The Banner Saga – Recensione

Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.

Avete mai pensato, guardando opere come Game of Thrones o Il Signore degli Anelli, cosa vuol dire affrontare un lungo cammino? Certo nell’opera di Tolkien e nella sua trasposizione, gli effetti del viaggio di Frodo e compagni sono molto ben rappresentati dal fisico e soprattutto dalla psiche dei personaggi, ma il viaggio in se, gli infiniti passi in terre ostili, la paura di essere attaccati e la gestione delle provviste è una situazione troppo estesa da rappresentare per qualunque media. Tuttavia The Banner Saga fa più di un passo avanti nella rappresentazione di queste situazioni…

Uomini e giganti

The Banner Saga è ambientato in un mondo fantastico basato sulla cultura e la mitologia Islandese in cui la costante minaccia della razza dei Distruttori, spietati esseri di pietra, ha portato ad una instabile alleanza tra umani e giganti, e proprio da questa alleanza inizia la storia: i Distruttori stanno tentando un’altra invasione, e i molti protagonisti della storia si mettono in viaggio in due distinte carovane,ognuna con le proprie necessità, ambizioni e leader; la prima, composta principalmente da Varl. cerca di reagire all’invasione cercando di opporsi agli invasori più duramente possibile, la seconda è composta soprattutto da umani in fuga dalla minaccia incombente.

the banner saga 2

Il popolo ha fame

Per buona metà del gioco dovremo guidare la carovana attraverso un percorso predefinito, cercando di gestire al meglio le risorse, siano esse umane o di cibo. Durante il viaggio decine di eventi richiederanno la nostra attenzione, tragiche beghe interne tra famiglie che si contendono il diritto di dare in spose le loro figlie a giovanotti molto ambiti, le politiche da adottare con i capi delle città che attraverseremo, il modo in cui gestiremo sia i nostri successi che fallimenti bellici e naturalmente l’approccio che avremo verso alcune grandi battaglie dipenderà totalmente dalle nostre scelte, e da queste scelte deriverà la sopravvivenza dei membri del gruppo, tenendo persino conto e calcolando diversamente le perdite guerrieri e di semplici membri della carovana. Anche la vita e la morte degli eroi, oltre che al supporto che potranno scegliere di dare o negare, dipenderanno da noi, rendendo The Banner Saga un gioco ibrido tra gestionale, avventura grafica stile Telltale, e strategico a turni.

the banner saga 3

Strateghi con l’ascia bipenne

Da sempre nei videogiochi ogni singolo nemico dà sempre il massimo finché la sua salute segna zero, e sono pochi i giochi in cui questa regola non assoluta, al massimo in giochi come Fallout Wasteland dove ci sono barre della salute differenziate per ogni parte del corpo avremo degli effetti negativi se riusciamo a danneggiare un arto o qualcos’altro prima del colpo di grazia, ma sono casi rari. In The Banner Saga forza e salute sono la stessa statistica; in parole povere, più la salute si riduce, meno danni il personaggio sarà in grado di infliggere. Questo originale fattore, più la geniale meccanica del valore armatura, rappresentata da una seconda barra indipendente da forza/salute che riduce il danno a quest’ultima, attaccabile separatamente e con regole diverse, da lo spunto a molte strategie di gioco, non tutte efficaci in verità, ma che fanno tutte parte del percorso che il giocatore farà per affinare la sua bravura nel gestire i suoi combattenti. Per il resto, nulla di davvero speciale, le sezioni di combattimento a turni si svolgono sempre in quadrati o rettangoli in cui gli unici ostacoli sono gli altri personaggi, il sistema di turni è legnoso ed antiquato ma funziona abbastanza bene, i tipi di nemico sono pochetti e l’approccio strategico cambia più in base ai personaggi che controlleremo noi (davvero tanti, e quasi tutti hanno una classe appartenente solo a loro) piuttosto in base al nemico che affronteremo. Unica vera nota di biasimo nei combattimenti è il sistema di controllo davvero poco immediato e male adattato per console, che richiederà qualche ora per essere padroneggiato.

the banner saga 4

L’arte dei barbari

Lo stile artistico ricorda molto quello di vecchi cartoni come La bella addormentata dando ai giocatori un senso di “manualità” dietro artwork, charachter design e animazioni, scelta secondo noi azzeccatissima, anche per dare al gioco un tratto unico ed inconfondibile. Grande attenzione è stata data anche alla colonna sonora, curata da Austin Wintory che i gamer ricordano soprattutto per Journey, ed interpretata da Youtuber specializzati in cover di musiche di videogiochi come Taylor Davis, Malukah e Peter Hollens; The Banner Saga insomma, incarna bene la volontà del team di creare non solo un gioco, ma un opera d’arte. Note a sfavore? Questo è un gioco zeppo di testo e di dialoghi non doppiati, facilmente potremo perderci delle battute skippandole involontariamente mentre premiamo il tasto per far comparire più velocemente i dialoghi, per di più l’assenza di un linguaggio stile Simlish (la lingua di The Sims), con un tono diverso assegnato ad ogni personaggio, come accadeva ad esempio in Steam World Heist rende difficile a volte associare le battute al personaggio che le pronuncia, se non si va molta attenzione ai nomi che si intercambiano sullo schermo. Tuttavia il problema principale è nel finale; non spoilereremo nulla, tranquilli, diciamo solo che la nostra avventura finirà all’improvviso, troncando la storia e lasciando in sospeso la trama principale e la maggior parte delle sottotrame rendendo obbligatorio un secondo capitolo (già annunciato) in cui dovrà obbligatoriamente esserci una funzione di cross-save per non vanificare le nostre scelte. Sarebbe stato tutto molto più bello e semplice prolungare il gioco, anche per aumentare la longevità non certo da record. Ciononostante The Banner Saga resta un’opera bella da vedere, da ascoltare e da giocare.

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.