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Le avventure del Gigante di Giada quest’anno hanno raggiunto sicuramente un livello narrativo superiore rispetto a quelli visti negli anni precedenti. Grazie all’ottimo impatto narrativo la serie di Al Ewing è diventata una storia horror dai temi oscuri e da un Hulk completamente diverso. Purtroppo dopo aver scatenato un po’ di problemi e dopo aver combattuto contro gli Avengers, l’eroe immortale è passato a un’organizzazione segreta e le sue tracce sono scomparse dai radar degli eroi. Questo ottavo numero è una transizione verso qualcosa che sicuramente si trasformerà in un action più puro rispetto ai primi numeri, dove Hulk era alla stregua di un mostro che di notte puniva i cattivi.
La miglior difesa
Hulk è stato completamente smembrato e tutte le parti del suo corpo sono state divisi in dei recipienti e messi in un laboratorio, Shadow Base. Un posto intento a studiare il gigante di Giada, che nonostante lo status è ancora vigile e cosciente. La sua continua rigenerazione e l’immortalità apparente lo rendono totalmente vigile e ovviamente sempre più arrabbiato. Nel frattempo Carol Danvers sta cercando di monitorare Hulk, ma questi è stato perso dai radar e per rintracciarlo decide di formare un apposito team, il Gamma Flight. Ma ovviamente gli scienziati della Shadow Base non hanno fatto bene i conti con l’eroe e con la sua enorme potenza.
È un buon attacco
La storia di El Ewing prosegue per la sua strada senza interruzioni o ripensamenti. Si tratta di un viaggio di sola andata verso un territorio ancora più oscuro di quel che abbiamo visto in precedenza. Hulk non è solo una macchina omicida, ma è anche un essere umano vivo e vegeto e pronto a far provare agli altri il dolore che ha provato lui. In questo esatto numero l’azione è ridotta all’osso (le ultimissime pagine, ma anche quella, non è proprio l’azione con i fiocchi), ma tanti sono i dialoghi che servono per capire sia le varie motivazioni che la direzione che vogliono prendere alcuni personaggi. In linea generale questo potrebbe e dovrebbe essere un numero che – come ho detto in precedenza – aprirà una porta verso la futura azione.
Le matite di Joe Bennet portano un grande peso, quello di mostrarci tutto l’animo dei vari personaggi. Le vignette finiscono per intensificarsi sui primi piani, che senza l’azione in corso ci permette di osservare la mimica facciale dei vari personaggi e anche di Hulk. Chiusa in un barattolo, la testa di Hulk mi ha strappato un sorriso in qualche occasione e alla fine la potenza delle matite si è abbattuta sulle vignette contenenti un protagonista in piedi.
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