Overwatch: Legendary Edition Nintendo Switch – Recensione

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Chi non ha ancora giocato una singola partita ad Overwatch nel 2019? Il titolo Blizzard ormai gode di una fama spropositata fra gli shooter eroistici a squadre ed ha toccato praticamente ormai ogni piattaforma, fra console e PC. Vanta anche di una community piuttosto vasta ed eterogenea, comprendendo sia i giocatori professionisti sia i casual gamers che amano semplicemente avviare il titolo e farsi una partita con gli amici o con sconosciuti. È quindi ormai impossibile trovare qualcuno che non abbia mai giocato al titolo Blizzard ormai. Impossibile non proprio. Chi vi scrive ha avviato la prima partita di Overwatch nella sua versione Legendary Edition per Nintendo Switch. In leggero ritardo rispetto al resto del mondo, quindi.

Arrivato sulla console ibrida Nintendo il 15 ottobre 2019 nella sua Legendary Edition, che comprende tutto il contenuto uscito finora del titolo Blizzard, Overwatch si ripropone su Switch in una versione che cerca di superare i limiti tecnici che la console stessa gli pone davanti, traendo il meglio dalle sue potenzialità e arricchendosi con la caratteristica che suscita il maggiore interesse nei videogiocatori: la portatilità.

D.Va, grossa e bellissima

Tornare indietro di qualche anno

Non ci dilungheremo eccessivamente sulla descrizione delle meccaniche del gioco base, un po’ perché sono note ai più, un po’ perché trovate una nostra recensione risalente ai tempi dell’uscita proprio cliccando qui. Certo, le cose sono cambiate parecchio nel corso del tempo e il titolo è molto più ricco di contenuti. Gli eroi sono passati dall’essere 21 a più di 30 e i vari aggiornamenti hanno gratuiti hanno portato via via più contenuto e più gente nei lidi di casa Blizzard.

I difetti principali che chi vi scrive ha riscontrato sono essenzialmente gli stessi descritti nella precedente recensione, con un particolare fastidio dato dal non poter utilizzare lo stesso eroe scelto da un nostro compagno di squadra. La differenziazione in tre classi di personaggi distinte aiuta parecchio il matchmaking, e su Switch vi assicuriamo ce n’è davvero bisogno, ma ci siamo spesso ritrovati a giocare per diverse partite di fila lo stesso ruolo. C’è anche effettivamente da notare come la classe Attacco sia effettivamente la più richiesta e che, suvvia, chi si diverte davvero a fare il supporto. Anche se Zenyatta è davvero figo.

Zenyatta, l’unico supporto divertente da giocare

Gli eroi hanno tutti una cura per il dettaglio e per la personalizzazione pazzesca e ciascuno avrà tipologie di attacco e abilità completamente diverse dagli altri. Imparare a gestire le varie meccaniche di gioco viene spontaneo già con il passare delle prime ore. Intuitivo, veloce e adrenalico, questi sono i tre aggettivi che più potrebbero avvicinarsi a descrivere, in concreto, l’esperienza che Overwatch: Legendary Edition offre ai videogiocatori ed è tutto bellissimo, ma su Nintendo Switch come si comporta?

Overeverywhere

Partiamo da un presupposto: la conversione di Overwatch: Legendary Edition arrivata su Nintendo Switch è un altro mezzo miracolo dopo quello di The Witcher 3. Questo non vuol dire che sia scevra di difetti, anzi. Partiamo con l’analizzare quel che probabilmente più interessa a chi sta leggendo questa recensione: la modalità portatile.

Sparapalline

Ammettiamolo, l’idea di giocare ad Overwatch ovunque (o almeno fin dove arriva un Wi-Fi decente) è piuttosto allettante, specialmente considerando che effettivamente le partite non durano poi tanto. Si mantiene quindi quel tipo di spirito “mordi e fuggi” che vuole permeare il mondo della portatilità, senza andare a snaturare effettivamente nulla.

Quel che va perduto è ovviamente sul versante tecnico. Tralasciando la perdita di qualità sul versante puramente estetico, che alla fine dei conti non è poi nemmeno così fastidioso vista la velocità effettiva delle partite, ciò che manca davvero è la stabilità del frame rate. Troppo ballerino, specialmente nelle situazioni più concitate, fa parecchio fatica a mantenersi stabile sui 30 FPS, rimanendoci raramente e avendo qualche piccolo calo quando ci si ritrova sotto un’orgia di proiettili. Situazioni effettivamente rare, in realtà, e che non vanno a pregiudicare poi tanto le partite, ma che dobbiamo tener conto in sede di recensione.

Altra piccola perplessità la suscita l’interfaccia di gioco, davvero troppo piccola in molti frangenti in modalità portatile. L’ingrandirla sarebbe stato controproducente, considerando le dimensioni dello schermo di Switch, ma davvero preparatevi un paio di occhiali da vista belli potenti.

Immaginate la sola interfaccia base sullo schermo portatile di Switch

Overdock

Cosa succede, invece, con la console in Dock? Il problema dell’interfaccia va ovviamente a risolversi, a meno che non abbiate un televisore da sei pollici, rendendo il tutto di più ampio respiro, ma soprattutto… Leggibile. Sul versante tecnico, invece, assistiamo al classico effetto “sfocatura” che avevamo già visto in Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta e che è dovuto all’evidentemente poca pulizia dell’immagine. L’hardware di Switch mostra il fianco anche nel primo caricamento della partita o dopo una morte, momento nel quale, spesso, fa fatica a caricare i modelli dei personaggi e delle armi. Niente di eclatante, un piccolo bug che si risolve in pochi secondi, ma che fa capire quanto la macchina sia stata messa a tiro per una conversione del genere.

Per quel che riguarda i controlli di movimento con i Joycon, sono piuttosto carismatici e funzionali e danno un’impronta completamente diversa e più precisa al gameplay. Lo stesso non possiamo dire dell’uso del giroscopio in modalità portatile, a meno che non siate contorsionisti o non vogliate farvi venire un gran mal di testa.

Piccola e letale

Sul fronte “code”, abbiamo trovato piuttosto strano il fatto di dover aspettare anche diversi minuti per trovare una partita normale su Overwatch, considerando quanto vasta sia la sua community. Varia molto anche in base all’ora della giornata, ma le attese rimangono stranamente lunghe. C’è da dire che Blizzard sta attraversando un ciclone mediatico non indifferente e l’ondata di indignazione sembra ancora lontana dal volersi placare.

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Redazione