Song of the Deep – Recensione

L’estate è piuttosto fredda quando si tratta di uscite videoludiche, una stagione dove molti publisher si concedono una limitata pausa per prepararsi al grande diluvio di uscite autunnali e invernali. In questo periodo, intanto, continuano a pervenire alcuni titoli di alto profilo che dovrebbero fornire quantomeno stimoli per aderire più al divano che alle opprimenti temperature della canicola.

Song of the Deep è uno dei giochi estivi più pertinenti sulla base di queste considerazioni: è un metroidvania, uno stile che si concentra sull’esplorazione in un mondo interamente progettato in 2D, dai suoi stravaganti toni fiabeschi. Sviluppato da Insomniac Games, uno studio che in questo momento si trova in un’invidiabile forma, grazie all’assiduo sostegno di Gametrust Games, la produzione ha finalmente occupato gli scaffali dei negozi e a noi non rimane che scrutarla per trarne una nostra valutazione.

Alla ricerca di un padre scomparso

Una delle principali attrazioni di quest’avventura subacquea è la sua emozionante narrazione, spronata dalla figlia del presidente dello studio. Song of the Deep racconta la storia di Merryn e di suo padre che vivono in condizioni decisamente indigenti. Un giorno egli scompare dalla sua vista e lei costruisce un sottomarino traballante per compiere un viaggio con l’unico scopo di indagare i fondali marini al fine di trovarlo. Un viaggio che porterà la protagonista a superare molti pericoli, esplorare l’oceano, incontrare alcuni alleati e risolvere determinati puzzle.

Come altre produzioni di tale caricatura, tenendo presente un Child of Light o Ori and the Blind Forest, la trama Song of the Deep viene raccontata in background nel mentre prestiamo attenzione alla prosecuzione del nostro viaggio. Al di là dell’encomiabile narrazione, le meccaniche del metrodvania riscontrano diversi problemi. Nel corso dell’avventura, ebbene, ci limitiamo a controllare solo un mero sommergibile corredato da un gancio e da siluri con il quale si interagisce con l’ambiente e i nemici circostanti.

È possibile esplorare i fondali marini con il sommergibile di Merryn, ma in un percorso lineare: bisogna tener conto alle manovre, in quanto l’oceano è permeato da molte zone insidiose al quale occorre prodigarsi per una serie di enigmi ambientali da risolvere e anfratti segreti da scoprire. Proseguendo potremo sbloccare e ricorrere a potenziamenti utili per immettersi in nuove aree.

[Tweet “Una delle principali attrazioni di quest’avventura subacquea è la sua emozionante narrazione”]

E fin qui tutto bene: ma quali sono gli aspettano che deteriorano l’esperienza di gioco? Song of the Deep ospita un sistema di combattimento pressapoco recintato da un’esigua varietà di nemici, infatti sono pochissimi i boss inclusi nel metroidvania. In tutta onestà è d’obbligo riconoscere che, pur essendo semplicistico, è generalmente piacevole seppure i controlli possono a volte compromettere la giocabilità. Purtroppo ci sono molteplici elementi puzzle recisamente frustranti e aggrovigliati che quasi inevitabilmente possono condurci alla noia più totale. Come se non bastasse, si intrufola all’interno della produzione anche una vistosa carenza dei fotogrammi al secondo.

Per quanto lo stile artistico possa essere sbalorditivo, grazie a uno scenario impeccabile, il team di sviluppo non ha posto l’accento sul lato tecnico. E, infatti, sistema di gioco è stato inflazionato da questi soprammenzionati difetti, un po’ incomprimibili per uno studio della dimensione di Insominac Games.

Il fascino del metroidvania

La grafica di Song of the Deep è una gioia per i nostri occhi. Girovagare in un oceano così denso di dettagli e sfaccettature non può altro che rallegrarci. L’ibrido tra il 2D e 3D rimembra l’UbiArt Framework, una specie di engine di un’ottima levatura e adatto in gran parte anche ai meno esperti, sfruttato in origine da Rayman Origins. Alcune transizioni o filmati vengono dispiegati in un formato che sa di un’opera ammaliante, ad un tono fiabesco, impreziosita da un rigoglioso audio ed effetti sonori parecchio cristallini. Non manca tuttavia qualche bug di troppo, ma nulla di allarmante: non metteranno a repentaglio l’esperienza di gioco.

[stextbox id=”alert” caption=”COMMENTO FINALE”]Il boss finale di Song of the Deep è una metafora funzionale per ciò che non rispecchia con giusta maestria questo titolo. Fermi restando i suoi limiti, il suo mondo seducente, i suoi personaggi affascinanti e la sua storia dal tono malinconico ne rendono un metroidvania interessante ma non scintillante. Un metroidvania in grado di accompagnarci durante queste giornate pressapoco afose.[/stextbox]

Sull'autore

Luigi Fulchini

Studente e uno dei fondatori di HavocPoint.it. Scrive di videogiochi.