialmente nelle aree chiuse.
Ma il guizzo creativo di S-E è sempre in piedi e tra noi, versatile, e capace di elargire un divertimento sconfinato dopo cinque, dieci, venti o trenta ore di gioco – necessarie per il completamento della trama – e, poi, crogiolarsi nella rilassatezza delle attività secondarie, dalle battute di pesca al piacere dell’esplorazione, senza dimenticare le tante missioni e i tanti segreti pronti a intrattenerci per ulteriori e diverse ore. Tutto questo accompagnato da una musica che riesce a incollarsi nella mente, questo anche per merito di alcuni riarrangiamenti melodici reminiscenti al passato, ai i vecchi tempi. Una musica che trascende il massimo risultato e senso di compattezza che poteva ovviamente conseguire Yoko Shimomura.
Il comparto tecnico è meraviglioso ed elegante, se non tra i più duttili tra gli altri titoli simili presenti sul mercato. È però da sottolineare alcuni problemi di fluidità che non vanno intrinsecamente a minare l’esperienza di gioco, ma sono esaminabili in alcuni cali di fotogrammi al secondo, pop-up grafici e un aliasing turbante. L’illuminazione tende a volte a mettere a soqquadro l’impatto grafico e anch’essa non inficia sulla qualità finale del prodotto. A colmare quanto è invero una direzione artistica di tutto rispetto che, malgrado, si è prostrata a un processo di sviluppo travagliato anche rappresentato dal cambio gestazionale.
[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Ci sono giochi che divertono, altri irreprensibili, e poi certamente quelli imperfetti che segnano emotivamente e profondamente. Final Fantasy XV è uno di questi, vuoi per il suo innegabile stigma di un progetto caotico, o vuoi per la sua ciclopica aspettativa da mantenere: Square Enix ha comunque trascinato un genere – oggigiorno – di nicchia a un grande target di utenti, e ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta amalgamando anche svariati elementi – come l’open world, l’hack ‘n’ slash, il crafting, il dungeon crawling e chi più ne ha, più ne metta – nel tentativo di schiacciare il peso del tradizionalismo e lo stereotipo che avvinghiano il genere. Ce l’ha fatta promuovendo il “moderno” senza dimenticare il suo glorioso passato. Ma, a onor del vero, poteva essere di più; poteva essere un amore in formato videogioco, un’inevitabile freccia di Cupido. È, invece, un capolavoro imperfetto – come qualsiasi episodio della serie – al quale è impossibile non esserne rapiti; è un Final Fantasy per i vecchi fan e i nuovi amici della serie; è una lungimirante ripartenza, e va bene così.[/stextbox]