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La fortuna del primo Outlast fu la sua ampia diffusione grazie alla sua inclusione nei giochi PlayStation Plus, in un periodo in cui i titoli per PlayStation 4 scarseggiavano. Questo gioco richiamò l’attenzione di molti streamers e youtubers in un periodo in cui gli horror e i jumpscare in generale andavano per la maggiore, spinti dal successo della serie di Five Nights at Freddy’s. Dopo lo sgonfiarsi di questa moda, può un diretto successore di questo gioco di successo camminare sulle proprie gambe? Abbiamo sviscerato Outlast 2, ultimo lavoro di Red Barrels, proprio per scoprirlo.
L’ombra di un glorioso passato
Il problema principale di Outlast 2 è proprio il suo predecessore. Nonostante la trama, i personaggi e l’ambientazione sia completamente slegata dal primo Outlast, le sue meccaniche principali resistono in uno stato di “animazione sospesa”, ed è solo la trasmissione dei limiti fisici di Miles, protagonista del primo episodio, a Blake, che impersoneremo in Outlast 2, il filo conduttore tra le due opere. A parte dei rari e sporadici eventi in tempo reale, non avremo modo di reagire alla violenza brutale dei nemici; potremo solo correre o nasconderci per tutto il gioco, affidandoci alla telecamera per vedere al buio, o per localizzare i nemici con un microfono direzionale.
Outlast 2 ha un’ambientazione estremamente suggestiva. Blake è un reporter che sta indagando su una ragazza incinta trovata a vagare nei boschi, poi morta in circostanze misteriose. Blake lavora in coppia con la moglie, e sorvolando la zona del ritrovamento, l’elicottero che li trasporta cade, e i due si trovano in un villaggio di fanatici, la cui religione è una perversa declinazione del cristianesimo. Papa Knoth, il malvagio capo del culto, domina i suoi concittadini con violenza fisica, psicologica e sessuale, aiutato dai suoi sovrintendenti, scelti tra i più folli e mostruosi dei suoi fedeli. Knoth approfitta sessualmente di tutte le donne (e bambine) del villaggio, sostenendo con i suoi fedeli di voler generare l’Anticristo per avere la possibilità di ucciderlo mentre è ancora nel grembo materno, e salvare il mondo.
Al nostro arrivo, Knoth rapisce la nostra compagna, sostenendo che è la creatura che ha in grembo il vero anticristo, e la rapisce per sottoporla ad abusi di ogni tipo. I suoi fedeli ci daranno la caccia, in quanto “padre dell’Anticristo”, e da questo momento il nostro scopo sarà quello di salvare la nostra sventurata moglie. Per aggiungere peggio al peggio, in questo ambiente di infanticidi e violenze, una piccola parte del suo popolo si dichiara ribelle, abbracciando invece la causa del Diavolo. Inizialmente questa setta cercherà di aiutarci, ma dovremo tenere presente che dare fiducia a simili individui può voler dire passare dalla padella alla brace…
Attraverso dei flashback/allucinazioni, Blake rivivrà un’allegoria di un suo trauma adolescenziale, risalente a quando, mentre era alunno di una scuola cattolica, fu suo malgrado protagonista di un tragico evento che portò alla morte di Jessica, la sua migliore amica all’epoca. In queste sezioni, caratterizzate da un clima più onirico e soprannaturale, continueremo a fuggire mentre raccogliamo indizi sulla morte della nostra compagna, una vera storia parallela, interessante almeno quanto la trama principale.
Un gioco pieno, ma vuoto
L’ambiente, anche se curato e ricco di dettagli, è poco interattivo. Sarà raro trovare oggetti manipolabili, e quasi tutti saranno piazzati in modo da costituire un contrattempo, come spostare in tempo un carrello per scalare un muro prima che il pazzo di turno ci accoppi, o tirare una catena che apre una porta, sempre stando attenti al pazzo di cui sopra. Alcune superfici saranno scalabili, altre no, in alcuni anfratti potremo stringerci e passare, in altri no, e così via. Capire l’estensione delle aree esplorabili di Outlast 2 non è un processo chiaro ed immediato, ed in un gioco basato sul corri o nasconditi, ma più spesso corri, questo si traduce in una massiccia dose di trial and error, con game over che si accumulano al solo scopo di capire in quale buco dovremo correre ad infilarci per non farci ammazzare.
Avremmo gradito una maggiore iterazione con l’ambiente, magari anche un accenno di uso delle armi per rallentare i nemici, in giro si trovano moltitudini di forconi, coltelli, bottiglie ed armi contundenti di ogni tipo, ma Blake pare essere un pacifista nato, e non impugnerà altro che la telecamera. Si fosse trattato solo di nemici “soprannaturali” o dei boss (di cui parleremo più avanti) avremmo potuto capire tale scelta, ma i normali membri della congregazione sono individui, sì violenti, sì spaventosi, ma di costituzione abbastanza minuta, tale da non reggere nemmeno un paio di cazzotti. Forse i ragazzi di Red Barrels non volevano contaminare ulteriormente la serie, visto il cambio di tematica e di setting, ma a noi non sarebbe dispiaciuto.
In Outlast 2, poi, non mancano i boss. Queste creature, riconoscibilissime e molto diverse dai comuni fedeli della chiesa di Knoth, sono una sorta di Nemesis di Resident Evil 3, più veloci e letali di ogni altro nemico, che ci daranno il tormento in ogni fase. Questi individui hanno una loro storia, un loro carattere e delle proprie motivazioni, che ci verrà raccontata in maniera diretta tramite le loro azioni, ma anche indiretta attraverso i documenti sparsi in giro ad uso di collezionabili, di cui molti saranno costituiti da registrazioni di particolari eventi con la telecamera, che registrerà i nostri movimenti e i nostri zoom mentre li filmiamo, e ce li riprodurrà pari pari quando andremo a rivederli. Un bel tocco di classe.
La gioia di Edison
Il fattore survival horror in Outlast 2, inteso come raccolta di risorse necessarie per sopravvivere, è ridotto all’osso, esattamente come nel primo capitolo. La merce più preziosa saranno le batterie, necessarie a ricaricare la dannata telecamera, la quale deve avere qualche grosso problema che ne amplifica i consumi, visto che ogni pila durerà solo pochissimi minuti. Anche se c’è un obiettivo che vi chiederà proprio questo, girare senza batterie è come inoltrarsi in una giungla senza nessuno dei 5 sensi, rendendo la raccolta delle stesse una delle nostre priorità.
Una novità è l’introduzione delle bende, visto che il disgraziato Blake non è in grado di ripristinare tutta la sua salute nel tempo, ed una ferita rallenterà ulteriormente i suoi movimenti. Conviene però usare tale risorsa solo se siete lontani da un checkpoint, visto che ad ogni morte respawnerete sempre con la salute al massimo. Un altro tocco di classe è la schermata dell’inventario, in cui Blake guarderà direttamente le tasche della sua giacca, come succedeva nell’ Alone in the Dark della passata generazione, tenendo l’onnipresente telecamera in mano; nella tasca destra troveranno posto le bende, nella sinistra le batterie, e guardando la telecamera potremo rivedere i documenti raccolti. Gli obiettivi attuali sono invece pronunciati ad alta voce dal protagonista.
[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Tirando le somme, Outlast 2 si può tranquillamente definire un buon gioco, anche se non una pietra miliare del genere come lo è stato il suo predecessore. Con qualche accortezza in più, soprattutto dal punto di vista dell’iterazione giocatore-ambiente, si sarebbe forse potuto parlare di un vero capolavoro. Consigliatissimo giocarci in modalità normale, per godere appieno dei suoi punti di forza narrativi e soffrire di meno a causa dei suoi difetti di gameplay.[/stextbox]