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L’universo Valiant non ha la fama della sua concorrenza e sembra non volerla nemmeno. Viaggia con le sue regole e i suoi eroi che nel corso degli anni hanno saputo creare un interessante sintonia con i lettori. Alcuni eroi per dire si discostano in modo totale da quelli classici e ciò ovviamente fa sempre piacere. Personalmente ho apprezzato quasi sempre le varie storie e gli eventi, anche se questi ultimi meriterebbero una cura maggiore sia da parte di Valiant che da quella dell’editore italiano Star Comics. Tralasciando l’ultimo punto, Quantum e Woody nella loro originalità hanno trovato in me quel lettore che la considera una serie da leggere durante i momenti liberi, con una birra vicino e magari una fetta di pizza. Leggerezza, frizzantezza e comicità. Delle volte ridevo come se fosse una commedia e quindi ho iniziato a usare questo come il metro di giudizio della serie. Kiss Kiss, Klang Klang non mi ha deluso minimamente in tal senso.
Come sicuramente saprete, i due eroi della serie sono i fratelli Eric e Woody, che nonostante le differenze caratteriali (e non solo) hanno vissuto in modo piuttosto pacifico per anni, ma essere un team di supereroi cambia tutte le carte in tavola. Diventare dei supereroi odiando il proprio fratello, ma dovendo comunque starci vicino ogni 24 ore per non scomparire è poi tutt’altro paio di maniche. Questo primo numero della nuova serie inizia con la fine del dell’ultimo e ci mostra i due fratelli ormai a pezzi nei propri rapporti. Questi si limitano all’uso dei bracciali per non dover scomparire, ma nonostante l’odio è chiaro che in realtà sono più come due ragazzini che vogliono sembrare forti e indipendenti, ma non lo sono affatto in fin dei conti. Questo lo si nota dall’inizio alla fine, ma ora balena una speranza, quella di poter smettere di fare eroi e di togliere il bracciale. Ma ovviamente non sarà tutto cosi semplice.
La sceneggiatura dell’albo è firmata da Daniel Kibblesmith, che ha dato davvero il meglio di se con la storia. Posso in primis dire che non viene da meno la qualità primaria dell’albo, l’umorismo e perché no, anche l’azione. I personaggi hanno la loro giusta descrizione e dicono sempre le cose che potremo immaginare da due tipi cosi diversi e cosi strani. A peccare qui è sicuramente la struttura narrativa che risulta essere fin troppo orizzontale e subito diventa chiaro chi è il cattivo e chi no. Tralasciando questo spiacevole particolare, però, l’albo prosegue nella giusta direzione.
Il lato artistico è invece stato curato da Kano e Francis Portela. Due autori che nel loro linguaggio piuttosto diverso sono riusciti ad amalgamare le caratteristiche precedentemente descritti. I personaggio giocano sempre un ruolo importante con la fisicità che spesso sovrasta su ogni altro dettaglio e che alla fine dipinge un quadro tragicomico. Si tratta di quella caratteristica intrinseca che accompagna da sempre il duo. Si poteva spingere di più sul lato delle azione, ma almeno i dettagli sono tanti e davvero ben piazzati.