Hogs of War – Recensione

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Hogs of War, uscito nell’ormai remota PlayStation, era un titolo atipico, singolare, eccessivamente stravagante. Un titolo appartenente ad un genere stimato, tra i più prolifici al tempo: quello strategico a turni. Bruno Bonnell aveva in mente di contemplare un progetto del tutto inusuale, puntando su una simulazione bellica che vede il controllo di una nazione dai… maiali. Una specie di parodia da un senso deformato dell’umorismo: eppure, Infogrames, creatore e sviluppatore di vecchi titoli – come Alone in the Dark, V-Rally, Asterix e i Looney Tunes – era volitivo, deciso nel partorire questo videogioco che, seppur bislacco, ricalcava le orme di Worms.

Il titolo ci porterà nell’arcipelago della Maialustralasia, un’isola ricca di sbobba, dalla natura incontaminata, da conquistare attraverso una fazione di maiali. Sono presenti diverse squadre di cui potremo assumere il controllo, ognuna contrassegnata dal tipo di colore, forma e nazionalità, ovverosia: la Krautentruppen tedesca, la Porkotroica sovietica, gli Hot Dogs inglesi, i New Porkers americani, i Chocon francesi e i Suini Bellici italiani. La nostra missione? Liquidare tutti i nemici e superare venticinque fasi di livelli, laddove ci attendono tantissime ricompense.
Hogs of War offre la modalità singleplayer, nel quale ci schiereremo con una nazione, arruolando le sue truppe e progredendo verso mete più complicate a lungo scorrere. Lungo il tragitto, guadagneremo punti speciali, atti a far salire di rango i nostri condottieri, appropriandoci di armi prevalentemente più dolorifiche ed efficaci. Ci sono un’abbondanza di ragioni per cui la succitata modalità possa insinuare tediosità ed esiguo interessamento: la cagione preponderante, di rilievo, sta nel motivo in cui il ritmo di gioco viene compromesso e peggiora nel corso dell’avventura. Pertanto, è vigente anche la modalità multiplayer, la cui vera bellezza risiede in questa e rende la sfida ancora più coinvolgente.

Nel complesso, Hogs of War procede in egual modo come Worms. Nel mentre di uno scontro, ogni maiale ha a disposizione un lasso di tempo per procedere, selezionare un’arma e allineare un colpo. Per questo preciso motivo, ognuno ha un proprio arsenale di armi, alcune delle quali sono raccoglibili nel campo di battaglia, bastantemente per impedire di annoiarci e fomentare un sacco di opzioni per annientare i nemici. Tanto è vero potremo avvalerci dell’uso, a seconda del grado dei nostri combattenti, di fucili, granate, mine, raid aerei, bombe a gas, lanciarazzi, torrette, cannoni e così via. Notiamo, comunque, che il turno si conclude automaticamente e indipendentemente dal tempo rimanente, non appena eseguiamo un tipo di attacco.

Il tema concernente la grafica lascia un po’ a desiderare: le texture sono piatte, le ambientazioni non presentano dettagli laconici ma deformati; così come i modelli poligonali. Gli scenari sono piuttosto elementari e gli aspetti estetici dei personaggi risultano un po’ mediocri. Le animazioni, tuttavia, possono essere veramente divertenti: i maiali trottorellano, zoppicano quando risultano feriti, rannicchiano quando sono disarmati e procinti a subire attacchi nemici. Per non rammentare le voci, acutamente spiritose, in quanto riprese da barzellette e citazioni esilaranti o quantomeno volgari, estrapolati in base a vari strereotipi. Il sonoro non è niente di fenomenale, in quanto ne discende la sua spessa ripetività.

L’ironia e la demenzialità sono i fattori permeanti in Hogs of War. Il concetto di Worms aveva retto in maniera considerevole, per via delle sue accezioni goffagini, umoristiche ed esilaranti. Questa simulazione bellica con al centro i suini tracotanti, era un ottimo incentivo per la gocabilità, malgrado depauperabile nella modalità singola a lungo andare. I puritani potranno lamentarsi indubbiamente dei difetti tecnici e grafici, i meno intransigenti potranno passare le ore morte dinanzi allo schermo.

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.