Armikrog – Recensione

Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.

A volte, mentre si gioca un titolo, non ci si può fare a meno di chiedersi: perché?

Perché i creatori di uno dei platform sparatutto più bello ed influente degli anni ’90 hanno deciso di usare i soldi di un progetto in crowdfunding per produrre un’avventura grafica?

Perché nel farlo hanno puntato tutto sull’impatto visivo, usando lo Stop Motion per donare al gioco un’inconfondibile stile grafico a scapito della fluidità dei personaggi, appesantendo un titolo appartenente ad un genere che ha bisogno di tutto tranne che della grafica?

Perché, nel tentativo di semplificare un sistema di controllo già di per se semplice ed intuitivo, come quello delle avventure grafiche, si è ridotto tutto così tanto all’osso da risultare scomodo?

Perché Armikrog?

Dalle stelle allo stallo

Armikrog è la storia di un’astronauta che, durante i suoi viaggi, atterra per errore in un pianeta ostile, in cui troverà una misteriosa (ed aggiungeremmo fastidiosa) lattante aliena, per uscire da questa situazione e riuscire a scappare dal pianeta, Tommy, accompagnato da Beak-Beak, il suo cane parlante e volante, dovrà aguzzare il suo ingegno e la sua pazienza per scoprire il potenziale nascosto di P, la bambina che cercheranno di proteggere.

Fin dai primi minuti di gioco, anche grazie ad una bella intro, ci si rende conto che Armikrog punta a dare un forte imprinting artistico ai giocatori, con il già citato stile in Stop Motion e con una colonna sonora gradevole ed originale, almeno nelle tracce principali. I personaggi sono ben animati, anche se lenti e goffi, lentezza accentuata da una mancata snellizzazione degli ambienti; saremo quindi costretti ad assistere a tutti i lenti spostamenti dei protagonisti attraverso le troppe schermate. Se in circostanze normali, questa scelta risulta solo in un banale fastidio, nel caso di Armikrog alcune pessime scelte di level design rendono molte aree incredibilmente lente e noiose. Molti enigmi infatti, vanno risolti azionando interruttori che si trovano in stanze diverse dal meccanismo azionato, costringendoci talvolta ad attraversare lunghe schermate di vuoto, azionare qualcosa, per poi tornare a vedere cosa è cambiato nell’altra stanza.

Abbiamo avuto l’impressione che, data la semplicità degli enigmi, gli sviluppatori abbiano puntato non sulle capacità di ragionamento dei giocatori, ma sulla loro capacità di far funzionare correttamente i meccanismi. Per tre quarti buoni del gioco troveremo la soluzione degli enigmi pochi secondi dopo esserci imbattuti in essi, quello che ci rallenterà sarà solo la macchinosità di questi ultimi. Ovviamente può capitare di bloccarsi, ma spesso per i motivi sbagliati: ci capiterà di non notare una stanza, o di non ricordare la strada verso un rompicapo che inizialmente ci sembrava irrisolvibile (perché lo era) di cui abbiamo in seguito trovato la soluzione attraverso i livelli, ma raramente sarà l’enigma stesso a bloccarci. In quest’ultimo caso comunque, non avremo la possibilità di passare avanti, risolvendo un altro problema mentre pensiamo alla soluzione del precedente; stranamente, Armikrog è un gioco molto lineare, e i rompicapi vanno risolti nel preciso ordine deciso dai Game Designer. Anche qusto problema è tuttavia di poco conto, almeno finché la bambina non inizierà a piangere…

Balie Spaziali

Pochi di voi lettori siete genitori, ma tutti almeno una volta, avete ascoltato il pianto di un lattante. Forse era un fratellino, un cuginetto, o un bambino portato impunemente dai genitori in un luogo affollato, un ristorante, un negozio o un mezzo pubblico, appositamente per condividere con una folla di sconosciuti le gioie dell’essere genitori, e farvi ascoltare i dolci acuti di un odioso sgorbietto facendovi passare all’istante ogni desiderio di discendenza. Bene, grazie ad Armikrog, nemmeno a casa vostra potrete scampare a questo supplizio; in determinati punti della storia, P inizierà a strillare disperatamente, facendo ritirare inorriditi tutti gli NPC che ci consentono di spostarci tra gli ambienti di gioco, e dovremo risolvere un enigma per farla smettere… un enigma musicale.

Immaginate il divertimento di cercare di aggiustare una giostrina musicale, quegli aggeggi coi pupazzetti che girano e suonano che si montano sulle culle, cercando di montarla in modo che suoni correttamente una ninna-nanna, mentre una mostriciattola strilla per tutto il tempo come un disco registrato (cosa che in effetti è)? Per quanto ci riguarda, questa è la ciliegina marcia sulla torta scaduta. Praticamente TUTTI gli enigmi sono un ricatto: “o ci risolvi o ti tedieremo a morte” sembrano gridare. È noioso andare avanti e indietro con un carrello per attivare dei binari che non vediamo neppure; è noioso lasciare Beak-Beak su un pulsante, attraversare 4 schermate, spingere uno strano animale prima bloccato, riprendere il cane e ripetere con un altro pulsante; è noioso memorizzare un’immagine per poi cercare di riprodurla a memoria attraverso un tipo di rompicapo che si ripete per la terza volta; ed è noioso stare a sentire un polpo che parla con un cane in una lingua sconosciuta, ed essere costretti a cercare di capirci qualcosa. A costo di sembrare ripetitivi, lo ribadiamo, Armikrog è noioso. E non abbiamo nemmeno parlato dell’enigma finale.

L’insulto finale

Dal punto di vista artistico, Armikrog è un capolavoro, dal punto di vista della giocabilità, l’esatto contrario. L’essere un gioco artisticamente rilevante, composto da enigmi facili e/o riciclati, giustifica in qualche modo la presenza di un rompicapo finale difficilissimo? Secondo noi no, ma è questo il caso, alla fine del gioco ci troveremo davanti alla più grossa impennata di difficoltà di tutti i tempi: senza anticipare troppo, per risolverlo legittimamente dovremo prendere nota di alcuni strani simboli che compariranno nel corso del gioco, comprenderne il significato con l’”aiuto” dei polpi sopracitati, e comporre una frase con essi. Ovviamente il giocatore questo non lo saprà fin dall’inizio, e quindi, alla fine del gioco sarà costretto a: 1) giocare tutto da capo, 2) cercare di risolverlo a caso, 3) cercare la soluzione su internet. Nessuna delle 3 opzioni ci sembra lontanamente divertente, gratificante o giustificabile, sembrerebbe che il gioco si diverta a punire, invece di gratificare, chi ha avuto la pazienza di arrivare alla conclusione. Non riusciamo davvero a vedere la cosa sotto un altro punto di vista.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Armikrog fece capolino su PC lo scorso anno, ed allora uno dei difetti di cui più si lamentavano critica ed utenti era la presenza di fastidiosi bug. Sotto questo punto di vista, per la sua attuale uscita su Xbox One, non siamo stati scocciati da questo tipo di problemi, lodevole quindi almeno l’impegno degli sviluppatori nel risolvere questi fastidi prima dell’uscita su console. Per il resto, Armikrog, seppur non classificabile come gioco “rotto” o ingiocabile, non riesce mai davvero a intrattenere, anzi, cercherà continuamente di fiaccare il vostro spirito soffocandolo con legnosità, noia, e un pessimo finale. Di godibile c’è solo lo stile, ma per goderselo, basta cercare il video dell’intro su Youtube, andare oltre è puro masochismo. Certo, i masochisti videoludici esistono eccome, specie tra i fan delle avventure grafiche punitive pre-Monkey-Island, se siete quindi uno di loro e cercate un certo tipo di gioco, magari su console, senza possibilità di Game Over e che funzioni bene e senza bug, questo potrebbe fare al caso vostro.[/stextbox]

Sull'autore

Michele “Azzie"

Ho la straordinaria capacità di inventare cose che già esistono e di dire cose incredibili che diventano ovvietà pochi anni dopo. Inoltre mi piacciono i videogiochi, motivo principale per cui scrivo qui.