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Un po’ di tempo fa, visitando l’oscuro regno di Mark Zuckerberg mi capitò un disegnatore parecchio interessante dal punto di vista grafico e contenutistico. Trattasi di Julien Cittadino, in arte Capitan Artiglio. Le sue opere hanno quel tocco cartoon che colpisce fin dal primo istante, a catturare lo spettatore poi sono i grossi bestioni che l’autore ama, i dinosauri. Ovviamente ne aveva anche di altre, dedicate alle serie animate (quella dei Digimon spacca), ma i dinosauri sono la passione primaria e cosi qualche anno fa (2016) arrivò un grosso annuncio da parte dell’editore BAO Publishing. La futura uscita di un graphic novel scritto e disegnato proprio da Capitan Artiglio, Kids with Guns. Ho atteso l’uscita dell’albo a lungo lo ammetto, ma finalmente sono qui per parlarvi di tutto il viaggio che ho compiuto durante la sua lettura.
Prima spara e poi pensa
Avete mai desiderato di vedere i dinosauri cavalcati dai pistoleri alieni? Qualcuno penserà subito a quella figata come la serie animata Dino Riders (1988) e di come da bambini ci si stava incollati davanti alla tv a vedere i dinosauri con delle armi laser e altre diavolerie simili. Poi arriva Kids with Guns (2018), che utilizza i dinosauri sempre come mezzo di trasporto, dando alle grosse creature anche dell’intelligenza (simile a quella dei cani per intenderci). La storia del primo albo racconta le vicende dei fratelli Doolin, grandi fuorilegge e pistoleri che vorrebbero recuperare un grosso tesoro, ma temono le forze dell’ordine e i cacciatori di taglie.
Dave è il fratello minore e porta con se un grosso, ma piccolo fardello; una bambina che gli è capitata e che ora cerca di proteggere come se fosse sua figlia. Il loro legame forse verrà descritto un po’ troppo brevemente, ma è solo l’inizio di un’avventura gigante, spero. Dall’altra parte abbiamo un fratello morto (ma lo sarà davvero?) e quello maggiore e violento, desideroso di rissa a colpi di piombo e di tesori. Questi si rivelerà però essere molto più di un semplice pirata da due soldi, mostrandoci un legame non solo con la famiglia, ma anche con altre persone che probabilmente hanno sofferto in passato per colpa sua. Si tratta del classico tipo buono che si nasconde dietro una maschera fatta di sarcasmo e violenza. La bambina dal canto suo è una bambina normalissima, anche se muta a prima vista, ma che spara come Tex in persona.
Il buono, il brutto e la bambina muta
Kids with Guns è un graphic novel che ogni nerd apprezzerà sicuramente per la sua qualità e per tutti gli omaggi che vengono lasciati per strada. Iniziando dal nome, che ci riporta all’omonimo brano dei Gorillaz. Lo stesso nome di Capitan Artiglio è un grande rimando verso il gioco Claws del 1997 (sviluppato da Monolith Productions tra l’altro), ma è tutta l’opera a respirare con i pori fatti di rimandi alla cultura nerd, creando una sorta di “Dov’è Wally”, anche se in questo caso si va in cerca dei piccoli easter egg, presenti un po’ ovunque e non di uno solo. Pokemon, le sfere del drago e chi più ne ha più ne metta. Cavalieri, alieni, cacciatori di teste, poteri molto strani sono tutti ingredienti per vengono mescolati meticolosamente per la creazione di un cocktail esplosivo.
La narrazione dell’opera è scandita in modo che oserei definire prefetto. Si passa da alcuni piccoli flashback al tempo reale, da un personaggio all’altro con una fluidità che lascia piacevolmente sorpresi. Spesso gestire più linee narrative si rivela essere una fatalità, ma in quest’occasione abbiamo invece un plus davvero notevole. Anche i dialoghi, divertono quando devono farlo, ma in alcuni punti si sente quella nota di tristezza che ci fa capire qualcosa sulla psicologia dei personaggi, più complessa di quel che si pensa all’inizio.
Lo stile grafico è quello solito del buon Capitano, che sfrutta bene delle inquadrature con a volte una tecnica quasi grandangolare (che abbiamo spesso visto anche negli altri disegni). Le figure non hanno l’anatomia umana classica, ma risulta essere molto più cartoon, simile a quella delle serie che vediamo su Cartoon Network. Come spesso accade, proprio questo stile cosi particolare permette una fruizione migliore delle espressività facciali e quindi della godibilità totale dell’opera. I colori dal canto loro sono delicati e leggermente opachi e trasportano fin dal primo istante nel mondo post-apocalittico governato dalla follia. Sicuramente c’è ancora da lavorare sulle scene d’azione, ma attualmente siamo davvero a un buon punto. La parte che colpisce subito invece è la costruzione delle vignette, che talvolta s’incrociano, si dividono e si uniscono. Alcune figure escono dalle proprie vignette finendo nelle altre e creando un bellissimo effetto cinematografico.