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Ni no Kuni 2 segna il ritorno della saga J-RPG di Level-5 distribuita da Bandai Namco su PS4 e PC. A quasi sette anni dall’uscita del primo titolo (scollegato in gran parte dai fatti di questo sequel, vista la differenza di centianaia di anni fra le due ambientazioni), il brand torna con una veste completamente nuova, separandosi dallo Studio Ghibli e cambiando il suo stile di gioco.
Evan è il principe prossimo all’incoronazione di Gatmandù, un regno diviso da tre razze che ha perso da pochissimo tempo il proprio sovrano, re Leopold. Ratoleon, il capo dei ratti, decide quindi di effettuare un colpo di stato per rubare il trono a Evan, troppo giovane e inesperto per potersi difendere. Ad aiutare il giovane futuro re interviene Roland, un misterioso straniero proveniente da un altro mondo e piombato dal nulla nella camera di Evan…
Isekai… O, più semplicemente, come tirarsi la zappa sui piedi
Nel mondo della letteratura giapponese negli ultimi anni ci sono stati diversi stravolgimenti. Uno fra tutti, è il fenomeno “isekai”, che descrive tutti quei tipi di racconti dove il protagonista, spesso tramite una magia o grazie a una tecnologia avanzata, viene catapultato e intrappolato in un mondo parallelo.
Ni no Kuni 2, forse volendo cavalcare un’onda giunta ormai quasi al suo capolinea, ha voluto far suo definitivamente questo tema, prendendo un personaggio con uno status decisamente alto (come quello del presidente di una nazione), trasportandolo dentro una realtà fantasy alternativa che racchiude in sè particolari del nostro mondo e nozioni classiche dei giochi e racconti fantasy. Per quanto l’idea in sè non sembri tanto male, dando spazio a nozioni e dibattiti politico-sociali più che interessanti, i problemi sorgono quando si vanno a toccare due tasti veramente dolenti di quest’opera.
L’originalità e l’identità dell’opera.
Partendo per gradi, posso dire che Ni no Kuni 2 è terribilmente carente in quanto a originalità. Non solo perchè l’isekai è un tema trattato fin troppo spesso nell’ultimo ventennio (vedesi Gate, .hack, Konosuba, Sword art Online ecc…), ma perchè parte da un’ambientazione e una trama banali e con lo stesso problema, ovvero quello di un ragazzo fin troppo giovane per essere un sovrano che viene cacciato dal proprio regno per poi cercare di riconquistarlo e riunificare il mondo. Lo possiamo vedere in Akatsuki no yona e Arslan Senki, ma entrambi hanno comunque un punto in favore rispetto a questo titolo.
L’identità.
Mentre Arslan e Yona affrontano la loro riconquista seguendo un percorso evolutivo sempre più pesante, si riesce a capire quali siano state le problematiche che hanno portato alla caduta dei loro regni, incoraggiando i protagonisti a migliorarsi venendo messi a confronto con la crudezza della vita al di là del proprio palazzo, o alle semplici motivazioni dei loro antagonisti. In Ni no Kuni questo semplice concetto crolla a causa dell’identità dell’opera, che volendo a tutti i costi rasentare il fiabesco come il suo precedente, finisce non solo per essere scialbo, ma anche privo di alcun margine evolutivo che avrebbe migliorato non solo il protagonista, ma anche tutto il resto del cast. Tutto è trattato in modo fin troppo superficiale, soprattutto nel caso di Roland, che data la sua posizione sociale nel suo mondo e gli avvenimenti precedenti alla sua scomparsa da esso avrebbe dovuto avere delle reazioni completamente diverse.
Sebbene l’avventura sia al centro del gioco, il voler mettere a forza un contesto socio-politco danneggia in maniera irreparabile la credibilità e la solidità dell’opera, che erano già compromesse a causa della loro banalità. Questo è inoltre accompagnato da una sceneggiatura più che scarsa, che manca di personalità e cerca in tutti i modi di rendere ogni situazione il più superficiale possibile, sprecando il potenziale di alcune buone idee. Cosa che si riflette sui personaggi, sempre più vuoti e privi di personalità ed evoluzione, sebbene ognuno goda di un background di per sè interessante.
Da questo punto di vista, Ni no Kuni 2 è solo fumo e niente arrosto.
Se fosse stato tutto buttato sulla commedia, a quel punto avremmo avuto niente meno che il gioco J-RPG di Guru Guru, un manga che nella sua demenzialità riesce a essere ben più serio, credibile e migliore rispetto a Ni no Kuni 2.
Si impara sbagliando
La quasi totalità dei giocatori del vecchio Ni no Kuni concorderà su un fattore: il gameplay non funzionava. Per quanto il gioco attirasse con i suoi colori e le animazioni targate Ghibli, il sistema di combattimento a turni non solo allontanava i giovani curiosi, ma rendeva veramente difficile godersi a pieno il gioco. Fortunatamente per il grande pubblico, Level-5 si è voluta migliorare da quel punto di vista, proponendo un sistema di combattimento rinnovato a base action che, nella sua semplicità, riesce a essere divertente e per niente frustrante. Con la possibilità di creare squadre di tre individui, il gameplay si basa su un classico scambio di colpi in un’arena virutale dove controllando un personaggio per volta ci sarà concessa la totale libertà dell’area di gioco.
Grazie alla grande varietà di armi, sia bianche che da fuoco, ognuna affine a un determinato personaggio, non c’è fine alle combinazioni che è possibile fare, sfruttando effetti secondari e abilità passive in grado di facilitare il gameplay. La possibilità di potenziarle più avanti nel gioco rende anche più semplice l’affezionarsi a una particolare arma, che tuttavia pur non mancando di scelte estetiche, il reparto moveset è più che carente quando si tratta di varietà. Tante armi, pochi moveset. Il che non è sbagliato, visto che le armi stesse rientrano in una manciata di categorie, ma sicuramente una maggiore libertà di movimento dipendente dal tipo di oggetto usato sarebbe stato sicuramente più gradito. A parte questo screzio, il gioco fila liscio fra colpi di spada, di pistola e di bacchetta magica, rendendo ogni combattimento piacevole e, talvolta, impegnativo.
La grande varietà di nemici aiuta anche l’importanza degli effetti secondari di armi e vesitti, bilanciati in modo tale che il giocatore (con la giusta esplorazione) sia in grado di ottenere l’equipaggiamento giusto per qualsiasi situazione. Il bestiario, piuttosto vario fra tipi (nemici solidi, draghi, melmosi ecc…) ed elementi (fuoco, acqua, vento ecc…), conquista fin da subito, mostrando diversi tipi di bestie che cambiano sia in colorazione che equipaggiamento. I boss in particolare sono decisamente belli da vedere e affrontare, pur non dando un’elevatissimo senso di sfida. Le cure limitate sono senza dubbio un bene da questo punto di vista, limitandone l’uso ed evitando spettacoli spiacevoli come quelli in Final Fantasy XV.
Oltre al combattimento in sè, il gioco offre diversi minigiochi e possibilità, dal guidare le truppe in battaglia contro orde di nemici fino al risolvere (molto raramente, purtroppo) dei rompicapo molto carini da affrontare. L’eterogeneità del gameplay rende il gioco ancor più piacevole, portandoci a dimenticare (fino al prossimo dialogo) gli orrori dei dialoghi e della sceneggiatura in sè. E’ anche apprezzabile la parte gestionale del proprio regno, una volta costruito, che ti porta a creare il tuo dominio e ti sblocca tantissime missioni secondarie che, seppur introdotte in modo piuttosto sciocco e superficiale, presentano sotto-trame interessanti e sono importanti ai fini del completamento del gioco.
Pessima carne, ma ottimo contorno
Mentre la sceneggiatura – considerabile il fulcro dei titoli di questo tipo – scarseggia e delude, il resto non può essere detto del design intero del gioco, sia per quanto riguarda le mappe, sia per i personaggi che per le musiche. Le mappe, oltre a essere colme di segreti e a favorire l’esplorazione, presentano spesso e volentieri delle ambientazioni suggestive, aiutate anche dalla splendida soundtrack ben più che orecchiabile e perfettamente calzante in qualsiasi situazione. I personaggi sono forse il lato più debole. Mantenendo l’ispirazione Ghibli, il cast fra protagonisti, antagonisti e secondari rimane piuttosto debole per quanto riguarda l’originalità, dando a ognuno di loro un che di “già visto” (soprattutto quando vanno a “ispirarsi” a Star Wars), evitando dunque che riescano a risaltare. Nonostante questo, sono esteticamente molto carini e ben studiati. Le creature in particolare mi sono sembrate molto suggestive e diversificate fra loro, soprattutto i boss. Il comparto artistico (scrittura a parte) è dunque decisamente apprezzabile e meritevole di attenzione, alzando l’asticella del gioco e rendendolo drasticamente meno pesante.
Come ultimo appunto, ci tengo a criticare e a lodare due lati che sono sempre andati a braccetto.
Adattamento e doppiaggio.
Nel primo caso, l’adattamento italiano si è preso forse fin troppe libertà, andando a toccare dialoghi, nomi e frasi che si distaccano inutilmente dall’originale, come se fossimo tornati ai tempi della Mediaset negli anni ’90 con gli adattamenti 4Kidz. Mi perplime anche la scelta del dialetto romano su un determinato personaggio che, per ragioni logistiche, in alcuni momenti non sono riuscito a capire pienamente, dovendo rileggermi il dialogo in inglese.
Il doppiaggio giappponese invece è particolarmente azzeccato e orecchiabile, rendendo l’opera gradevole anche in lingua originale mentre quello inglese fa il suo lavoro senza però eccellere particolarmente come nel caso di Final Fantasy XV o Persona 5.