DmC: Devil May Cry – Recensione

Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.

Prendere le redini di una Ip pienamente in attività, con una fan-base tra le più accanite e longeve dell’era videoludica moderna, non è sicuramente l’augurio che si farebbe nessuna software house. La lista dei pro e dei contro è una lista sicuramente allettante, perché vede dal suo lato più roseo una base di copie vendute certo non sottovalutabile, ma la stessa lista nera porta invece con sé delle vere e proprie mine antiuomo disseminate per ogni riga di programmazione. Un errore e si è morti, game-over, fuori da giochi senza possibilità di coin-up.
Tanto non lo augurereste in più se la software house in questione poco ha avuto a che fare in realtà con manovre di questo tipo, ed è anzi solita (e galvanizzata oltremodo), dal lanciare nuove Ip e nuovi progetti come se la possibilità di trattare storie già iniziate da altri fosse una mossa non prevista dalla lista delle combo.
Volete un’aggravante alla già non proprio distesissima situazione? Alla SH viene anche richiesto dal publisher di cambiare il personaggio principale di questa saga decennale – un pg che ha accompagnato in tutta tamarraggine la crescita di persone e generazioni di console – e di effettuare un restyling (sul modello storico di Hideki Kamiya) pesante che lo renda decisamente più in linea con i tempi e con le mode del momento.

dmc_devil_may_cry

Queste è lo sguardo che devono aver fatto in Ninja Theory, sviluppatore tacito delle righe soprastanti, nel momento in cui, confrontandosi con il progetto già  inizialmente non nelle loro corde più congeniali, si sono visti scartare il modello di Dante progettato appositamente per rimanere fedeli alla saga originale (legge n°1 del manuale “Fai un reboot senza far incazzare il mondo”), ricevendo come risposta un ‘lo vogliamo più occidentale e tormentato’ dai boss Capcom.

Immaginandoci la principale protesta fatta dagli sviluppatori (“Ma nel nuovo Tomb Raider Square non ci sembra abbia optato per una drastica riduzione delle poppe, pensateci ragazzi!”), gli ulteriori dubbi saranno subito arrivati al pensiero che potrebbe colpire chiunque abbia leggermente dimestichezza con quelle piccole bestioline brontolone chiamate viodegiocatori, e che quindi ben sa quanto poco essi si prestino all’apprezzamento delle mode comuni .

Insomma, il lancio di un nuovo Devil May Cry, con queste premesse, faceva ben pensare ad una sorta di nuova apocalisse videoludica, in cui i demoni del gioco non sarebbero stati certo gli unici a dover versare lacrime amare.
Ma il bello dell’ambiente videoludico è che molte volte riesce a portare la freccia della contraddittorietà dei videogiocatori stessi al proprio arco, facendoli sfogare così tanto nei mesi precedenti l’uscita del titolo che più la data stessa si avvicina più loro si ritrovano completamente sguarniti e improvvisamente a secco di odio.
Ed è proprio così che Devil May Cry, Dmc per gli amici, contro ogni aspettativa, esce in un 2013 dal terreno tutto sommato pacifico, e si ritrova a fare i conti con una cosa che molte volte a questo ambiente, e in queste situazioni, è totalmente negata: l’obiettività.
Perché sì, quello che si presenta ai players della vecchia gen ( e recentemente nella nuova edizione tirata a lucido DMC Definitive Edition per le console new-gen) è, ci piace ammetterlo, oggettivamente un buon titolo, e proprio grazie a questo riesce nell’impresa di instaurare un rapporto onesto con i videogiocatori che avranno l’onestà intellettuale di approcciarcisi e che troveranno quindi, in nuova salsa, un fantastico modo tutto nuovo per continuare a far piangere demoni.

dmc-devil-may-cry-ps4-xbox-one

Essere dei gran figli di Sparda!

Facendo partire l’analisi dal fronte narrativo Dmc recupera in toto la tradizione Ninja Theory che vuole proprio la concentrazione massiva su quest’aspetto. Nodo focale, trasmesso tramite un vertice introduttivo potente, permetterà al videogiocatore di familiarizzare sin da subito con un personaggio principale ( come sempre) contraddittorio e tormentato, ma con già scritta sulla faccia a chiare lettere un’altrettanto chiara propensione redentiva.

Grazie al tono generale della saga però la consueta marcatura narrativa si riesce a godere, e a far godere, questa volta decisamente dei toni più dark, fondendo le sottolineate spacconate del new Dante, con un ambiente contaminato da una romance di cui si colgono sin da subito le tracce, e dai sottotesti (in realtà stanno parecchio in alto) societariamente critici. I diavoli veri stanno nel capitalismo, nel consumismo, e nelle fonti comunicative accentrate che, come tali, sono perfettamente riassunti in un unico grande demone nemico: Mundus, imprenditore multimiliardario burattinaio della razza umana.
In questo si muove inizialmente un semi-inconsapevole Dante che, trovatosi improvvisamente immerso nelle attività terroristiche di Vergil, combatterà una battaglia votata a far cadere questo malvagio impero, inizialmente per salvare la sua appena scoperta pellaccia di Nephilim ( un mezzo angelo e mezzo demone), trovando poi nel percorso, e nella riscoperta del suo passato, dei veri motivi per salvaguardare la razza umana.

list-dmc-devil-may-cry

Tecnicamente la narrazione si avvale di cut-scene ottimamente dirette, ben cadenziate, mai troppo lunghe ne fini a loro stesse: appagano il giocatore quando devono e riescono poi a farsi da parte limitando la loro ingombranza.

Stando a quando scritto però ci si dovrebbe trovare di fronte ad un capolavoro della scrittura cosa che comunque Dmc, ci preme sottolinearlo, non riesce purtroppo ad essere.  Per sua stessa natura, e per stessa natura del genere che rappresenta, si imbarca in un viaggio più grande di lui, tirando in ballo così tanti aspetti da doverli trattare per forza con una velocità a volte eccessiva e di un certo disappunto per il giocatore.
Ma non vi preoccupate, l’ennesima spacconata basterà a cancellare in fretta qualunque scricchiolio vi capiti all’orecchio e vi rifarà prendere in mano il pad con rinnovata gioia e foga. .

12a2c8e11e2efe4aba0844c456621746cfdcec1f

Un Nephilim non è altro che botte da demone date a velocità d’angelo

Non rimarrebbe ne gioia ne tantomeno foga però, se il gioco di cui vi stessimo parlando non avesse un gameplay che può sicuramente definirsi con il semplice appellativo ‘da urlo’.

Provate a richiamare alla mente la bellezza, scattosa ed incompiuta di Heavenly Sword e fondetela con la dinamicità propria della saga storica di Devil May Cry ed eccovi un sunto della pura esaltazione che si prova nel giocare con Dante e le sue variegate e trucidanti armi. Spada, guanti, ascia, lame rotanti, pistole, fucili, lanciagranate e quant’altro, il tutto perfettamente incastrato nell’utilizzo di una configurazione del pad che vi permetterà nello stesso scontro di concatenare tutte queste armi senza pause nello switch, lasciandoci il compito di allenare la coordinazione dell’unica vera arma in gioco, la nostra mano.
Unito alla coordinazione, il tempismo nello switch sarà almeno altrettanto d’obbligo in quanto Dmc non si limiterà a darci la possibilità di strutturare un buon  numero di combo per ogni arma, ma ci obbligherà a farlo, creando per questo un bestiario con caratteristiche precise: più si prosegue con il gioco, più le classi di nemici diverranno diversificate ed eliminabili solo grazie all’utilizzo di armi precise.

La struttura degli scontri è poi piacevolmente divisa su più piani: l’aggiunta di catene, utilizzabili a mo’ di rampino, consento a Dante di muoversi in agilità da un nemico di terra ad uno di aria, dando inizio ad una giostra interminabile di hit che vi obbligherà a mantenervi svegli e reattivi – scongiurando il pericolo del semplice button smashing – della mono-mossa – e della monotonia.
Il percorso che dovrete affrontare per arrivare all’ending battle, attraverso la classica struttura a ‘zone’ (epurate le quali avrete sempre a che fare con una boss fight accattivante – ma poco provante) , vi porterà attraverso 25 livelli, non di estrema estensione, ma sicuramente vari e ben alternati.
Missioni speciali aggiuntive saranno poi disponibili a seconda delle chiavi recuperate nei vari anfratti dei livelli, elemento che sicuramente aggiunge una sfumatura più puzzle –esplorativa che potrebbe aiutare ad aumentare sia la rigiocabilità che la profondità stessa del titolo.

Elemento sicuramente da apprezzare nel gameplay è la voluta eliminazione delle sessioni d’azione scriptate, a cui si sostituisce un utilizzo intelligente di rapide cinematiche d’intermezzo con azioni ‘indirizzate’ da far compiere al personaggio per completarle – azioni comunque che fanno parte del gameplay di base e che quindi non spezzano la sensazione di controllo del personaggio, aiutandoci a vivere nella maniera più coinvolta possibile queste sessioni, senza perdere il gusto della gestione cinematografica.

Sul fronte stilistico è necessario spaccare l’analisi tra lato tecnico e lato artistico, anche se il risultato non sarà sicuramente una mera media di questi due elementi di peso specifico nettamente differente.
Perché da una parte è pur vero che si è sui soli 30fps e che i modelli facciali dei personaggi sono tutt’altro che dettagliati in molti momenti; aggiungiamoci anche lenti caricamenti di texture e fondali, e potrete capire come certo non siamo di fronte ad un prodotto esente da critiche, visto poi il suo tardo arrivo nella precedente generazione. Anche a fronte di queste carenze però, non possiamo certo esimerci dal far trasudare quanta meraviglia per gli occhi si racchiuda in questo mondo pre-infernale costruito dai Ninja Theory.
Il Limbo nel quale ci sposteremo continuamente (partendo dal mondo umano) è una costruzione e decostruzione continua, un organismo vivo che molte volte, in simbiosi con il personaggio, si modificherà spontaneamente, affascinando a tal punto che la trama, nei momenti di carenza, potrà passare in secondo piano tranquillamente lasciandoci la voglia di proseguire nell’esplorazione anche solo per viverci l’ambiente un momento di più.
Le varianti cromatiche in cui si incapperà nella modalità ‘Devil Trigger’ (una volta caricata l’apposita barra), -una sorta di bianco e nero esasperato – aggiungono la ciliegina sulla torta già in realtà apposta dalle narrazioni in video, alternate tra lo stile classico del gioco e quello più ricercatamente ‘biblico’ con rimandi ad uno stile pittorico rinascimentale.

jqnz8n

Il fronte sonoro invece se la cava egregiamente accompagnando con la dovuta durezza i momenti più carichi dell’azione, sottolineando ad onore i momenti più volutamente trash. Come lo fa la stessa recitazione dei personaggi, doppiati in un ottimo italiano, ove si può criticare solo un non perfettissimo lip-synch, ma che non inciderà minimamente sulla fruizione dei dialoghi.

Devil May Cry si conferma la quint’essenza dell’action game rimodellato sulla nuova epoca di dominio stilistico occidentale. Le variazioni introdotte in termini di design, gameplay – e uno storyboard totalmente rimodellato per appetire sia i palati più commerciali, sia quelli di chi cerca nel videogioco un messaggio contemporaneo e socialmente riconoscibile – creano un mix che difficilmente potrà lasciare scontento chiunque faccia del trucidare demoni a suon di spacconate la propria missione.
Ninja Theory riesce nella tutt’altro che semplice impresa di far ricredere un ambiente conservatore su uno dei suoi brand più storici ed iconici, creando un gameplay stimolante, veloce e concatenato, non rinunciando alla sua tipica voglia di narrare storie nella maniera più cinematografica possibile, non cadendo però nella trappola più pericolosa: quella del far avvertire spaccati e settorizzazioni da gioca/guarda.
Il comparto artistico prende a sberle un motore grafico tentennante, e riesce e farci credere di essere di fronte ad un prodotto di un fascino che prescinde da texture caricate con qualche ritardo e modelli facciali non certo mimistici; le sberle che avanzano finiscono anche per tappare qualche incrinatura nella sceneggiatura, che pretende di dire tantissimo ma  molte volte finisce per far avvertire qualche superficialità di troppo.

Sull'autore

Alessandro Tonoli

Grande appassionato di Videogiochi fin dalla più tenera età (si narra sia stato partorito in ritardo in quanto non avendo salvato, non poteva uscire) si diverte a scrivere per questo o quell'altro sito pur di dare un suo piccolo contributo alla diffusione del Videogioco come mezzo, non solo ludico, ma anche artistico ed emotivo.
Da buon Boxaro preferisce i boxer agli slip.