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I fantasmi sono un argomento ricercato da sempre. Vedere qualche persona deceduta fa paura, ma allo stesso tempo fa scaturire quella curiosità di cose che non dovremo sapere. Fatto sta che le storie sui fantasmi avranno un appeal forse fino alla fine dei tempi. Film, libri, giochi e fumetti ne parlano in modo molto approfondito e ovviamente nel corso dei decenni, lo ha fatto anche il buon Dylan Dog. Stavolta, con il numero 379, però, avrà un compito leggermente diverso. Scritto da Gigi Simeoni e disegnato da Bruno Brindisi, Il Tango delle Anime Perse è attualmente disponibile nelle fumetterie e vi presento di seguito la sua recensione.
Un ultimo ballo
La storia in questione si apre con un ballo e si chiude con un ballo. Questo perché il tango è uno dei punti focali dell’intera narrazione, ma non è solo quello. Partiamo dal principio però. A chiedere l’aiuto dell’Indagatore dell’Incubo è Paul Morris, un uomo ricco, ma la cui vita non ha più alcun valore dopo il suicidio di sua moglie. Il desiderio dell’uomo non è però quello di scacciare via un fantasma, ma al contrario, farlo apparire. Ballare un ultimo tango prima di dirle addio per sempre e iniziare una nuova vita. Insomma, un desiderio molto particolare che è il contrario delle solite richieste rivolte a Dylan.
Inizia quindi la ricerca dell’Indagatore della moglie, ma qualcosa lo spingerà poi su una strada completamente diversa, fatta di bugie, malori e problemi. Un classico caso, ma che andrà poi in direzioni impensabili e senza un nuovo amore per il protagonista.
I fantasmi
La lettura de “Il Tango delle Anime Perse” è veloce e fluida come giustamente dovrebbe essere. La narrazione di Gigi Simeoni punta molto sulla scoperta e sulla personalità dei coniugi Morris. Questa scoperta avverrà lentamente, ma in modo deciso e vedremo anche qualcosa della loro vita lavorativa molto interessante. Qualcosa che in fondo vediamo e leggiamo continuamente, ma che ovviamente e giustamente non ci interessa più di tanto. I dialoghi sono veloci, ma profondi in certi punti, mentre in altri avrebbero meritato di una visione in più.
Le matite di Bruno Brindisi invece rendono giustizia praticamente a ogni tavola. Il tratto preciso delinea delle figure ben definite e dettagliate, con una grande attenzione posta verso il viso dei personaggi. Da questo punto di vista, la teatralità è tanta e la si percepisce dall’inizio alla fine, ma a colpirmi poi è stata la figura femminile, trasposta in modo sensuale oltre ogni limite.