Elden Ring Nightreign – Recensione PS5

La recensione del nuovo Elden Ring Nightreign in versione PlayStation 5

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From Software ci riprova e, grazie all’immenso amore dei fan per Elden Ring (soprattutto monetario), vuole ritentare il colpaccio con una nuova espansione alla sua più recente creatura.

Dopo il DLC single player “Shadow of the Erdtree”, gli sforzi della casa nipponica si sono concentrati sullo sviluppare un qualcosa di completamente diverso e mirato verso un pubblico che, da tanto tempo, chiedeva un modo per poter affrontare i loro titoli in compagnia.

Elden Ring Nightreign è infatti una nuova avventura stand alone improntata sul multiplayer e che, oltre a pescare a piene mani dal titolo principale, “ruba” alcune delle meccaniche più importanti dei vari generi acclamati negli ultimi anni.

Vediamo insieme se ne saranno stati in grado

Ritorno alla Tavola Rotonda

Il nuovo episodio inizia alla Tavola Rotonda, un luogo tanto familiare quanto stranamente differente.

In questa versione, distrutta e semi abbandonata, non troveremo i classici NPC del gioco base ma alcune particolari figure tra cui una donna incappucciata che tenterà di spiegarci la nostra missione.

Il compito principale sarà quello di avventurarci a Limveld (anche questa un’alternativa all’originale Limgrave) per intraprendere la lotta al Signore della Notte per combattere e sconfiggere le sue diverse manifestazioni.

Ognuno dei protagonisti, selezionabili liberamente e predeterminati, è intrappolato in un loop infinito di morte e rinascita, ricorda poco o nulla del proprio passato e di come sia finiti alla Tavola.
Solo con il passare del tempo e delle partite, si riuscirà a sbloccare pian piano i loro ricordi (consultabili in un diario) e sarà possibile svelarne la storia, avendo anche accesso a vere e proprie missioni secondarie con specifiche ricompense.

Rispetto all’originale Elden Ring, concentrato molto sugli avvenimenti del mondo, qui saranno i diversi Nightfarers il fulcro della storia

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Esplora, ma sbrigati!

Nightreing è un mix sperimentale di generi e meccaniche molto diverse tra loro: si parte con la struttura base di un normale Souls di From Software, quindi un action RPG, con l’aggiunta di una componente Roguelite e un pizzico di Battle Royale

Cercheremo di spiegare il più possibile cosa significhi questo miscuglio durante una partita.

La struttura di combattimento rimane sostanzialmente quella dei soliti Souls, con un’enfasi sulla velocità e l’immediatezza per rendere l’esplorazione rapida e meno complicata.

Si partirà da un punto casuale della mappa di gioco (strutturalmente sempre uguale all’inizio) e, grazie all’utilizzo della cartina, si dovranno individuare i punti di interesse da visitare per potersi potenziare in vista delle battaglie contro i boss.

Il nemico maggiore sarà il tempo, inesorabile e ansiogeno, e costringe il giocatore a scegliere un itinerario pressoché obbligato ed ottimizzato che lo porterà attraverso forti, accampamenti, miniere e castelli per ottenere il miglior equipaggiamento possibile.
I punti di interesse sono riciclati dal gioco base, facilmente riconoscibili e poco spiazzanti nelle prime partite, e presentano sempre un motivo specifico per essere visitati: un piccolo accampamento servirà per poter recuperare qualche facile runa e delle armi di basso livello mentre da un forte potremo ottenere le ricompense di un midboss e una mappa, necessaria a tracciare la posizione dei talismani.

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Per quanto diventi chiaro come muoversi e come recuperare gli oggetti necessari a proseguire dopo alcune partite, la componente tipica e più importante del Roguelite sarà la Fortuna: non esistono ricompense prefissate (per quanto categorizzate in base all’evento o al luogo) e ci si dovrà adattare per cercare di ottimizzare una build spesso raffazzonata.

Anche le ricompense ottenibili sia in fase di vittoria sia di sconfitta sono randomiche e, a differenza di quanto succede nella quasi totalità dei giochi Roguelike/Roguelite, non permettono di influenzare nettamente le succesive partite (tranne che in rari casi e con oggetti molto specifici legati ad alcune missioni secondarie).

La sensazione finale è un senso di quasi inutilità nell’ottenimento, amplificato anche da una valuta di gioco che, spesa al negozio della tavola rotonda, permetterà di recuperare pochissimi oggetti utili.

Queste due grosse componenti cozzano con la terza, la chiusura della mappa tipica dei moderni Battle Royale.

Il vostro gruppo verrà catapultato in un punto casuale di Limveld da dei volatili spiritici e, dopo circa 5 minuti, l’area comincerà a restringersi sempre sempre più fino ad una piccola zona sicura.

Sicura sarà un modo di dire perché, una volta raggiunta, si dovrà affrontare il primo boss della notte.

Chi ha già giocato Elden Ring potrà reincontrare alcuni vecchi “amici” come la Sentinella dell’Albero che dava il benvenuto appena raggiunta la zona di Sepolcride.

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Riuscendo a sconfiggere il nemico o i nemici della prima notte si otterrà una prima importante ricompensa (come armi o abilità passive) e la mappa si riaprirà con una difficoltà generale aumentata e ci permetterà di riesplorarla nuovamente per poter ripetere il percorso di potenziamento che si concluderà con la seconda notte ed un nuovo boss.

Superata anche questa impresa si otterrà l’accesso alla zona del boss principale della spedizione che, se non preparati adeguatamente, vi spazzerà in pochissimi secondi rendendo vano tutto l’impegno.

La somma della durata delle due notti si attesta su circa una mezz’ora di orologio e buttare questo tempo non a causa di mancanze del giocatore quanto della rapidità della chiusura di zone importanti per la build, è decisamente più frustrante che ripetere lo stesso boss svariate volte.

La componente Battle Royale non solo cozza con tutte le altre ma è sostanzialmente quella che rovina l’intera esperienza di gioco: infonde un senso di urgenza totalmente inutile ad un titolo pensato per rompere le barriere della difficoltà tipiche di From Software e costringe i giocatori a seguire rotte obbligate per non gettare tempo prezioso senza però dar loro gli strumenti per farlo.

Approfondiremo quest’ultimo punto a breve

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Compagni, Uniti! (Forse…)

A livello di diversificazione, ogni classe parte con un equipaggiamento predeterminato e due abilità, una standard che si carica rapidamente ed una ultimate a carica lenta ma estremamente potente e capace di stravolgere le sorti di alcune battaglie.

Ognuno dei sei personaggi base (più due sbloccabili facilmente ingame) è unico e ben caratterizzato e, per quando predefinito, sarà possibile riadattarlo al proprio stile di gioco stando però attenti alle statistiche peculiari di ognuno.

Non esiste infatti una limitazione alle armi equipaggiabili ma la loro efficacia cambierà in base alle inclinazioni di ogni classe: ad esempio l’Arciere potrà tranquillamente utilizzare dei pesanti martelli ma, in mano ad un Barbaro, faranno sicuramente un danno maggiore.

L’unica eccezione alla personalizzazione è data dall’utilizzo delle ricompense delle diverse spedizioni che possono essere assegnate ai Nightfarers secondo alcuni schemi, detti Riti, che seguono colori predefiniti e che possono alterarne i comportamenti.

Si passa da semplici potenziamenti alle statistiche generali fino a modifiche vere e proprie (legate anche a determinate classi) che possono anche alterare i bonus delle armi raccolte ed il comportamento delle abilità. Anche questo è legato prettamente alla fortuna delle ricompense di fine spedizione (tranne che per pochi oggetti unici)

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L’equipaggiamento difensivo non è alterabile (scudi a parte) ed il sistema di livelli è stato completamente ripensato: le rune ottenibili sconfiggendo i nemici potranno essere spese ai punti di riposo per far salire contemporaneamente tutte le caratteristiche secondo valori prefissati e fino al raggiungimento del livello 15.

Non sottovalutate mai la possibilità di accrescere il livello perché, oltre a determinare il grado di rarità delle armi utilizzabili, cambierà drasticamente la vostra efficacia.

Per quanto sia possibile giocare in solitaria, il titolo è specificatamente pensato per gruppi di 3 persone (non coppie, non si sa il motivo).

Il matchmaking funziona bene ed è abbastanza rapido ma non è prevista una sostituzione in caso di disconnessione di uno o più compagni.

Se non avete un gruppo predefinito è possibile affidarsi a giocatori randomici e sarà in questo caso che ci si scontrerà con il più grande ed inspiegabile limite del gioco: una assoluta assenza di un qualsiasi sistema di comunicazione.

Non è presente una chat, vocale o testuale, e quel poco di interazione previsto con gli altri giocatori è rappresentato dai maledetti gesti tanto cari agli sviluppatori (siedi / sdraiati / salta) ed un puntatore luminoso piazzabile sulla cartina di gioco per tentare di evidenziare una zona od un oggetto particolare.

Finché si trattava di una cooperazione contro specifici boss in Elden Ring, Bloodborne o Dark Souls, questo sistema povero poteva anche andare bene perché l’obiettivo era ben specifico a tutti ma, in Nightreign, ognuno ha idee diverse e, senza un modo ottimizzato per comunicarle, la maggior parte delle partite finirà ancor prima di raggiungere il boss finale.

Non è nemmeno possibile ottimizzare la raccolta di equipaggiamento ed oggetti perché non si può chiedere ad un compagno di cederci una determinata arma che potrebbe aiutare la nostra build (a meno di provare ad usare sistemi di comunicazione esterni come la chat vocale della console).

Una scelta totalmente insensata e sistemabile con una semplicissima ruota di comunicazioni preimpostate (o anche liberamente customizzabile come in Monster Hunter Wilds) che rende vana l’idea di multigiocatore alla base dell’intero titolo.

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Same, but slightly Different…

A livello tecnico e sonoro il titolo è esattamente Elden Ring trasposto in un modo ridotto e stand alone.

Come già accennato, buona parte degli asset sono riciclati ed importati in una mappa simile ma ripensata per le nuove meccaniche.

Graficamente è quindi piacevole ed ispirato ma con tutti i limiti grafici del motore di From Software (ma grazie alla velocità obbligata di esplorazione difficilmente avrete tempo di accorgervi).

Le nuove meccaniche permettono una longevità quasi infinita al titolo ma solo con grande impegno e tanta fortuna nel matchmaking riuscirete a terminare anche solo la prima delle spedizioni e a raggiungere le successive (e che sostanzialmente permettono di completare la parte di tutorial).

A differenza di altri titoli From Software, è presente un ottimo sistema di spiegazioni alle diverse sfaccettature del gioco sotto forma di Codex: un imponente librone che racchiude delucidazioni su personaggi, tipologie di armi ed effetti, consigli e tutto ciò che, come al solito, non viene spiegato che su specifici siti e forum esterni al gioco.

Commento finale:

Elden Ring Nightreign è un esperimento parzialmente riuscito: le idee base scelte per svecchiare e creare qualcosa di nuovo ed insolito avrebbero potuto creare un’avventura multigiocatore unica ed interessante ma sono state implementate in modo raffazzonato e non completamente omogenee fra loro.

Il senso di urgenza che pervade tutto il titolo mal si sposa con le mancanze di From Software a livello di interazione tra giocatori non preorganizzati e rendono le partite estremamente frustranti e spesso prive di scopo.

Dopo l’ottimo DLC single player, è difficile capire come sia stato possibile pubblicare un titolo che sicuramente avrà la sua nicchia di grossi appassionati ma che stride con l’idea base di apertura di Elden Ring al vasto pubblico.

Piccole variazioni ad alcune meccaniche avrebbero potuto rendere Nightreign un must have per tutti i giocatori che cercavano una nuova esperienza nel mondo di From Software e che, a meno di cambiamenti nei prossimi mesi, difficilmente riusciranno a resistere abbastanza a lungo da completare la prima spedizione

Voto: 4.5 

Sull'autore

Mirko Ballarino