That Dragon, Cancer – Recensione

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La vita e la morte sono una nostra costante. Sono la partenza e il traguardo e non per niente si dice che l’unica cosa sicura è la morte. Purtroppo è anche un argomento che talvolta prendiamo sottogamba, travolgendolo e stravolgendolo. Il videogioco ad esempio è sicuramente un veicolante perfetto di questo significato in quanto molti giochi vedono i protagonisti perire a destra e a manca, senza alcun criterio o ragione. Alcuni titoli vogliono fare di più però, scavando nel nostro io e mostrandoci qualcosa che spesso non vogliamo vedere, voltando il capo dall’altra parte e dicendo: “Io gioco per divertirmi”.

Nel colosso Il Signore degli Anelli il re Theoden dice una frase: “Nessun genitore dovrebbe seppellire il proprio figlio”. Una frase forte, che va dritta al cuore di chi la sente e in effetti proprio quell’azione interrompe il naturale ciclo vitale e crea non pochi problemi nel genitore. That Dragon, Cancer è un titolo che ha fatto parlare di se fin dalle sue prime informazioni, raccogliendo critiche negative e quelle positive in quanto l’argomento in questione riguardava i bambini e quel verme qual è il cancro. Non è stato facile giudicare quest’opera e non è facile scriverne. Vi preghiamo di smettere di leggere se considerate questo tipo di opere non adatte per diventare videogiochi e di far finta di niente. Altrimenti proseguite senza paura e senza pietà.

That Dragon, Cancer

Un famiglia – Un dolore

Quella di That Dragon, Cancer è una storia triste e purtroppo vera. Amy e Ryan Green scoprono che il loro pargoletto di solo un anno è malato di cancro e che non ci sono speranze per la sua sopravvivenza. Joel, tale è il suo nome, muore all’età di quattro anni nel 2014 e ciò che i due genitori vogliono raccontarci è la loro lotta con la malattia, le sofferenze, le paure, ma non solo. Vediamo l’amore, quello puro e imperituro, non condizionato, ci troviamo la felicità che possono procurare le piccolezze, che cosi spesso lasciamo a casa pretendendo nel massimo.

Si va avanti in un mondo fatto di frammenti, colorati ricordi, che ci mostreranno alcuni dei momenti chiave della vita del giovane e dei suoi genitori. Verremo sommersi dall’acqua salata, come le lacrime, quando i dottori ci diranno della fatalità della malattia e dell’impossibilità di curarsi e dovremo nuotare, nel nostro dolore, sofferenza e disperazione. In un particolare momento ci ritroveremo in un reparto dell’ospedale dove vedremo tante cartoline. Aprirle equivale all’aprire il nostro cuore e la nostra mente verso la sofferenza e l’amarezza di tante altre persone che hanno perso nella loro lotta contro il mostro. Perché il cancro questo è. Un mostro, un parassita che si annida al nostro interno e ci divora lentamente, lasciandoci la possibilità di fuggire, di nasconderci per poi finirci nella sua gelida e affilata presa, senza una via d’uscita. Inermi deponiamo le armi e posiamo il capo su di un tronco, sporco di sangue rappreso e maleodorante, che di vite ne ha viste parecchie e tante altre ne vedrà.

Senza via d’uscita

Quest’opera non ha le capacità di farci divertire, non ci prova; non serve a quello. Si tratta di un lascito verso gli altri esseri viventi. Una testimonianza, un obelisco nel cuore della foresta più buia. E cosi due lacrime, tiepide, righeranno il viso più e più volte, facendoci sussultare più e più volte; il macigno diventerà sempre più pesante, fino a farci crollare sotto il suo peso. Quindi iniziare questo titolo equivale a tanto impegno emotivo e il suo difetto potrebbe essere proprio la sua diversità con qualsiasi cosa abbiate mai affrontato nella vostra breve, o lunga, carriera videoludica. Non vi aspettate dell’azione o un gameplay sobrio. Non è in questo titolo che troverete ciò che cercate. Qui troverete del minimalismo più puro, che non lascia spazio all’immaginazione. Con l’ausilio del solo mouse affronteremo i frammenti, spezzoni di vita di una famiglia che come molte altre ha racchiuso molte delle loro speranze nella religione. Come biasimarli però? Atei o meno, ma biasimarli sarebbe l’errore più grave, meno umano e più diabolico.

Strisciando avanti ci renderemo conto che talvolta saremo di troppo. Saremo pari a degli intrusi in una storia che non ci appartiene. Sarà come guardare l’intimità altrui, quella che non dovrebbe uscire dalle mura domestiche, quella più profonda. Ci sentiremo straniti, storditi e colpevoli. Non si tratterà però di un sentimento negativo, ma più che altro sarà come una sensazione di spiacevole brivido che ci attanaglierà. In qualche occasione, però, questo brivido diventerà una lama rovente e allora toglieremo le cuffie dalle orecchie per sentire il silenzio, tanto agognato e che nel titolo in quei frangenti non esisterà. Joel prova dolore.

Uniti resistiamo

La famiglia è una componente preponderante in That Dragon, Cancer e lo sarà chiaro fin dalle prime battute. Una moglie e un marito che fanno fronte comune, diventano dei soldati, dei cavalieri, cercando di proteggere il proprio figlio. Figlio che non potremo mai vedere in faccia e che non potremo riconoscere. Lo stile grafico del gioco, altamente minimale, riduce al minimo ogni elemento, non facendoci riconoscere nemmeno i personaggi al livello facciale. Un modo per farci immedesimare? Un modo per dirci che ognuno di noi può essere vittima di questa bestia? Forse tutto insieme, più altri mille motivi, che non riterremo mai sbagliati. Al livello tecnico l’unico difetto che possiamo trovare è qualche casuale bug di piccola importanza e del quale presto ci si dimentica senza pensarci.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".