Red Dead Redemption 2 – Recensione

Finalmente l’attesa dopo ben otto anni è finita…il timore ed i dubbi che assalivano la mia indole da videogiocatore si sono immediatamente dissipati come acqua nel deserto non appena, col controller ben stretto tra le mani, ha avuto inizio un’epopea mastodontica, quasi irreale ma preciquamente “monumentale” che ha saputo colpire nel profondo rimanendo un ricordo vivo, pulsante e soprattutto indelebile nel cuore e nell’animo di chi ha amato le vicende del primo capitolo. Ebbene si, ho posto un valore semantico ben definito nel voler attribuire a quest’ultima fatica di Rockstar Games la monumentalità che gli spetta poiché al giorno d’oggi senza fare troppi giri di parole rappresenta indubbiamente l’esperienza più immersiva che il medium videoludico ha da offrire nella sua globalità con un open world immenso e pienissimo di attività da svolgere, con una campagna avvincente seppur ben ragionata e duratura, ma pregna di spettacolarità condita altresì da notevoli colpi di scena, con un gameplay limato ad hoc nonostante la presenza di alcune microscopiche criticità come il fastidiosissimo imput lag e l’effettiva “pesantezza” in alcune movenze del nostro protagonista che di certo meritano di esser riportate in auge, riesce inequivocabilmente a sopraelevarsi anche alla precedente opera magna sviluppata della software house statunitense che ci aveva permesso di vivere nell’ormai iconica Los Santos le vicende di Michael, Frankin e Trevor.
Con un sistema di shooting che ha migliorato esponenzialmente già le ben assortite meccaniche dalla precedente iterazione come il Dead-Eye (affettuosamente nomenclato come il “Bullet Time in salsa western“) ed un interazione con il mondo di gioco nella sua totalità che non solo stupisce ma riesce costantemente a farti dubitare anche sul “come” tutto questo costrutto sia stato possibile traslarlo a piè pari, e senza troppe problematiche a livello tecnico, in console ormai giunte nel loro ciclo finale di produzione…stiamo parlando di un’opera che sin dal primo scorcio mostratosi a schermo oltre a far scorrere dei brividi lungo la schiena elargisce una sensazione di vastità incontenibile ed al contempo impreziosita da un dettaglio grafico sublime e corroborato da un’ambientazione curata nei minimi dettagli pur essendo estremamente variegata e multisfaccettata nella sua conformità. Insomma pur enfatizzando il paragone dapprima sopracitato quest’opera videoludica non è il classico “Gran Theft Auto ambientato nel Far West” come in molti sono abituati volgarmente a stereotipare, Red Dead Redemption 2 è un prodotto di rara bellezza in grado di stordire per la sua profondità e per un’anima pulsante che si concretizza, divenendo un dato di fatto reale e tangibile, ad ogni interazione che il nostro Arthur detiene col mondo di gioco, pertanto dopo una lunga e piacevole galoppata che ha narrato la storia della scalmanata banda dei Van der Linde ma soprattutto il declino delle loro ambizioni e dei loro ideali di libertà nei confronti del nuovo mondo, ecco le sensazioni che ci ha lasciato questo Red Dead Redemption 2 nonché primo titolo (e sicuramente anche ultimo) sviluppato da “zero” su questa generazione di console da parte di Rockstar Games.

Il formidabile pistolero Arthur Morgan…una personalità carismatica e ben più riflessiva e profonda di quel che si crede ma volutamente mascherata dalla sua irrefrenabile risolutezza.

Un’epoca di cambiamenti

Giungiamo a grandi passi e con grandi rivoluzioni innescate dalla caduta dell’universalità delle leggi scientifiche e sociologiche in quel 1899 intriso ormai di un cambiamento imminente che porterà irrimediabilmente alla fine dell’epopea dell’oro soverchiata dal petrolio che, grazie propriamente ai notevoli progressi tecnologici in costante ascesa, hanno radicalmente posto le fondamenta per la società moderna ponendo fine all’era dei cowboy, dei saloon e dei duelli ormai ai ruderi di oppressione sociale che andava via via diffondendosi sempre di più. È quindi in questo contesto che le vicende prendono piede delineando altresì, la fine dei bandidos, dei pistoleri, dei cercatori, dei mandriani, dei fuorilegge, dei pionieri e degli sceriffi…è il tramonto di un’era, di una cultura, di un dogma…un ultimo vagito di un ideale ormai sprofondato nell’oblio, o in qualche bicchiere di liquore.
Resi ormai partecipi di questo cambiamento e con l’epoca del proibizionismo ormai alle spalle la banda dei Van Der Linde capitanata da Dutch e sorretta dai suoi scagnozzi, tra cui milita il nostro protagonista Arthur Morgan, rappresentano l’emblema nonché un ultimo glorioso eco di un evo che aveva arricchito gli ingiusti detronizzando il ceto medio che, adesso grazie anche all’irrefrenabile mutamento della società che dipana un luminario cammino verso il nuovo secolo, stanno man mano sovvertendo un’egemonia durata sin troppo ai quali i nostri protagonisti non possono sottrarsi andandosi anzitempo a scontrare con una dura e triste realtà che stavolta non contempla più le loro ideologie ed ambizioni.
Questo radicale “cambiamento” sociale, filosofico, tecnologico ed intellettuale si intreccia perfettamente non solo a livello narrativo ma anche con un sistema di gioco che predilige l‘esplorazione e la familiarizzazione con i membri della banda che, a seconda delle nostre azioni, si rivolgeranno ad Arthur in modi differenti, con l’effettiva interazione con il mondo circostante che riesce ad elargire una libera metodologia d’approccio detenuta dal videogiocatore che difatti viene valorizzata all’ennesima potenza ed in modo completamente atipico e finora inarrivato nel medium. Il voler attaccare o semplicemente salutare e sdrammatizzare con un qualsiasi NPC che intrinsecamente possiede una propria personalità garantirà un’immersività mai vista prima d’ora delineando un rapporto causa-effetto che ci permetterà di sbloccare tante nuove missioni ed attività secondarie correlate strettamente al fabbisogno e alla crescita della banda.

La banda dei Van Der Linde sarà l’elemento chiave dell’intera esperienza poichè la si dovrà gestire al meglio garantendo i viveri necessari mediante la caccia di animali selvatici resi davvero ostili non solo dal microclima ai limiti del vivibile ma anche dalle nostre interazioni, con questi ultimi che ci saranno di grande aiuto per poter di conseguenza vendere le pelli all’emporio, od al trapper di turno, ricavando quindi denaro reinvestibile in un outfit variegato od in una customizzazione delle armi che prende a piene mani quanto di buono propinato nei precedenti progetti di Rockstar, oppure  instillando fiducia nei vari membri della squadra donando loro i propri aver in modo tale da poter migliorare esponenzialmente l’affiatamento nella sua totalità per poi sbloccare quests speciali e dapprima inaccessibili.
Proprio la fiducia sarà un elemento che spesso ci ritroveremo malvolentieri a fronteggiare poichè rappresenta un dogma che, seppur difficilmente assimilabile ad alcune personalità ed individui che impareremo a conoscere nel corso dell’avventura, risulterà esser pressoché fondamentale durante i vari assalti alfine di garantire la “buon riuscita” degli stessi come già ben chiarificato sin dai trailer mostrati in calce a pochi mesi dalla release ufficiale.

Andare a caccia rappresenterà una delle attività più gradevoli e redditizie in termini di guadagni economici e di fedeltà nei confronti della banda.

Realismo? Si grazie

Soffermarci sulla trama seppur risulta esser un punto cardine dell’intera esperienza in sede di recensione è sempre cosa buona e giusta glissare per lasciare a voi lettori il brio della scoperta, ma cionondimeno l’obbiettivo anteposto sin dagli albori da parte di Rockstar è sempre stato quello di poter redigere un’opera in grado di esser fruita in mille modi diversi facendoci percepire in ogni suo istante della “magia” od un incantesimo che pone le sue fondamenta sull’estrema caratterizzazione anche di semplici ma stupendi dettagli, in un mondo paradossalmente più realistico che mai. Un ambiente che fin da subito non sembra un parco giochi in cui agire liberamente ma preciquamente un luogo reale e tangibile, con le sue regole e i suoi spazi da rispettare (per esempio: non si va in montagna senza i vestiti adeguati) che potremo però esplorare fin da subito in lungo e in largo, senza doversi preoccupare di livelli, avanzamento del personaggio e così via. Il nostro Arthur potrà migliorare alcuni aspetti di sé oltre alla sua estetica, come la durata del Dead Eye, ma tendenzialmente non siamo di fronte a un gioco di ruolo in cui si accumulano punti esperienza per acquisire punti abilità, al massimo si accumulano solo esperienze, di certo più intime ed autoriali.
La cura per l’ambiente è tale che, oltre alle 120 splendide tracce musicali che si adattano al contesto, all’ambientazione e ai dialoghi perfettamente doppiati, è presente anche un sound design tale da poter udire la deformità del sentiero su cui il nostro fido destriero poggia i suoi zoccoli ed il come questi ultimi piegano l’erba che noi difatti con estrema noncuranza calpestiamo, ma soprattutto il contesto e la presa di coscienza di come gli altri percepiscono la nostra presenza rappresenta davvero l’elemento cardine dell’intera esperienza. Se arriviamo in città sporchi di fango e sangue perché abbiamo portato sulle spalle una preda scuoiata non riceveremo la stessa gentilezza che spetta a qualcuno che esplora la città con le vesti pulite e l’aria da damerino, se abbiamo fatto una rissa in un locale qualcuno potrebbe parlarne per strada e tenersi alla larga aumentando altresì una pessima reputazione, se parliamo con qualcuno che ha appena litigato quello ci risponderà in maniera agitata, se ha appena vinto a carte si vanterà, se esce da un saloon magari sarà brillo e si mangerà le parole, oppure dopo un crimine lieve lo sceriffo potrebbe decidere che “per questa volta la scampi” in base a una serie di fattori quali il vestito, il suo umore, la reiterazione di un crimine o la nostra fama.
Ogni persona che incontriamo per strada o in città può essere avvicinata con modi cortesi o bruschi, possiamo disinnescare un confronto agendo in maniera amichevole oppure inasprire la situazione fino alle conseguenze peggiori, possiamo chiedere un passaggio a una diligenza convincendo il conducente a puntargli una pistola e derubare i viaggiatori sperando che non passi una pattuglia proprio in quel momento, e se proprio ci beccheranno, è possibile arrendersi volontariamente allo sceriffo, andare in prigione per un po’ di tempo ed evitare di devastare una città solo per uscirne illesi oppure optare per la fuga, ma in quel caso verrà emessa una taglia su di noi in quella zona e chiunque volesse fare un po’ di soldi inizierà a darci costantemente la caccia senza darci un minimo di respiro. Tuttavia tornare in città significherà pagare e risolvere la questione senza sparare un colpo o diventare al contempo noi dei cacciatori di taglie aiutando così a riportare l’ordine ma detenendo pur sempre un’indole da fuorilegge, però plasmandola a nostro gaudio e diletto…potremmo esser chiunque noi vogliamo delineando in questo modo un distaccamento dalla classica fruizione videoludica cui noi siamo ormai abituati poiché tutto questo avviene naturalmente, senza fronzoli, senza cambi di regia e scelte predefinite che rischiano di spezzare inequivocabilmente un ritmo sempre calzante e mai banale, garantendo quindi mille variabili invisibili ed in costante mutamento che contribuiscono ad assottigliare sempre di più la tanto proibitiva distanza tra questo magnifico costrutto e la realtà, caratterizzando ogni minima piccolezza che nella loro globalità fanno la grandezza.

“Ladies and gentleman this is a robbery”

Pensa prima di sparare

Come i mass media, che in modo del tutto erroneo ed ingiustificato ci hanno abituato nel corso degli anni, in un’opera targata Rockstar Games sarebbe stato lecito aspettarsi una violenza totalmente gratuita ed insensata ma come il primo capitolo ci insegna, non siamo sempre costretti a uccidere. Ad esempio possiamo sparare un colpo in aria per intimidire e convincere le nostre vittime ponendoci indirettamente dinnanzi a scelte etiche e morali che avranno un peso specifico non solo in quella determinata istanza, ma anche nella storia principale. Red Dead Redemption 2 è indubbiamente un gioco fondato sui legami e questo vale anche per armi e cavalli, il nostro fido destriero sarà una estensione di Morgan e curandolo, spazzolandolo e prendendosene cura lo renderemo più calmo nelle situazioni concitate, gli permetteremo di correre più forte o di sentire da più lontano il nostro fischio, potremo effettivamente modificare e migliorare la sella per contenere più armi e risorse, cambiargli l’acconciatura di coda e criniera e se morirà a seguito del tanto discusso “permadeath” non tornerà magicamente in vita ma dovremo irrimediabilmente domarne un altro.

Ci saranno cavalli più adatti al lavoro di fatica ed altri più resistenti, quelli in grado di sopportare meglio il clima rigido delle montagne e quelli perfetti per inseguire una diligenza ma di sicuro vi affezionerete alla vostra cavalcatura al punto di tale da non lasciarla mai sola ed incustodita.
Stesso discorso vale per le armi che spaziano dalle tantissime pistole, ai fucili automatici, alle carabine per poi giungere ai classici archi e coltelli da caccia ove su ognuno di essi potremo incidere dei motivi, modificare il colore del metallo e del calcio rendendoli quindi i nostri unici e personali “attrezzi del mestiere“.

Red Dead Redemption 2
  • 9.4/10
    - 9.4/10
9.4/10

Commento Finale

Red Dead Redemption 2 è senza alcun dubbio il prodotto che noi tutti appassionati attendevamo da anni, un costrutto inimitabile, instancabile e mai banale che permette di immergerci in un’universo così reale e tangibile che merita appieno la vostra attenzione pur da non appassionati del genere, ed aspettando nel frattempo la controparte online in arrivo tra poche settimane è lecito gustarsi al momento la migliore esperienza open world che il mondo dei videogiochi ha tutt’ora da offrire.

Sull'autore

Francesco Palmiero

Enciclopedizzare, narrare, contemplare e condividere insieme l'arte videoludica.