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Un bel po’ di anni fa rimasi totalmente sconcertato dopo aver giocato e portato a termine Limbo, un videogioco tanto particolare quanto disturbante, ma comunque capace di parlare al giocatore. Parlare senza utilizzare alcun linguaggio scritto, ma nonostante questo, raccontare una storia bella e profonda. Poi arrivò il momento di Inside, che segnò un altro punto a favore di Playdead.
Potete quindi immaginare le mie aspettative nei confronti di Somerville, l’opera sviluppata da Jumpship e firmata da Dino Patti. Un nome, una garanzia direbbe qualcuno, ma non è sempre così. Per tutti arriva il momento della rovinosa caduta e così anche per i game designer e qui ci troviamo davanti a una caduta bella e buona. Certo, non è tutto da buttare in Somerville, giammai. Anzi, oserei dire che molte delle scelte fatte sono veramente azzeccate e giuste, ma purtroppo è la messa in scena ad abbassare il voto.
La storia è quella di un’invasione aliena in pieno stile. Il nostro protagonista se ne sta dentro casa con sua moglie e il figlioletto ed ecco che arriva l’inevitabile. Arrivano gli alieni e iniziano a fare ciò che farebbe un umano su un altro pianeta; piazza pulita. Il protagonista viene separato dai suoi cari e il suo unico intento sarà quello di salvarli. Questa è a grandi linee la storia, che nell’arco di 4-6 ore si svilupperà su più piani, ma come sempre in modo silenzioso che abbiamo già visto più e più volte. Insomma, una sorta di Guerra dei Mondi in cui siamo in mezzo a un grosso casino del quale non ci frega davvero molto, ma che continuerà a riversarsi su di noi.
La storia prende comunque se si è amanti del genere scifi, questo va detto.
Lo stile grafico assomiglia parecchio a quello degli altri titoli già elencati, ma ovviamente la quantità di dettagli è nettamente maggiore questa volta. Il minimalismo la fa quindi da padrona ed è davvero un bel minimalismo da vedere. I colori freddi e cupi coprono la visuale, rendendo il viaggio tetro e opprimente, ma credibile. Somerville regala delle emozioni congelate nel tempo proprio grazie a questo stile così semplice, ma funzionale. Funzionale anche dal punto di vista delle ombre e di tutto quel che circonda le creature presenti nel gioco.
La parte problematica quindi dove starebbe? Ebbene, il vero problema è il gameplay. Poter vagare in un ambiente di fintissimo 2D anche in giù e in su potrebbe sembrare una gran figata, ma non è così. Si tratta di un problema da non poco. Mi sono ritrovato più di una volta incastrato in una staccionata o morto perché non c’erano delle spiegazioni sul dove andare. Quello in effetti è il secondo problema in quanto capire dove andare a volte è un’impresa e credetemi sulla parola, finirete morti tantissime volte. Non perché siete degli incapaci, ma perché i comandi legnosi vi faranno sbagliare strada e senza nemmeno capire dove andare morirete in malomodo.
Questo rende tutta l’avventura frustrante, noiosa e a tratti addirittura viene il desiderio di cancellare tutto e tornare nel LIMBO.